Ciò che prima di tutto si compra, per chi compra, è il compiacimento di "possedere" l'opera.
Anche l'oggetto non è che un orpello d'appoggio alla mentalità feticista. Quasi un'esuvia. Ma il totem è ideale. È l'idea di "avere in casa", in qual pseudofisico modo, una sostanzializzazione di qualcosa che ci piace al punto da voler sentire di possederlo. Qualcuno parlerebbe di introiezione, forse, in un certo senso. Le camerette dei bambini divengono spesso impalcature che sorreggono la costruzione del sé. L'ego si proietta nell'organizzazione degli spazi, e negli oggetti che li riempiono. Una sorta di identificazione del sé fatta con "materiali di spoglio", fatta come un bric-a-brac di oggetti altri. Urgh. Poi si dice della fragilità. Basterebbe una farfalla, a volte, tanto è sbilenca l'impalcatura.