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Lucky Red - Studio Ghibli (e altro: Dragon Ball, Harlock, etc...)


Taro

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7 hours ago, Godai said:

Ieri sono andato al cinema, è un film strepitoso che migliora ogni volta che lo vedi, forse crescendo e invecchiando se ne percepisce il significato più profondo.

E io non sono assolutamente un sostenitore del ritorno alla campagna, i vecchi valori, la natura e compagnia cantante. 

Guarda che neppure Takahata lo era, e questo film non ha in alcun modo quel significato apologetico agreste.

 Credo che il punto più alto di tutta la pellicola sia quando Toshio, di ritorno da Zahou, spiega a Taeko che anche la "campagna" è un ambiente tutto antropizzato, infatti. La natura incontaminata è tutt'altra cosa. 

Sì, è un film strepitoso. Anno Hideaki sostiene che il livello di Takahata sia "il più alto in assoluto", parole sue. Chi ha orecchie per cogliere dettagli sa che PoroPoro è l'innesco di Eva, ma il livello di dettaglio FUNZIONALE (espressivo) in questo film è incredibile. Il cambio di espressione di Yaeko sulla trappola della pensione Oono, tipo. E tutto il resto. Tutto tutto. 

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3 ore fa, Shito ha scritto:

Sì, è un film strepitoso. Anno Hideaki sostiene che il livello di Takahata sia "il più alto in assoluto", parole sue. Chi ha orecchie per cogliere dettagli sa che PoroPoro è l'innesco di Eva

Prendendola alla larga:

Taeko ⮕ Misato

Toshio ⮕ Kaji

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No, no, non in questo senso. Ci mancherebbe. Da quel PDV, le ispirazioni sono molteplici, da anime a manga a firm a telefilm. Potrei farne una lista, di certo non esaustiva, ma non è questo il thread.

PoroPoro è l'innesco di Eva nel suo realismo, dalle canzoni reali ambientali alla citazione della ginnastica mattutina alla radio (che è puntuale), ma soprattutto nel tema portante del "non si deve fuggire" (dalla vita).

 

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Oh, sì. In realtà la parte "Takahata" del film (tutta quella con gli adulti, il manga originale sono solo episodi infantili sessantini) è molto una reminiscenza freudiana, oggi si direbbe forse "cognitivo-comportamentale" a là scuola di Palo Alto.

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Io Heisei Tanukigassen Ponpoko conto di vederlo a Trieste. :-)

Gli azuki sul matcha ice di questa rassegna è l'ordine cronologico delle pellicole!

 

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Non so perché ma di tutto il film la mia scena preferita in assoluto è quando finiscono di tagliare l'ananas e il padre, dopo aver osservato il tutto nella stessa tensione del resto della famiglia, commenta con "giustamente."

Mi uccide ogni volta

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La parte dell'Ananas è stupenda, credo non sia mai stata riprodotta meglio la sensazione di delusione. E Taeko che si sforza di non dare a vedere che non gli piace perché è una novità e per lei è come rovinarsi una storia.

Che poi hanno ragione, vedi sto frutto così grande, particolare con quel colore così acceso e poi quando lo mangi, bah.... Davvero insensato. 

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La cosa che adoro in quella scena è che a continuare a mangiare l'ananas acerbo, aspro e duro sono Tabimba e la NONNA, che non fa una piega: "vivendo a lungo si fanno varie esperienze". Al contrario, la piccola - che rivendicava l'acquisto del costoso frutto di importazione - semplicemente non può elaborare la delusione e quindi la "nega" (psicologicamente). Tipica reazione da bambina viziata. Cosa che infatti Tabimba è.

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Commento poco sensato n°1:

non ho capito perché Takahata sia passato da Heidi e Anna dai capelli rossi a un film in cui il narratore parla velocemente e quasi senza pause per più di metà del tempo; tanto che da quando tali interventi diminuivano (quando Shokichi conosceva Okiyo) il film sembrava guadagnare di efficacia. (Contribuiva a rendere la narrazione esasperante anche l'adattamento.)

N°2:

ma i tanuki dovrebbero essere furbi, sempliciotti o tutte e due? >_<

P.S.: Se qualcuno è andato a vederlo, ha avuto l'impressione che l'immagine fosse tagliata sopra e sotto (e perciò diversi sottotitoli utili mancassero o sembrassero tagliati)? (Segnalato alla cassa dopo che 2 degli altri 7 presenti in sala hanno avuto lo stesso dubbio, mi è stato gentilmente risposto che avrebbero controllato.)

Edited by Anonimo (*lui*)
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Pom Poko mi mette una grande tristezza, purtroppo riesco solo a vederla come una storia di una grande sconfitta. 

In qualche modo alla lontana mi ricorda una delle scene che amo più in assoluto dei film italiani
 

 

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23 hours ago, Anonimo (*lui*) said:

Commento poco sensato n°1:

non ho capito perché Takahata sia passato da Heidi e Anna dai capelli rossi a un film in cui il narratore parla velocemente e quasi senza pause per più di metà del tempo; tanto che da quando tali interventi diminuivano (quando Shokichi conosceva Okiyo) il film sembrava guadagnare di efficacia. (Contribuiva a rendere la narrazione esasperante anche l'adattamento.)

N°2:

ma i tanuki dovrebbero essere furbi, sempliciotti o tutte e due? >_<

P.S.: Se qualcuno è andato a vederlo, ha avuto l'impressione che l'immagine fosse tagliata sopra e sotto (e perciò diversi sottotitoli utili mancassero o sembrassero tagliati)? (Segnalato alla cassa dopo che 2 degli altri 7 presenti in sala hanno avuto lo stesso dubbio, mi è stato gentilmente risposto che avrebbero controllato.)

Risposte varie.

Nel caso particolare di Ponpoko, Takahata volle che tutto il film fosse interpretato da una compagnia teatrale di rakugo. In particolare, il narratore è un celebre narratore rakugo. La prima e più rappresentativa caratteristica di questo specifico tipo di teatro giapponese, che ebbi il piacevole dovere di studiare per l'occasione professionale specifica, è proprio quella della narrazione a monologo rapida, ritmata e caratterizzata. Si potrebbe dire un kamishibai (come quello della lezione di Tsurukame) senza neppure i fogli disegnati. Da cui, lo stile recitativo.

Come e perché Takahata sia giunto a ciò partendo da cose come Hols, Heidi, Anne è oggetto di opinione speculativa.

La mia personale opinione, basata su studi e fonti, ma sempre personale, è che Takahata avesse sempre una visione della finzione narrativa come un'allegoria documentaristica. E che questa cosa sia andata stilisticamente enfatizzandosi sempre più.

Credo che Heisei Tanukigassen Ponpoko sia uno straziante documentario sull'umanità, e su una particolare piega presa dalla storia etnografica umana in un particolare luogo e tempo. Non ci sono morali, non ci sono lezioni. C'è una messa in scena appunto allegorico-documentaristica della realtà, che ognuno può contemplare e valutare.

Trovo come sempre umiliante la riduzione di Takahata a un presunto messaggio ecologista. Non che l'abbia letta qui, dico in generale. Piuttosto, gli unici veri messaggi che Takahata mi pare sempre vergare nei suoi prodotti sono:

1) non bisogna mai fuggire dalla vita, si viene al mondo per vivere e bisogna vivere sempre ogni gioia e dolore che la vita contingente propone a ciascuno. Non bisogna mai rifiutare la vita, ma accoglierla per quello che è con moderazione, accettazione e accomodamento sociale;

2) rinunciare alla vita reale nella speranza atarassica di una ideale vita-dopo-la-vita è patetico.

A voi!

Edited by Shito
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Grazie per le informazioni, Shito. Personalmente tendo ad associare il concetto di documentario a una narrazione che dovrebbe appunto mirare a "lasciar parlare i fatti/luoghi da soli", dando giusto un'angolazione da cui guardare. E quindi finisco per ricollegarmi all'impressione che dicevo prima: in questo caso la narrazione sembrava avere una preminenza eccessiva sulle immagini, come se quella fosse stato il contenuto principale. E così non è, visto che questo è un film, cioè arte in primo luogo visiva.

In effetti, pensando alla scena che citi, direi che il contenuto principale era la lezione e che i disegni dei rami da un lato e/o dall'altro facevano solo da supporto per l'attenzione, concettualmente (e utilmente) come le nostre slide alle lezioni/conferenze :happy: mentre un film è appunto un "oggetto" diverso da una lezione. Forse sto tagliando con l'accetta e di sicuro il kamishibai sarà un fenomeno complesso, immagino includendo racconti orali di vario tipo in cui le immagini stimolano la fantasia, magari con legami con il fumetto (non era Takahata stesso che sosteneva una cosa del genere?) in cui il rapporto tra immagini e testo si evolve ecc. Ma se devo limitarmi al film come lo vedo, continua a sembrarmi in difetto.

--------

Legandomi anche a quello che dice Godai, direi che convivono la sconfitta e la positività dell'"accomodamento sociale"; immagino anch'io che Takahata tenda alla seconda, ma il fatto che manchino giudizi espliciti alla fine dà quasi (e incredibilmente) uguale rispetto e dignità alle due. (Ciò se si riesce a non dimenticarsi di tutto il film a vantaggio degli ultimi minuti, il che non è banale: non c'era qualche regista/produttore che aveva detto: "L'importante è fare bene il primo quarto d'ora e il finale visto che la gente si ricorderà di quelli, mentre in mezzo si può mettere più o meno quello che si vuole"? >_<E se così accade, si è nella situazione in cui bisogna spiacersi costantemente di non spiacersi costantemente (!), ovvero fare in modo di spiacersi costantemente (!!), di tutti coloro che sono rimasti indietro. (Mi accorgo di generalizzare mentre scrivo.))

Forse si potrebbe trovare inverosimile che i tanuki riescano allo stesso tempo a sottomettersi ai consigli della volpe e a truffarla, e a integrarsi nella società e a mantenere la propria specificità, ovvero che l'accomodamento sembri trovare un buon equilibrio. O forse è solo effettiva antropologia intuitiva, non necessariamente legata a un contesto specifico.

 

(Giusto per finire il muro di testo illeggibile: non ho ancora una risposta al commento n°2.:sbal:)

 

 

Edited by Anonimo (*lui*)
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Il primo film che Takahata girò per lo Studio Ghibli non ancora fondato fu il documentario "Yanagawa Horikawa Monogatari", La storia dei canali di Yanagawa. Dura più di tre ore. Costantemente parlato. Fonti ufficiali ci dicono che dapprima fisse solo un location hunting per un animato. Che Takahata spese tutti i proventi di Nausicaä, e che Miyazaki - che aveva convintamente annunciato il suo ritiro dalla regia - fu spinto a realizzare Lapura, e lo studio per produrlo, per non dover ipotecare la casetta che aveva comprato accendendo un mutuo.

Takahata è sempre stato così.

La totale libertà che nasce dal vero nichilismo.

Anche la sconfitta è cosa a cui adattarsi.

Il signor Yamada dirà a due sposi novelli che l'ingrediente primo della felicità umana è la rinuncia/rassegnazione.

I tanuki sconfitti, in quanto tanuki, si danno a una grande illusione - di cui cadono lori stessi vittime - per poi continuare a vivere, proliferare e morire - talvolta "anche anzitempo" (sic.) 

Edited by Shito
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33 minuti fa, Shito ha scritto:

 La storia dei canali di Yanagawa. Dura più di tre ore. Costantemente parlato. 

Decisamente non me lo immaginavo così. "Dettagli" come questo solitamente sfuggono nelle recensioni >_<

--

Forse ho esagerato con la "pari dignità" delle scelte, ma sicuramente nella sconfitta vedevo molto più la malinconia della condanna.

 in quanto tanuki, si danno a una grande illusione

E allora continuo a chiedermi se i motti del tipo "furbo come un tanuki" fossero tutti ironici (mi ricorderò male i contesti? boh), mentre la parola "sempliciotto" che mi è rimasta in mente e parsa azzeccatissima per tutto il film compariva rigorosamente una sola volta.

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Ah, per terminare la recensione tecnica e lo studio del contesto: ovviamente :thumbdown: non c'era uno straccio di titoli di coda in italiano, e sicuramente quasi nemmeno di titoli di testa (... sì, lo ammetto, sono arrivato in ritardo al cinema e ho perso i primi minuti :muro: Qualora da ciò si evinca qualche mio problema di comprensione: sono arrivato un paio di minuti prima della battaglia tra tanuki per conquistare il bosco, in cui emerge il loro aspetto bipede). La luminosità dell'immagine ogni tanto "tremolava" sottilmente ma in maniera visibile (probabilmente per effetto del restauro che punta alla "autenticità della pellicola").

Lo scarso pubblico comprendeva notoriamente padre e madre con bambina  (chissà che impressioni ne avrà avuto). Assenza di gente acciambellata sulla poltrona - c'era giusto un Anonimo fastidiosamente a disagio che probabilmente produceva rumori sgraditi - e di commenti udibili sulla trama.

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L'incipit del film che hai perso serve a stabilire in modo chiaro il tono documentaristico della pellicola. Il film si apre con scene totalmente realistiche di tanuki in campagna, commentate da tipiche interviste interviste umane giapponesi ottantine, che in realtà danno voce a dei tanuki. Tipo si vedono dei tanuki infestare una vecchia casa di campagna abbandonata, e una voce da casalinga dice "aaah, poter vivere in una villetta unifamiliare con giardino, per noi era proprio un sogno!"

Poi attacca il narratore che introduce il conflitto tra Bosco Takaga e Bosco Suzuga.

Le espressioni "furbo come un tanuki", "vecchio tanuki" o "sonno da tanuki" (fingere di dormire) sono espressioni di giapponese corrente. Si legano a folklore e leggende in cui dei tanuki gabbano, o si fanno beffe, di umani. Lo stesso Shoukichi, però, si domanda nel film il senso di tali espressioni. Perché i tanuki sono dei bonaccioni sempliciotti, come spesso detto e mostrato nel film. L'idea che ne traggo è quella di una naturale furberia contadinotta, per intenderci.

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Ah, capito. Chissà se è un conflitto di tradizioni o una rielaborazione di T. Guarderò.

Grazie mille anche per il riassunto dell'inizio! (Credo di aver sentito quella della villetta unifamiliare mentre cercavo di trovare il posto al buio, e non me l'ero spiegata...)

(Precisazione al commento sopra: ovviamente al termine c'erano i cartelli aggiunti su edizione italiana e lavorazioni tecniche per la distribuzione al cinema - es. "DCP versioning"; mi riferivo al fatto che gli accrediti originali erano solo in giapponese.)

Va be', aspetto cronistorie e opinioni altrui. :thumbsup:

Edited by Anonimo (*lui*)
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Da: MangaEiga no Kokorozashi ("L'ambizione dei film animati"), di Takahata Isao

Ciò che ho inteso fare con i miei film, inclusi La Tomba delle Lucciole e Ricordi a Goccioloni, non era – come avevo inteso sino ad allora – rendere gli spettatori del tutto assorti nella narrazione, quanto piuttosto di fargliela osservare da una certa distanza. Ho cercato di non fargli dimenticare interamente di loro stessi, lasciandogli uno spazio per il pensiero razionale. Non volevo che stessero a mangiarsi freneticamente le unghie, ma piuttosto tenerli in attesa sull'orlo delle loro poltroncine presentandogli una situazione oggettiva. Talvolta ho persino voluto che maturassero una visione critica verso il protagonista. È stato subito dopo aver incontrato Paul Grimault, proprio quando stavo cominciando i lavori su Battaglie tanuki dell'Heisei Ponpoko, che ho iniziato a lavorare con queste nozioni nitide bella mia mente. Il film sarebbe poi uscito nel 1994, l'anno della morte di Grimault.

Edited by Shito
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