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Le DIVICHE


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Chiaro, ma non mi pare che si parlasse di "inventare", ovvero la "creatività" non è solo invenzione e fantasia.

 

Ripeto: io per uno ritengo il concetto di "creatività" già eccessivo se riferito all'opera intellettuale di traduzione, ma è una questione di intendimento terminologico, poiché di fatto la traduzione, come testo, prima non c'è e poi c'è, ovvero il testo in lingua tradotta è stato creato dal traduttore.

 

Intendevo dire semplicemente questo.

 

cito (per comodita') quanto riportato prima:

 

episodio delle acque della vita, quando seiya contempla il monte

battuta originale, se non ricordo male, era una cosa tipo "è così alto che sembra dominare il mondo intero", e sarebbe il modo giusto di tradurla.

versione italiana: "in questa immensità si annega il pensier mio", e qui il WTF ci sta tutto.

 

 

Io intendevo qualcosa di molto piu' diretto.

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Chi traduce fa sempre un lavoro creativo.

Chi non lo sa è solo un povero ignorante.

Chi lo sa, e fa finta di non saperlo per attaccare, oltretutto da anonimo, un professionista, è solo un lestofante.

 

Ma solo a me questa sembra una bestialità bella e buona?

Beh, sicuramente la denuncia di malafede della terza riga è comprensibile e anche sottoscrivibile.

 

Per quanto riguarda le prime due righe — al netto del fatto che lì Ivo DePalma esprime, per quanto in modo assai perentorio, un'opinione assai diffusa — si tratta di capire cosa si intenda per "lavoro creativo". Ovvero, come scrivevo, è una questione di intendimento sulla soglia della "creatività", ovvero la soglia di legittimità di quella. Ci sono persone (come me) che ritengono che la soglia di creatività legittima in una traduzione sia così bassa da non poter legittimamente parlare di "creatività", ma solo di "lavoro intellettuale". Ma anche così, diventa ancor più un gioco di significanti e significati, ovvero un giocare a capirsi.

 

BTW, qui c'è tutto Moby Dick:

 

http://etcweb.princeton.edu/batke/moby/moby-1.html

 

qualcuno più colto di me sa rintracciare quel passo, così vediamo? :-)

http://etcweb.princeton.edu/cgi-bin/mfs.cgi?id=4&link=http%3a%2f%2fetcweb%2eprinceton%2eedu%2fbatke%2fmoby%2fmoby%5f135%2ehtml&file=%2fvar%2flocal%2fasweb%2fwww%2fapps%2fglimpse%2fwg2%2farchives%2f4%2f%2ecache%2f30%5f20127191251%2eabra&line=552&highlight=%48awk#mfs

Pagina 556, in fondo alla pagina in pratica

 

Inviato dal mio Ginga Bisumafo

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"Now small fowls flew screaming over the yet yawning gulf; a sullen white surf beat against its steep sides; then all collapsed, and the great shroud of the sea rolled on as it rolled five thousand years ago."

 

Traduzione mia fatta la volo:

 

"Ora piccoli volativi volavano urlando sopra all'abisso ancora spalancato; una cupa schiuma bianca sbatteva contro i suoi lati scoscesi; poi tutto crollò e il grande velo del mare vi si rivoltò come si rivoltava cinquemila anni fa.

 

Osservazioni:

 

Delle due traduzioni fornite:

 

Pavese, 1932:
“Piccoli uccelli volarono ora, strillando, sull’abisso ancora aperto; un tetro frangente bianco si sbatté contro gli orli in pendio; poi tutto ricadde, e il gran sudario del mare tornò a stendersi come si stendeva cinquemila anni fa.”

Bianchi, 1993:
“Ma ormai minuscoli uccelli volavano stridenti su quell’abisso ancora spalancato, mentre una bianca risacca astiosa ne frustava i fianchi scoscesi. Poi tutto sprofondò e il grande sudario del mare riprese a fluttuare, come cinquemila anni fa.”

 

...ci sono cose più corrette sia nella prima che nella seconda.

 

Analisi:

 

entrambe le traduzioni a mio avviso falliscono nel cogliere la corretta resa verbale temporale dell'originale. Non ho letto il libro, ma se ho ben capito qui l'autore 'dipinge' la scena conclusiva di un inghiottimento oceanico, o qualcosa di simile. Ed è una descrizione con passato storico continuato, perché il racconto scenico si apre con un'azione continuata - gli uccelli che fanno quello che fanno, e nel contempo quello che si dice dopo accade. Quindi: imperfetto.

 

Entrambe le traduzioni obiettivamente falliscono a tradurre "small fowls", che non è "birds", e altresì perdono l'allitterazione fowl-flew, da me recuperata.

 

Sul concetto di 'screaming'. I dizionari aiutano. Sono animali (i volatili), quindi tra urlare/gridare/strillare sicuramente strillare è da scartare, perché solo umano. Male Pavese. Peggio Bianchi: 'stridenti' è ancor peggio, non è un verbo di verso animale. Tra "urlare" e "gridare", entrambi riferibili sia ad animali che umani, "urlare" è quello più correttamente "animale".

 

Per "sullen". "Sullen" si può riferire a persone (l'essere imbronciato, l'esseste astioso, "avere il muso") - da cui la scelta di Bianchi. Ma è indebita, perché "sullen" si riferisce anche alle condizioni meteorologiche, dove indica il minacciar pioggia, l'essere 'brutto tempo'. Quindi la mia scelta di 'cupo', che in italiano va un po' in conflitto col 'bianco' di cui a seguire, ma del resto è così anche in inglese (forse meno che in italiano, dato che "sullen" non ha una connotazione cromatica schietta, ma il tempo "sullen" è pur sempre grigio, plumbeo, non certo bianco9: Il "tetro" di Pavese mi pare già troppo fantasioso.

 

"Frustare i fianchi" mi pare troppo fantasioso -non parliamo di un cavallo, parliamo della schiuma delle onde (non la risacca, la SCHIUMA) che si frange sui lati di un gorgo, credo - pavese per conto sbaglia ancora il tempo verbale di una scena in corso, e ci mette dentro degli "orli" gratis.

 

Tutti convinti con "sudario", chissà perché. Non che non sia corretto, ma non so se la metafora sia così schiettamente intesa.Forse sì. Il fatto è che come "sudario" "shroud" vuole "in", non "on", quindi a me fa pensare più al velo d'acqua che tutto 'ricopre' (il sudario tipicamente avviluppa), anche per quanto segue. Pavese inventa un "tornò" che in originale non c'è (fatto). Sulla resa di 'roll', capisco che ci sia un po' di margine, è un filo metaforico. Bianchi elimina la ripetizione dell'originale e non nota che nella ripetizione prima è "to roll on" e poi "to roll" - cosa che tralascia anche Pavese, ma almeno non taglia la ripetizione. Volendo, si potrebbe anche pensare alle onde come a rotoli di tela che si srotolano, e allora cambiare un po' la resa.

Modificato da Shito
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Sì, questo l'avevo inteso. Tuttavia, dato che dopo c'è il rimando al "roll" di cinquemila anni prima, forse il rimando al velo che ricopre il morto è da esplicitarsi, in metafora, anche meno - rifacendosi allo sciacquio delle onde che vanno e che vengono, srotolandosi, coprendo come velo ciò che il mare inghiotte. Forse. :-/

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Un altro assolo di violino :°_°:

 

Ivo De Palma

 

Naturalmente, chi traduce può anche, di tanto in tanto, prendere fischi per fiaschi. Non è una macchina, anche se al momento resta ancora preferibile, come traduttore, ai ben noti, e fin troppo logici, motori informatici. Fa pur sempre un lavoro artigianale, come il piastrellista, e c'è quindi la volta che lo fa al meglio, e la volta che, fosse anche su un solo dettaglio, lascia a desiderare.

 

I casi meno gravi, e dirlo su Facebook è impopolare, sono quelli che imperversano sulle bacheche di molti nostri contatti, cioè gli strafalcioni, a volte solo presunti, a volte invece clamorosamente tali, nell'adattamento dei dialoghi italiani della vostra serie tv preferita. Dopo lo spoiler, quasi sempre vigliacco e impunito, e il calo di mordente nella trama dopo qualche brillante iniziale stagione (ma eternare capolavori in una produzione seriale è improbabile, per non dire impossibile, e lo si dovrebbe pur sapere), è proprio l'errore di adattamento italiano il difetto più vituperato.

 

In altri casi, invece, decisamente più importanti per l'impatto che hanno sul nostro immaginario e, talvolta, addirittura sul nostro modo di vivere, gli errori sono molto antichi, e pertanto non riguardano serie televisive, ma produzioni che ebbero pur sempre una loro serialità, e che hanno riempito l'immaginario di colti e meno colti, nonché di molti artisti, per interi millenni. Li troviamo pertanto in fiction cartacee, spesso desunte da leggende d'epoca e... d'epica, nonché nei cosiddetti testi sacri, tali per chi li ritiene verbo di origine divina, ancorché tramandato da bocche, e da penne (anticamente d'uccello, quindi tali in effetti), umane.

 

Resta il dubbio, infatti, che la traduzione in greco del termine ebraico "almah", cioè semplicemente "ragazza", in riferimento alla biblica Maria, fosse piuttosto restrittiva nella particolare sfumatura che possiede, perché "parthenos" vuol dire sì, ragazza, ma... ancora vergine. Un errore, voluto o meno che sia, di traduzione, che è alla base di un indiscutibile dogma cristiano da sempre.

 

Il link che vi propongo oggi tratta invece di un altro caso interessante, in cui Omero (o chi per lui, ché la sua materiale esistenza nessuno ha mai potuto acclararla) viene travisato da Virgilio, che ne riprende alcuni materiali narrativi, e in particolare un dettaglio che oggi un ricercatore italiano (costretto, come tanti nostri giovani compatrioti, a dare il meglio di sé, che poi è il meglio di noi, all'estero) rimette in discussione, con una teoria molto più precisa e documentata rispetto alle semplici ipotesi che si fanno in materia fin da remotissimi tempi.

 

In breve, per chi non avesse il tempo di aprire e leggere il link, a quanto ipotizza il sagace architetto, esperto in costruzioni navali, Hippos era semplicemente un tipo, diremmo oggi un modello, di nave fenicia. A provarlo, la dovizia e la perizia con cui viene tecnicamente descritto, con cenni che si confanno molto più a una nave di produzione (anche qui...) seriale, che a un improbabile ligneo cavallo di costruzione unica, ché il solo concepirlo e realizzarlo avrebbe richiesto molto tempo, per un esito dall'efficacia non certo garantita. Come per gli sceneggiatori delle vostre serie preferite, anche allora era meglio riciclare una vecchia idea di sicura efficacia, che investire su un'idea nuova ma di successo incerto. Purtroppo, chi tradusse Omero per Virgilio non era altrettanto esperto in materia. Ma perché la nave si chiamava Hippos? Perché pare che sfoggiasse sempre, come polena, la testa di un cavallo...

 

Solo che l'imbarcazione, anziché le consuete merci pregiate che abitualmente le Hippos trasportavano, e che quindi facevano gola anche ai troiani, che per questo furono indotti ad avvicinarsi, conteneva nerborute truppe greche, che contando sull'effetto sorpresa risolsero l'agguato, e l'intera battaglia, come ben ci è stato raccontato. Al massimo dunque, fu una nave militare travestita da nave commerciale.

 

Insomma, un po' come se un amico ci dicesse che passerà a prenderci con un, o una, Cherokee, e noi, anziché correttamente intendere che verrà all'appuntamento a bordo di una Jeep Cherokee, pensassimo che verrà in compagnia di un, o di una, esponente di quel valoroso popolo pellerossa. Non fa così fico come il mito del Cavallo di Troia, e probabilmente non ne bisserà il millenario successo, ma siamo lì.

 

http://www.lastampa.it/2017/11/01/cultura/cade-il-mito-del-cavallo-di-troia-in-realt-era-una-nave-Kp8VGrSBy5yTIgara5cmHM/pagina.html

Piccola osservazione: il piastrellista quando fa un errore grossolano rimedia a tutto di tasca sua, gli errori in Hades (senza neanche considerare gli scempi) invece ce li terremo in secula seculorum.

 

Per il resto, sbaglio o il cavallo di legno fu oggetto di contenzioso per la traduzione di Gundam? :°_°:

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Il link che vi propongo oggi tratta invece di un altro caso interessante, in cui Omero (o chi per lui, ché la sua materiale esistenza nessuno ha mai potuto acclararla) viene travisato da Virgilio

 

 

Peccato che lui non sia ne' Omero, ne' Virgilio.

Per il resto, il suo riferirsi in altri termini al suo lavoro in paragone con un piastrellista, suggerisce forse anche a livello inconscio che e' venuta l'ora di cambiare mestiere.

 

Finalmente, direi.

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Il link che vi propongo oggi tratta invece di un altro caso interessante, in cui Omero (o chi per lui, ché la sua materiale esistenza nessuno ha mai potuto acclararla) viene travisato da Virgilio

 

 

Peccato che lui non sia ne' Omero, ne' Virgilio.

 

 

Filisteo.

Loro mica hanno creato una religione.

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"Resta il dubbio, infatti, che la traduzione in greco del termine ebraico "almah", cioè semplicemente "ragazza", in riferimento alla biblica Maria, fosse piuttosto restrittiva nella particolare sfumatura che possiede, perché "parthenos" vuol dire sì, ragazza, ma... ancora vergine. Un errore, voluto o meno che sia, di traduzione, che è alla base di un indiscutibile dogma cristiano da sempre."

 

Eh, l'esegesi dei testi sacri è sempre dura. :-/

 

C'è da dire che anche da noi, nella nostra lingua, avevamo termini che significavano "femmina umana giovane in quanto non ancora maritata ovvero vergine", vale a dire cose come "pulzella", o "fanciulla". Addirittura esiste il termine "spulzellaggio" per dire "togliere la verginità a una ragazza". Per contro, quei termini possono anche ridursi a indicare solo la giovinezza del soggetto a cui ci si rriferisce. Del resto, in ambito maschile, "imberbe" vuol dire senza barba, ma perché "non ti è ancora spuntata" (indi si è giovani), mica perché ce la si rasi (sbarbato <- che poi indica comunque una seppur minore giovinezza. implicando "hai appena iniziato a raderti") o per malattia. ^^

 

Ah, non c'è niente da fare. Le varie lingue sono la matrice e al tempo stesso la quintessenza delle varie culture. Nell'evoluzione linguistica di ogni lingua, nell'etimologia delle parole di ogni lingua, c'è praticamente tutta la variazione diatopica e diastratica dell'umanità. Del resto, qualcuno disse che "in principio fu il verbo"... ^^;

 

Sul discorso di traduzione e adattamento (e doppiaggio) come attività artigianali, concordo molto. E' una riflessione con cui apro quasi sempre seminari e corsi di tradattamento. Certo, non che sia un rifugium peccatorum, ma è un dato necessario per intendersi alle basi, credo.

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Non credo ci siano mai stati dubbi in merito al fatto che la traduzione sia un'attività che in certi casi specifici può richiede una certa dose di "libertà". E' stato detto chiaro e tondo anche in questo topic qualche giorno fa.

Ma il problema è sempre quello, ovverosia l'uso strumentale che si fa di questa necessaria libertà che in alcuni casi porta a perdere qualcosa del testo originale e che è croce e delizia di ogni traduttore e\o adattatore. Dover fare qualche necessario adattamento NON significa che abbia un senso, al giorno d'oggi, inventarsi della roba e giustificarla con "eh, ma la traduzione è un lavoro artigianale, oggi come ai tempi di Virgilio, blabla".

In primis, non siamo più ai tempi di Virgilio e compagnia. Oggi abbiamo mezzi più potenti che ci permettono di informarci meglio. Al giorno d'oggi, probabilmente, il traduttore di Virgilio, se fosse stato scrupoloso, avrebbe contattato direttamente l'autore originale e\o chi per lui al fine di chiedere lumi.

SE fosse stato interessato a fare un lavoro di localizzazione e non a risceneggiare l'opera secondo i suoi gusti. E' questo secondo caso che il soggetto in questione sta cercando di giustificare con la storia del lavoro artigianale e dei gusti necessari dell'adattatore\traduttore, eh. Insomma, l'asino casca nel momento in cui a fare certe affermazioni è Ivo DePalma, che alla fedeltà, anche quando richiesta, ha sempre dimostrato di anteporre il proprio gusto personale arrivando a vette di pure invenzione e snaturamento del testo originale.

Non giochiamo a fare gli gnorri, eh. Perchè niente giustifica invenzioni e demolizioni del testo originale, giacchè, di nuovo, tradurre e adattare non vuol dire inventare di sana pianta.

E non c'è Virgilio che tenga.

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Cercare giustificazioni a errori palesi, cercando di allargare il discorso a tutt'altro contesto, e' appunto soltanto cercare scuse.

 

Perche' se dobbiamo prendere per buono come argomento, quello di colui il quale, per giustificare di aver messo dante cosi' perche' suonava meglio, invoca praticamente la Madonna, ecco, come dire, mi viene un po' da ridere.

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Ah, chiedo scusa. La mia riflessione sull'esegesi bibllca era fine a sé stessa e, semmai, volta a sottolineare che in ambito di traduzione anche solo "specificare" un termine, magari esplicitandone un contenuto metonimico, può essere dannoso.

 

Quanto al discorso dell'artigianato, volevo dire: anche con le migliori intenzioni, capiterà sempre di sbagliare, si peccare, ma non è un rifugio preventivo, no.

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Nel mio caso è: sbaglio qualcosa e me la prendo con me stesso. Dichiaro l'errore, mi scuso, e imploro di poterlo correggere, chiaramente senza esserne retribuito. Se non è possibile, imploro di poterlo fare a mie spese. Se non è possibile, cerco do farlo di nascosto e sottobanco. Se non è possibile, ci perdo il sonno grattandomi la ferita in attesa di un'occasione...

Modificato da Shito
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Non c'è sensazione più bella di quella di poter correggere un proprio errore. Credo che sia un sollievo quasi celestiale, perché lava via quel dolore per me inestirpabile di un errore non corretto. Dico anche nella vita. Voglio dire, tutti sbagliano. Ci sono sbagli riparabili, altri irreparabili, e in genere non dipende da noi. Quelli riparabili sono una benedizione, e quindi bisogna provarsi in tutti i modi, con tutte le proprie forze e senza alcun limite di tempo per ripararli. Tuttavia, anche nei rapporti con gli altri, con le persone a cui vogliamo bene, magari dei ferimenti non possono essere realmente cancellati. Anche il perdono non c'entra niente. Siccome non credo in dio, non ho alcun alibi, nessuna prospettiva di salvazione benefica in ricompensa di un pentimento vero e genuino, niente di niente. Nessuno può assolvermi, niente e nessuno, io meno che meno potrei mai assolvermi da solo, sono sempre solo con la mia cognizione di colpa e nient'altro (questo rimanda a quel capito di Lolita che cito spesso). In genere questo è il mio stato mentale, spirituale, per gli gli errori irreparabili, che sono dannazione (sofferenza) eterna. Non credo nell'immortalità dell'anima, ma se ci fosse, credo che sarebbe giusto per non dover poter pensare alla morte come a un reset, a un'assoluzione nell'oblio, no. E anche questa mia mentalità di penitente, che può apparire da autoflagellazione, non coporta alcun sollievo in me. Ancora: nella mia prospettiva esistenziale quotidiana non c'è alcun giudice supremo, non c'è nessuno a poter "sollevare dai peccati". Se qualcuno morì in croce per questo, davvero lo stimo, ma il suo sacrificio non ha effetto su di me. :-(

 

Sul lavoro: personalmente lavoro sempre pensando che quello che sto facendo vale più di me, intanto perché mi sopravviverà. Vivo con questo nichilismo reale. Sono sempre stato più interessano alle cose che alle persone, me incluso. L'opera vale di più di chi la crea, perché l'opera sopravvive a chi l'ha creata, che diviene cibo per vermi e poi nulla più se non romanzo della storia - forze (e anche quello non è che un inganno di immortalità, chiaramente - tutte balle). Quindi, mi vedo in genere io stesso come uno strumento di quello che faccio, e non riesco a pensare a quello che faccio funzionalmente su di me. E' un difetto grosso, eh! Nel senso che questa mentalità non aiuta a vivere, nessuno, né me né chi mi sta vicino, tutto il contrario. In più, è un modo di essere che traspare, mal dispone le persone in molti modi, e conduce al peggio, lo so. Ma è veramente una componente troppo profonda, una fibra troppo intima in me per liberarmene. Ci ho anche provato, e ho fallito miseramente. E' il materiale di cui sono fatto e non cambia, per ora. Essenzialmente, è il mio modo di essere infantile e viziato.

 

Però, davvero, quando anche un futile errore di lavoro si può correggere, wow, non importa cosa si debba sacrificare, anche tutto il futuro professionale, ma si deve provare tutto il possibile per correggerlo. Ho una lunga lista di casi reali e di persone che mi hanno detestato un pochino di più, e come dargli torto? Io non lo farei e non lo farò.

 

E poi ci sono gli errori che no, non ci si è riusciti.

 

In Nausicaä, ad esempio, è rimasta UNA battuta da correggere per mio errore. E sì che anche lì si era già fatta una mini-tornata di "correzioni extra" tra il cinema e l'home-video, per le quali non posso che ringraziare tutto lo staff e soprattutto Lucky Red ogni volta che ci penso. Ma quella cosa è scappata ancora. Di nuovo, perché è la STESSA FOTTUTA cosa che mi era scappata anche su Kaguya, corretta sul filo di lana anche lì (grazie, Lucrezia! Grazie, Lucky Red!) - essenzialmente la conugazione verbale tra terza persona singolare e e seconda persona plurale del condizionale (interrogativa). Cavolo, mi sbaglio sempre. Tipicamente, nel discorso diretto tra due persone che si danno del voi, non so perché mi scappa sempre, che so, un "potrebbe" invece di "potreste", un "saprebbe" invece di "sapreste". Mi detesterò all'infinito per non aver beccato in tempo quell'errore prima di correggere anche gli altri. Ci penso, in media, una volta ogni due giorni. E questo è senz'altro uno di quelli. Non esiste alibi, non esiste forma di espiazione, non esiste sollievo.

Modificato da Shito
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  • 2 weeks later...

Ivo contro Fazio :lolla:

 

http://www.lastampa.it/2017/11/20/multimedia/spettacoli/cassel-il-doppiaggio-in-italia-pi-che-unabitudine-un-problema-P5d9vsaTXYjlg8oBS6ABlM/pagina.html

 

Ivo de Palma

 

Non mi soffermo tanto sull'opinione di Cassel, già ampiamente nota. Cioè che sarebbe meglio che il doppiaggio in Italia non vi fosse, che, certo, un film si può anche doppiare (bontà sua) ma gli manca sempre qualcosa (tranne quando a qualcuno aggiunge qualcosa, per esempio alla bella, ma non così artisticamente brillante, moglie...).

 

No, vorrei piuttosto soffermarmi su quella di Fazio, che nella foga di dar ragione all'ospite illustre, e di dare addosso con lui a un'eccellenza italiana che riempie di denaro le casse dei cinema italiani, le tasche dei distributori italiani e i conti correnti delle emittenti televisive italiane (che poi pagano profumatamente lui e quelli come lui), argomenta che non sempre un film è arte, ma che quando è arte bisognerebbe apprezzarlo senza doppiaggio.

 

No, lasciamo stare gli spiegoni che si fanno in genere in casi analoghi, sull'annosa diatriba "doppiaggio contro sottotitoli". L'importante, in fondo, è che vi sia libertà di scelta, e visto che ai nostri giorni è più che garantita dai diversi supporti, non c'è momento più sbagliato per fare guerra al doppiaggio.

 

Restiamo sull'arte scomodata da Fazio. Direi anzi sull'Arte, con la A maiuscola. Si dà il caso che in Italia chi è riuscito a fare Arte per davvero mediante il cinema ha sempre fatto largo uso del doppiaggio. Non era solo furberia del cinema di cassetta, tipo Bud Spencer e Terence Hill. Nomi come Bertolucci, Pasolini, Fellini, per citarne solo tre di indiscutibile, ancorché molto differente, valore, videro sempre nel doppiaggio l'indispensabile fase compositiva successiva alle riprese, già gravate da mille problemi. Sul set si componevano le immagini, che sarebbero poi state montate in moviola, in sala si pensava alle voci, in modo che la resa del personaggio venisse vocalmente rifinita e completata, ché il suono non è meno importante del video. Le stesse voci, o altre voci, ché spesso i cast erano internazionali ma il film doveva uscire in italiano. Fino all'aneddoto, che riporta anche la Treccani, secondo cui Fellini talvolta sul set faceva recitare i numeri, ché in quel momento gli interessavano di più i volti, e alle voci avrebbe pensato dopo.

 

Quindi no, Fazio. In Italia, arte e doppiaggio sono sempre andati d'accordo. E a braccetto.

https://www.facebook.com/ivodepalma/posts/10214489673180769

 

Qualcuno glielo spiega che il doppiaggio fatto in post-produzione sotto la supervisione del regista è un tantino diverso da quello delle localizzazioni estere?

 

Nei commenti il solito delirio "il doppiaggio italiano migliora le interpretazioni degli attori", "fagli un fulmine di pegasus", "la lingua originale possono apprezzarla solo gli studiosi esperti" fino alla fulminata che promette di boicottare tutti i film doppiati da Fazio come i Minions :rotfl:

 

Riporto anche questo scambio:

 

Mariangela Rizzo: Io ho visto l' intervista in diretta. Lui dice di VEDERE UN FILM IN LINGUA ORIGINALE. Non si riferisce ad altro se non alle sale. Forse non mi sono spiegata. In realtà, la sua opinione è condivisa da parecchi stranieri che vengono in Italia e vogliono andare al cinema e non conoscono la lingua. Il "problema" di partenza è quello. Poi Fazio ha fatto una battuta sull' "abitudine di doppiare" e lui ha parlato di EDUCAZIONE ed ha sbagliato nel dire che si perde qualcosa..ma ha sbagliato per come intendiamo noi..non per come gli stranieri intendono l' andare al cinema. Io sono stata all' estero e lì un film non ha doppiaggio ma solo sottotitoli nella lingua del posto..o sai l' inglese( per esempio) o conosci la lingua dei sottotitoli che fai fatica a leggere anche se sei del posto. Loro si EDUCANO A QUESTO. Che per noi abituati al doppiaggio, è un delirio. Per loro è l' abitudine e diventa difficile abituarsi al contrario. E quindi la leggono come una perdita. È ovvio che per noi italiani diventa il discorso inverso. Non parla in esplicito di sale di distribuzione, ma vi si riferisce implicitamente. Poi,se vedessi come doppiano le serie televisive all' estero, ti metteresti le mani nei capelli. Fazio che insiste sul PERDERE QUALCOSA inteso "all'italiana" me lo spiego meno..data la grande tradizione che contraddistingue il nostro paese e la bravura nell' adattare i testi.

 

Ivo De Palma: Mariangela, per quanto mi riguarda, il mio post ce l'ha comunque più con Fazio che con Cassel.

 

Sullo specifico del sottotitolo, non solo ritengo, essendo ovviamente di parte, che sia un compromesso meno valido del doppiaggio, la qual cosa resta certo discutibile e legata alle abitudini di ognuno, ma ritengo che sia anche gravemente lesivo della fruizione del film in quanto tale. Il cinema è una forma d'arte ben precisa, che ha tra i propri elementi costitutivi la compresenza del video e dell'audio, da fruire in contemporanea. In parole povere, puoi leggere un libro, puoi leggere un fumetto, ma NON PUOI LEGGERE UN FILM. E' una fruizione gravemente distorta, cui certo puoi col tempo abituarti, purché sia chiaro che ti stai abituando a fruire di un film in modo improprio e scorretto. E questo è molto meno discutibile, tanto che è, per esempio, l'opinione di un grande del cinema mondiale, che è Abbas Kiarostami.

 

Mariangela Rizzo: Concordo con la difficoltà della lettura del sottotitolo. L' ho scritto infatti.

 

Ivo De Palma: Mariangela Rizzo Ma hai anche scritto, in caratteri cubitali, che LORO SI EDUCANO A QUESTO. Ebbene, si educano a una fruizione del cinema del tutto opposta a quella naturale.

 

Mariangela Rizzo: L'ho scritto a caratteri cubitali perché Cassel ha parlato di EDUCAZIONE alla lingua originale.E perché per loro diventa la normalità.Non perché io lo condivida, semplicemente perché so che quella per loro è la realtà.

 

Ivo De Palma: A ognuno la propria normalità.

La nostra è certo più rispettosa della normale, per l'appunto, fruizione del prodotto audiovisivo.

 

Chi invece vuol sentire l'originale può farlo? Certamente sì.

 

Problema risolto.

O, meglio, non sussistente.

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Ivo De Palma: A ognuno la propria normalità.

La nostra è certo più rispettosa della normale, per l'appunto, fruizione del prodotto audiovisivo.

 

Quindi ognuno ha la sua normalità ma alcune normalità sono più normali di altre, nuova perla del "Divo pensiero"

Modificato da Alex Halman
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 Io sono stata all' estero e lì un film non ha doppiaggio ma solo sottotitoli nella lingua del posto..o sai l' inglese( per esempio) o conosci la lingua dei sottotitoli che fai fatica a leggere anche se sei del posto. Loro si EDUCANO A QUESTO. Che per noi abituati al doppiaggio, è un delirio. Per loro è l' abitudine e diventa difficile abituarsi al contrario.

 

 

Minc*a, sono uno straniero, ora mi spiego molte cose.

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