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Lucky Red - Studio Ghibli (e altro: Dragon Ball, Harlock, etc...)


Taro

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4 ore fa, Shito ha scritto:

Il paragone non è azzardato. Mi spiego.

Partendo dall'evidente realtà di fatto per cui tutte e dico tutte le opere di Takahata non fanno che elogiare la vita e l'accettazione, l'accoglimento di quella anche nelle durezze e asperità che può presentare nella sua naturalità e socialità, senza mai rifiutarla o rifuggirla, ci sono solo due sue opere che si chiudono con la tragica e sofferta morte del protagonista che soccombe: Hotaru no Haka e Kaguya-Hime no Monogatari.

Casualmente, sono proprio il primo e l'ultimo film che il regista realizzò per lo STUDIO GHIBLI. 

Quanto al tuo personale giudizio di valore di trovare, ossia ritenere, il secondo ancora più tragico del primo, personalmente concordo.

Indi direi che il tuo paragone è obiettivamente sensato, il tuo giudizio è da me soggettivamente condiviso, e su questo proverò quindi a elaborare in seguito.

Di mio non ho mai avuto modo di ragionare approfonditamente su Takahata (tanto per dire, i vicini yamada l’ho visto per la prima volta questo mese al cinema), però quel che dici mi torna senza dubbio e forse quel che mi fa trovare così tragico la storia della principessa splendente è proprio che la vita era il suo più grande desiderio, ma delegando la vita ha finito per non vivere. Eppure ha vissuto, ma lo capisce troppo tardi vivendo una tragedia doppia.

 

Sono elaborazioni un po’ estemporanee ci sto ragionando adesso, chiedo scusa se è il concetto è un po’ fumoso ma credo di non averlo afferrato del tutto neanche io che volevo esprimerlo

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Dunque provo a elaborare un po'.

Su Hotaru no Haka si è detto molto, e a lungo. Dico in patria, innanzitutto. Come sappiamo, il soggetto originale era l'omonimo romanzo breve semiautobiografico di Nosaka Akiyuki, che pure intrattenne un'intervista-dialogo con Takahata. Ovviamente, il soggetto era "semi" autobiografico perché nella realtà morì solo la sorellina, mentre il fratellone sopravvisse e scrisse il romanzo breve anche come forma di espiazione-elaborazione.

Sappiamo ufficialmente che Takahata incentrò il suo film sulla semplice domanda "ma questo ragazzo, che cosa ha combinato?" - come la più parte dei suoi contemporanei, il regista vedeva Seita come il colpevole della morte della sorellina, non come una vittima. La colpa di Seita era, per gli anziani davvero sopravvissuti alla guerra, quella di non aver saputo sottostare agli aspri compromessi imposti dalla dira realtà, preferendo la fuga una sorta di "giocare alla famiglia" nato dal rifiuto sociale, da cui un isolazionismo ineluttabilmente votato alla morte. Nelle parole di Takahata, però, la condotta "da viziato" di Seita, benché assurda e inapprensibile per la sua epoca, era del tutto pensabile per i giovani giapponesi ai tempi dell'uscita del film (1988), che infatti videro in Seita una mera, povera vittima - non un colpevole. Come dire che il benessere diffuso del dopoguerra aveva annientato la reale attitudine alla sopravvivenza dei giocano, rimpiazzandola con in fiacco narcisismo vittimista.

Questi i fatti su opera e autori.

Credo di poter ormai capire le osservazioni che Takahata fece ai tempi, nel passaggio tra modernità e postmodernità. In effetti sono visioni (in tutti i sensi) su cui ho riflettuto a lungo. L'irresponsabilità e la tendenza escapistica di Seita è qualcosa su cui la regia batte e ribatte a più riprese. Questo non può negarsi. Il film avrebbe potuto avere co e slogan "il perpetrato delitto e il castigo di un ragazzino viziato". Tuttavia, mi preme sottolineare un grosso però. E il però è che, benché capriccioso e viziato, Seita si ritrova obiettivamente orfano e travolto dagli orrori di una guerra atroce. Non è un suo vezzo, la realtà è davvero atroce e la sua realtà forse ancor più. Dalle stelle di primogenito felice di una figlia borghese, si ritrova nelle stalle di un orfano di guerra. È in queste obiettive difficoltà che lui compie il suo "delitto" - il rifiuto, la fuga, l'isolazionismo - e subisce il suo tragico "castigo". Certo però, le condizioni e gli sconvolgimenti della sua vita erano stati reali e oggettivamente durissimi. Quindi questa è una seria e vera attenuante al giudizio di condanna della sua condotta.

Per Kaguya è molto diverso.

(continua...)

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Posso dire per adesso che questo è un tipo di film che al cinema raggiunge la massima potenza visiva, mi è sembrato davvero di vedere un altro film. Sono felice di averlo potuto vedere, grazie a chi ha avuto l'idea di questa rassegna. 

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Godai: hai assolutamente ragione. Alla fine, proprio i film animati di un anziano cineasta come Takahata, film in cui ogni minuzia è realmente significante e mai vacuo virtuosismo, sono fatti per essere visti al cinema.

 

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Parlando ora di Kaguya.

Kaguya, come sapete, è una rilettura interna alla protagonista femminile del classico dei classici "La storia di un tagliatore di bambù", in genere ritenuta tra i primissimi esempi di letteratura scritta in giapponese.

Nell'originale, che chi scrive ha letto in più versioni, la Principessa Splendente è praticamente un personaggio-oggetto della storia di "elargizione per virtù e privazione per vizio" del protagonista titolare. Un po' come l'altro classico dei classici "La ricompensa della gru", o volendo anche "Il nonnetto sbitorzolato" (in pratica la versione giapponese di "Hermes e il boscaiolo" due storie molto amate e citate da Takahata, in PoroPoro e Yamada-kun). Qualcuno in patria le considera anche storie di "delitto e castigo". Chiaramente, come il titolo del film di Kaguya esprime, Takahata ha rivoltato la storia portando in luce l'onteriorità di lei, ossia rendendola soggetto vivo della storia. Era proprio il suo scopo. E l'ha perseguito rendendo la Principessa Splendente un archetipo di ragazza contemporanea. Difatti, lo slogan originale era "Il perpetrato delitto e castigo di una principessa".

(Continua...)

Edited by Shito
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2 hours ago, Shito said:

Godai: hai assolutamente ragione. Alla fine, proprio i film animati di un anziano cineasta come Takahata, film in cui ogni minuzia è realmente significante e mai vacuo virtuosismo, sono fatti per essere visti al cinema.

 

Purtroppo non hanno dato questi film nella mia zona... Mi consolo ricordando che almeno Kaguya all'epoca l'ho visto in sala, e fu la primissima mia visione di questo grande film.

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 Durante la 7ª giornata di proiezione al cinema La storia della principessa splendente ha incassato 17.730€ al botteghino con 2.490 presenze.

Totale attuale: 70.929€ con 9.760 presenze.

Sono bloccato a letto per la schiena. Mi sa che salto anche a questo giro, maledizione -.-'

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