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Otakuzoku no Kenkyuu - Studio/Ricerca sull'otakuzoku


Shito

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Dunque, la questione è ormai quasi bollita. Tuttavia, il brodo è ancora molto torbido. Anzi, si potrebbe dire che più e più ingredienti si sono aggiunti, meno limpido lo si sia reso.

 

Quante volte avete sentito la storia della provenienza del termine "otaku", ovvero del suo uso moderno, quello che tutti qui dentro dovremmo più o meno intendere?

 

Io moltissime. L'ho letta in tutte le salse. L'ho letta su libri accademici (italiani!), che citavano altri libri accademici (inglesi!), e così via via, per adagiarsi in quel mondo schifoso in cui una cosa -se è stata pubblicata- è vera, o quantomeno imprescindibile. Quelli che credono che il restauro della Sistina sia stato Glorioso, insomma, perché così in molti hanno scritto. La mente accademica che ottenebra la mente sensibile, che previene il giudizio critico individuale basato sull'onesta percezione dei fatti. Aprite gli occhi!

 

Di recente, finalmente, ho letto una buona esposizione dell'evoluzione del termine 'otaku' e del suo uso nella società giapponese (post)moderna, ed era buona perché era un riassunto fatto da un giapponese, Azuma Hiroki, nel suo libro di cui parlavo in un altro thread in questa stessa sezione. No direct link for you.

 

Ma partiamo, una volta tanto, proprio dalla fonte. Ovvero dal singolo articolo (serie di articoli) in cui tutto cominciò.

 

Nakamori Akio, su Manga Burikko, rubrica intitolata "Tokyo Otona Club Jr." (Il club adulto di Tokyo Jr.). La rubrica era in effetti la trasposizione di una 'minicomi' indipendente, poi ospitata come uno spazio sulle pagine di Manga Burikko (da cui l'aggiunta del 'Jr.'), ovvero una rivista di manga lolicon (come, ai tempi, Petit Apple Pie, Lemon People e poi Halflita e qualche altra). Qui venne pubblicato un 'ciclo di articoli' intitolato "Otaku" no Kenyuu (trad: uno studio sugli "otaku"), e per  amore di precisione, traduco qui di seguito l'introduzione che vi è anteposta nella sua trascrizione sul sito ufficiale di Manga Burikko:
 

Uno studio sugli "otaku" è una serie di articoli a cui il signor Nakamori Akio diede inzio come un angolo dl Il Club Adulto di Tokyo Jr., versione in trasferta all'interno di Manga Burikko della fanzine minicomi Il Club Adulto di Tokyo.

Poiché il suo contenuto era la completa ridicolizzazione dei giovani che si facevano rapire dagli anime in voga a quei tempi, come Il Castello di Cagliostro, Yamato o Gundam, com'era naturale ricevette una grande opposizione dai lettori di Burikko, così che dopo la serializzazione di tre capitoli non si poté evitare di sospenderla.
(Uno studio sugli "otaku" -- lineamenti generali è di una persona detta signor Ejisonta).

Tuttavia, dopo questo, il vocabolo cosiddetto "otaku" è andato gradualmente a penetrare, nell'attuale epoca di Internet, quale parola schiettamente indicativa di una parte della cultura giapponese, arrivando a essere conosciuta intorno al mondo.

 

Come si vede, gli articoli di Nakamori sono dunque la prima fonte che, giustamente, viene citata sulla questione trattata da Azuma Hiroki (le altre sono intenre all'ambiente, il caso di Macross, il caso di un altro manga in cui il termine veniva adottato, il caso del modo in cui i fan dei tempi si rivolgevano l'un l'altro nelle fiere di settore, etc).

 

Nakamori Akio sarà poi lo stesso giornalista che pubblicò un intero libro sulla 'biografia' di Miyazaki Tsutomu dove faceva ampio uso del termine 'otaku'. Lo stesso Miyazaku Tsutomu veniva definito 'otaku killer' (sic.), dal che iniziando una criminalizzazione del termine 'otaku'. Quello stesso anno (1989) comparirà il celebre 'Otaku no Hon' (il libro degli otaku', scritto da Michiyama Tomohiro, che diventerà un best-seller in Giappone, stigmatizzando il termine e il tipo sociale che identificava. E sempre lo stesso anno, pare che un giornalista (di cui non ho ancora verificato il nome) della TBS andò al Comiket e dichiarò dinanzi alla telecamre: "guardate, qui ci sono centomila Miyazaki Tsutomu!",

 

Questa aura di inquitante negatività che aleggiava sugli otaku, sul concetto di otaku, sul termine "otaku", durerà in effetti per tre delle loro generazioni, sino allo sdoganamento voluto per ragioni commerciali dei tempi di Densha Otoko (e prodotti similari, tipo Genshiken, ovvero atti a mostrare il lato inerme, "disgustosamente carino" (kimokawaii) degli otaku - a ripartire col recupero del mood del DAICON IV e della sua naivité), fino a culminare nella politica economica del 'COOL JAPAN' - come in qualche modo si vede già suggerito nella traduzione che ho qui sopra tradotto.

 

Ok, ecco i tre più due articoli del ciclo, e una risposta del pubblico.

Le traduzioni inglesi provengono da un bel sito chiamato NeoJaponisme, quelle italiane sono curate da me con l'aiuto dell'amico Arcuum - quindi non saranno impeccabili ma cercano di essere filologiche. ^^

Come noterete, in quelle italiane ho scelto di tradurre il termine "otaku", perché hai tempi della sua introduzione era lungi dall'essere scontato (anzi Nakamori lo virgoletta, appunto), e quindi per il lettore giapponese il suo significato originale di pronome personale doveva avere un richiamo immediato ben più forte della sua ridefinizione che Nakamori ne intentava.

 

Per le strade è pieno di "otaku" (giugno 1983, a firma Nakamori Akio)

>>originale giapponese<<

Traduzione italiana >>>

 

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E' una scena di Freaks, questa, vero...? Scherzo, viene da 'Simpatiche Canaglie' (Our Gang / The Little Rascals)

 

 

Uno studio sui "davoi" (1)
Per le strade è pieno di "davoi"
di Nakamori Akio
[rubrica "Il club adulto di Tokyo Jr.", su Manga Burikko, uscita del giugno 1983]



Conoscete il "Comiket" (abbreviato: "Comike")? Beh, anche io ci sono andato solo l'anno scorso, arrivato ai ventitré anni, ma sono rimasto stupefatto. Sarebbe, ecco, una roba che assomiglia a una fiera per mangamaniaci, per dirla in breve una mostra mercato di manga amatoriali e fanzine. Cosa ci fosse da dirsi stupefacente, a parte che intanto ci si erano radunate oltre diecimila persone tra ragazzi e ragazze da tutta Tokyo, è la loro stramberia. Come potrei dire, ecco -ce ne sono in ogni classe, no?- sono quei tizi che sono assolutamente pessimi in educazione fisica, che si rinchiudono dentro l'aula persino durante la ricreazione, che intimiditi nell'ombra si ammazzano di divertimento tipo con gli shogi. Sono proprio quelli. Portano i capelli lunghi e scapigliati con la riga da un lato, o capelli a scodella con terrificanti sfumature alte.  Abbigliati di tutto punto con magliette e calzoni compratigli dalla mammina ai "tutto a 980/1980yen" da Ito-Yokado o SEIYU, con ai piedi scarpe da tennis contraffatte col marchio della R di Regal che andavano di moda un po' di anni fa, caracollanti con gli zainetti gonfiati fino a esplodere, sono loro. E poi, danno l'impressione degli smilzi al limite della malnutrizione, oppure di ridanciani maiali bianchi con le astine degli occhiali metallici inglobate nelle fronte, invece le femmine sono generalmente grasse e coi capelli a caschetto, con delle gambe spesse come tronchi avviluppate nei lunghi calzettoni bianchi. In genere se ne stanno in un angolo della classe, occhi cupi con lo sguardo sempre basso, non hanno neanche un amico, ma questi tizi, che a pensare da dove fossero venuti fuori c'è da spaccarsi la testa, a frotte a frotte erano in diecimila! Per di più, stacupi che sono, solo a trovarsi lì erano super euforici. Tizi che sembravano scimmiottare i costumi di personaggi degli anime, tizi nello stile inquietante dei manga del nostro Azuma, tizi che con un sorrisone ti rompono insistendo nel piazzarti la vendita di fanzine lolicon con ragazzine, tizi che vagano senza meta, mi sembrava che mi stesse per esplodere la testa. E per la maggior parte erano ragazzi e ragazze, principalmente adolescenti di scuola media e superiore.

A pensarci, non è che si tratti solo dei fan di manga al Comike: ci sono tizi che si mettono in fila ad aspettare dal giorno prima dell'uscita di un film d'animazione, tizi che si fanno quasi travolgere vivi sui binari dai Blue Train per assicurasene uno scatto con macchine fotografiche di cui fanno vanto, o tizi che mettono in fila a far bella mostra di sé sugli scaffali gli arretrati di SF Magazine e i volumi costa d'argento e costa d'oro della collana SF di Hayakawa, giovani scienziati con occhiali da fondo di bottiglia del latte che si ritrovano nei negozi di home computer, tizi che vanno alla sessione di autografi di una idol dal primo mattino per assicurarsi un posto, o bambinoni dall'atteggiamento intimidito che una volta terminato di fare i pendolari per studiare in rinomate scuole integrative pomeridiane finiscono come meri scimuniti con gli occhi da sardina, o ragazzotti che se attaccano a parlare di audio sono un po' fastidiosi. E così le persone di questo tipo di norma sarebbero chiamate tipo maniaci, o fanatici appassionati, o al massimo 'la tribù degli ombrosi', ma non è granché preciso. Stavo pensando a come sinora non sia stato stabilito un preciso nome proprio che sintetizzi le persone di questo genere, e possibilmente questo genere di fenomeno esso tutto, e allora beh, d'impronta noi li battezziamo "davoi", e da adesso li riferiremo così.

Di come mai li chiamiamo "davoi", e su qualsiasi dubbio su che cosa significhi "davoi", andremo e rispondere con calma e pienamente dalla prossima volta, però in qualche modo potete averne la sensazione, no? Guardatevi intorno, forza, eccoli eccoli: sono "da-vo-i"...

...e a proposito, voi siete dei "davoi"?

 

 

Anche gli "otaku" possono innamorarsi come tutti gli altri?  (luglio 1983, a firma Nakamori Akio)

>>originale giapponese<<

Traduzione italiana >>>

 

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Quelli dell'illustrazione sembrano burattini da Hyokkori Hyoutanjima, direi...

 


Uno studio sui "davoi" (2)
Anche i "davoi" possono innamorarsi come tutti gli altri?
di Nakamori Akio
[rubrica "Il club adulto di Tokyo Jr.", su Manga Burikko, uscita del luglio 1983]



Dunque la volta scorsa si è detto sino a denominare "davoi" i brulicanti giovani maniaci ombrosi tipici della fine del secolo, che di questi tempi attraggono sconsideratamente l'attenzione. In merito all'origine di "davoi", beh, anche se penso l'abbiate già tutti intuito, per esempio non pensate sia disgustoso che dei ragazzini più o meno dell'età di studenti delle scuole medie tipo al Comike o a convention d'animazione si rivolgano agli amici con modi come "da voialtri"?

E poi beh, siccome anche loro sono maschi, arrivati alla pubertà intanto tireranno fuori un animo pervertito, no? Certo però che con quello stile, con quei discorsi, con quella personalità, quanto a donne non potranno mai riuscire. Peraltro i "davoi", sapete, sono già definitivamente deficitari nelle attitudini virili. In maggior parte, fanno sorrisoni a ritagli di personaggi animati come Minky Momo, o come Nanako, che infilano nei porta-abbonamenti, beh lo si dirà 'complesso della bidimensione', ma quanto a donne reali non potranno mai riuscire manco a parlarci. Per dire di quelli che tra loro sono giusto un pochino meglio, si indirizzano verso delle idol cantanti dallo scarso appeal femminile, ovvero sono deviati all'essere lolicon. Mentre la foto di una donna nuda adulta tipo non la accettano assolutamente. Un uomo che conosco, poi, era un tizio che se qualcuno gli mostrava gentilmente una rivista pornografica, distoglieva gli occhi impanicato gridando tipo "Piantala! Che luridume!", beh certo quello lì adesso fa il redattore per "COMIC BOX", ma la sensazione è quella.

Così, la singola cosa che persino questi tizi si concedono sono i Gekisha di Kinshin che escono su "GORO", quella rivista davoi. Forza, è quella del "perché non provate a scrivere una letterina alla cara Kumiko, lei risponderà alle missive che saranno di suo gradimento". Solo a pensarci mi sono venuti i brividi, ma alla redazione verranno recapitate un tal numero di lettere dai "davoi" da riempirla zeppa, di sicuro. Woah...! In effetti, nelle rubriche della posta dei numeri speciali di Gekisha recentemente usciti, di letterine davoi ce ne sono già un saaacco. Tipo quello che non riuscendo ad aspettare l'uscita di Gekisha uno fosse arrivato fino dal giornalaio della città vicina, uno che raccoglieva in una cartellina i ritagli della ragazza preferita (il che è indubbiamente da davoi), ma sua moglie ha scoperto quella cartellina e: fregato!, e questo era un impiegato di 26 anni, sapete, e c'è il tizio che compone tipo poesie dedicate alla cara @@ko, e ancora tutta roba così, che finisce per venirti il mal di testa. Però ci sono, eh, tizi che in quattro tatami e mezzo di sudici pensionati mettono in fila a far bella mostra di sé sugli scaffali gli arretrati di "GORO" conservati senza neanche una piega. Tra di loro si arriva persino a tizi che comprano due copie di ogni uscita, una per conservarla e l'altra per chissà cosa.

Per di più, sapete, in risultanza del loro difetto di attitudini virili, questi tizi sono bizzarramente effeminati. Sono uomini adulti ultraventenni, ma tipo accaparrandosi il poster del loro personaggio animato preferito, per la troppa contentezza fanno un affettato "Yuuuuh" e piegando le ginocchia riunite a foggia di una L dietro la schiena si mettono a saltellare come coniglietti (questo "piegare a foggia di L le ginocchia riunite e saltello conigliesco" essendo un loro meraviglioso tratto distintivo), quando fanno una cavolata si mettono a fingere di piangere con degli esagerati "Buuuh", è una cosa schifosa, davvero. In generale dei tizi simili non potranno riuscire proprio mai, con le donne.

Però sapete, in fondo si dice che a questo mondo alla fine si sposa chiunque. Allora, continuavo a pensare tutto meravigliato a chi mai potrebbe sposare un "davoi", ma mi sono reso conto di una cosa terrificante. Ehi ma, se un "davoi" sposasse una "donna davoi" ne nascerebbero dei "figli davoi". Ding-dong, e rieccoci!

 

 

Perdendosi nell'area otaku (agosto 1983, a firma Nakamori Akio)

>>originale giapponese<<

Traduzione italiana >>>

 

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(chi riesce a riconoscere i soggetti dell'immagine? A me non dicono nulla...)

 

 

Perdendosi nello zona davoi
di Nakamori Akio
[rubrica "Il club adulto di Tokyo Jr.", su Manga Burikko, uscita del agosto 1983]



Ehi, gente! Siete davoizzati? Ormai anche il termine "davoi" ha finito con l'attecchire parecchio, a breve pensavo di togliergli le virgolette. Dunque, d'ora in avanti non starò di volta in volta ad avvisare che quando si dice 'davoi' non si tratta di un pronome di seconda persona, ma di un nome comune. E anche sull'essere diventato aggettivo e verbo del tipo "davoiesco" o "davoiare". Beh, queste stranezze usatele con discrezione. Al tempo dell'invenzione del termine 'davoi', nessuno ne capiva il significato, così quella era una bella opportunità per diverticisi parecchio. Nel Distretto Tre di Shinjuku ci sarebbe una libreria chiamato Free Space, dove tengono tipo manga amatoriali, che lo si potrebbe vedere come un ritrovo per i davoi, sapete, e lì ci avevo portato Yumi, la mia ragazza di seconda superiore, dicendo "Guarda, anche lì un davoi, anche laggiù un davoi, aaah, quello lì è tipo super-davoi", tipo riferendomi dispregiativamente a dei davoi come a dei davoi. Siccome quelli non capivano che cosa significasse davoi, finivano per fare gli occhi da "Oshin" con un senso di sgomento. Quanto a quella Yumi, stava ormai morendo per trattenersi dal ridere, dicendo "Ahahah, smettila, Akio" con la faccia tutta rossa.

Un'area del FreSpa è delimitata da quella che sembra una soglia, ne fanno come una pseudo-caffetteria, ma da dentro alla soglia si sentivano provenire strambe risate. Sapete, penso che quello fosse nient'altro che un tizio mai sentito prima, ma si sarebbe detta cupamente alleeeegra, come fosse il verseggiare tipo di una lumaca o di una sanguisuga, dava l'impressione che potesse essere proprio quello, era una risata insopportabilmente sgradevole. Chiedendosi che cosa fosse, quella Yumi si è infilata a sbirciare appena al di là della soglia, ha esclamato "Ah!", e facendo una smorfia disgustata ha finito per ritrarsi come per un riflesso condizionato, tremando per i brividi. Chiedendo che fosse successo, anch'io mi sono provato a sbirciare e capire, e laggiù, sapete, c'erano 7-8 di questi tizi che davano l'impressione d'essere davoi tra i davoi, e che stavano a fare le larve. Avevano dispiegato su un tavolo tipo delle riviste di animazione o dei poster, e raccontandone scherzi a tema che non sarebbero stati comprensibili  che loro stessi soltanto, rantolavano facendone un gran sucesso nella loro cerchia. Parlando di quella scena rivoltante, o forse dovrei dire sabba infernale, o chiamarla le finali del Torneo della Regione del Kanto del Campionato Nazionale Giapponese dei Davoi, io stesso mi ritrovai a tremare di paura. Anche quella Yumi, tipo ritrovandosi con la pelle d'oca, o che le era tipo venuta l'orticaria, aveva finito per mettersi a tremare, chiedendosi tutta irritata da dove fossero spuntate fuori quelle persone.

Dopodiché, stando a quanto ci è stato riportato da un tizio tra gli addetti del FreSpa ben informato sui davoi, quei tizi sia nei giorni di pioggia sia nei giorni di vento, lo fanno praticamente ogni giorno, se ne stanno a brulicare laggiù. Siccome ci stanno fin troppo a lungo, pare siano arrivati ad appendere un cartello di divieto di permanenza per più di due ore. Anche questo qui pare che dapprima pensasse che fossero tipo una combriccola disgustosa, ma di recente con "quelli lì non hanno altro posto in cui venire che qui, e poi presi ognuno per ciascuno sono dei bravi bimbi tranquilli, sapete" ha cominciato a mostrare compassione verso i davoi. E poi seppur con meraviglia ho pensato che se loro ogni giorno finita la scuola vanno solo a radunarsi schiamazzando, prima di poterlo fare al FreSpa chissà dove mai si insediassero. Stando a quello lì, era che "aaah, quei tizi fino ad allora se ne stavano separati ognuno per ciascuno".

Lasciando il FreSpa come fuggendo, mentre tranquillizzavo Yumi, siamo andati al Parco Imperiale di Shinjuku. Su prato del Parco Imperiale, mentre mi abbracciavo con Yumi, ci siamo messi a ridere insieme sulla faccenda della combriccola dei davoi di poco prima. Però di primo pomeriggio il Distretto Tre di Shinjuku era proprio uno strano posto, che fosse per una coppia che si strusciava nel Parco Imperiale, o un davoi in giacca safari che con sguardo cupo si dirige al FreSpa, o che a camminarci non ci sia che un travestito che è arrivato in anticipo.

 

 

Risposta e obiezione a "Uno studio sugli otaku" - "Shinshuku Minus Club (rubrica dei lettori) (settembre 1983)

(traduzione mancante - originale giapponese)

 

Un studio sugli otaku - lineamenti generali (dicembre 1983, con lo pseudonimo di Ejisonta)

>>originale giapponese<<

Traduzione italiana >>>


Uno studio sui "davoi" -- lineamenti generali
di Ejisonta
[rubrica "Il club adulto di Tokyo Jr.", su Manga Burikko, uscita del dicembre 1983]

 

 

"Noi non vogliamo diventare adulti".

Era lo slogan sopra al titolo di un certo rinomato circolo digitale di manga, ma questa frase esprime l'essenza dei maniaci di manga in modo veramente preciso. Maniaci di manga, anime fan (anche se dicendo maniaci si da una sensazione parecchio pesante, mentre dicendo fan un senso di andante con brio) sono delle persone parimenti predisposte per il lolicon, che non vogliono maturare per nessun motivo e vogliono preservare chissà fino a quando nient'altro che la loro condizione di moratoria. Volendo, questo è un sentimento che chiunque ha in sé, sarebbe lo stesso tanto per me, che per voi, che per il presidente di una grossa ditta, ma se si tratta del caso dei "davoi" la cosa è forte, che se per un momento si rimarca quel fine moratorio hanno una reazione d'ipersensibilità come se gli si toccasse una vecchia ferita decennale, mentre quelle volte che si ritrovano ideologicamente preparati, allora si mettono a spiegare la questione di quanto possa essere importante il non voler diventare adulti.

Per tale ragione questi signori, tutti quanti, continuando a fissarsi sulla sfera culturale di manga e anime, dicendo a questo o quell'adulto che venissero a intromettersi tipo "lasciatemi stare", continuano a mantenersi fissi su livello di pensiero e sensibilità da mid-teen. Magari, voi avrete sentito dire quella cosa che "conservare i sentimenti da bambino è mantenere uno sguardo puro", ma mi spiace dirvi che chiaramente su questo si sbagliano. Quanto al punto di vista dei bambini, o al il punto di vista degli esseri umani in pubertà, sono del tutto differenti. Hanno un bel dire gli anziani su quanto la pubertà sia stata un bel periodo, e si mettono a ricordare cose del genere, ma per i suddetti quei discorsi non sono che un desiderio di rinvigorimento, quando in realtà quel che si chiama la pubertà degli esseri umani è francamente qualcosa di estremamente brutto. Anche se si è nell'età in cui si vorrebbe averne uno spasmodico pensiero, nel risveglio alla sessualità si fallisce miseramente con immaturi preliminari. Nei casi di normalità, da lì, provandosi a strafare e tentando di comportarsi da adulti, ci si avvicinerebbe ad un'adultità a tutti gli effetti, ma nel caso dei "davoi", l'abito mentale è di astenersi totalmente dal vettorializzarsi in direzione di una sintesi di maturità. Come risultato, quel che resta è un'autoasserzione immatura, un pensiero immaturo, eccetera, diventando una parata di attaccamenti all'immaturità.

A dir la verità, nella pubertà non c'è alcun nonsoché da attaccarcisi a un tal livello. In quel periodo, accadono senz'altro fenomeni come trovarsi a scorgere d'improvviso, in un manga o un anime che sino ad allora non si aveva avuto alcuna particolare intenzione di leggere o vedere, dei concetti o quel che sia dalla componente profonda del gruppo dei creatori. E' difatti se ne trae senz'altro saggezza, però non ci si dovrebbe fermare a quell'istante, volendolo protrarre in chissà quale sviluppo. E difatti, alla fine non ci si può che rivolgere verso l'adultità.

Quale realtà del problema, provate a guardare l'immagine allo specchio di voi stessi col sorrisone mentre leggete una rivista lolicon: e difatti sarà un qualcosa di inquietante. Per non dire che nel finire a masturbarcisi tutti incantati non penso ci sia troppo da rallegrarsi.

E così, questo sta a significare che simili bimbi solitari non possono veramente resistere dal far gruppo tra "bambini solo un pochino diversi", tramutandosi in un branco di davoi. Come aveva detto un certo autore di manga lolicon: "anche ai ragazzi davoi, nella realtà, possono capitare innumerevoli occasioni di fare amicizia con una ragazza, quindi voi tutti non segregatevi al buio, quando invece basterebbe rendersi positivi!", ed è esattamente così che è.

Ad ogni buon grado, per qualsiasi essere umano, una cosa come passare una vita intera in un periodo di moratoria non è possibile. Significa che presto o tardi non si potrà fare a meno di diventare adulti, e inoltre, a seconda del modo in cui si imbracciano le proprie intenzioni, sgattaiolare tra frizioni sociali d'ogni genere, bambini perlomeno nei sentimenti, il che  si può anche fare, e questo potrebbe praticarsi come un qualcosa di più puro di svariati livelli di chiarezza piuttosto che una testarda ma anche confusa prospettiva davoiesca.

Detto il che, sarebbe l'opinione del Club Adulto di noi solo un pochino adulti.

 

 

 

Perché Okazaki Kyouko, Sakurazawa Erika non sono accette sulle pagine di "Burikko"? (genniao 1984, a firma Nakamori Akio)

(traduzione mancante - originale giapponese)

 

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Mentre gli articoli a firma Nakamori Akio sono chiaramente provocatori, trovo quello conclusivo a firma Ejisonta davvero illuminante, o per meglio dire lancinante, nella sua chiara, limpida, gelida franchezza. E' come tante cose anche profonde (o ritenute tali) che ti sono sempre ronzate in testa vengono poi lette da chi ne scrive con assoluta semplicità.

 

Credo poi che l'ultimo articolo copra la sottile (ai tempi) differenza tra i manga bishoujo (lolicon) e shoujo, ragion per cui molti ancora oggi credono e riportano che Manga Burikko fosse una rivista di shoujo manga.

 

Sarebbe bello che li si leggesse per commentarli seriamente, qui. Come se fosse un simposio, un seminario.

 

Ripartire dalle fonti vere e genuine, dalle basi di tutto, per re-edificare la concezione che abbiamo delle cose in maniera corretta, non distorta, mondata da tutte le stronzate che i "saggi dell'ambiente" (salve qualcuno) dispensano più e più, in una orribile recrudescenza di infantilismo che si fa accademia.

 

Bisogna salvarsi con le unghie e con i denti.

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Io moltissime. L'ho letta in tutte le salse. L'ho letta su libri accademiciti (italiani!), che citavano altri libri accademici (inglesi!), e così via via, per adagiarsi in quel mondo schifoso in cui una cosa -se è stata pubblicata- è vera, o quantomeno imprescindibile. Quelli che credono che il restauro della Sistina sia stato Glorioso, insomma, perché così in molti hanno scritto. La mente accademica che ottenebra la mente sensibile, che previene il giudizio critico individuale basato sull'onesta percezione dei fatti. Aprite gli occhi!

 

Lavorando sulla bibliografia della mia tesi, posso solo dire che qualsiasi affermazione in ambito accademico (soprattutto se scientifico, come nel mio caso..) deve essere supportata da un'adeguata documentazione, altrimenti è priva di valore perchè non si può pretendere che il proprio "giudizio critico individuale basato sull'onesta percezione dei fatti" (AKA "giudizio soggettivo"..) possa essere condiviso dagli altri.

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E invece si può pretendere che un "giudizio comunque soggettivo" acquisti valore perché pubblicato essendo supportato da un'altra persona che ha pubblicato qualcosa?

 

Ma per piacere!

 

Quinsdi siccome Helen McCarthy ha scritto qualcosa nei primi novanta che è stato pubblicato e poi citato da un italiano che ha scritto un libro nel 2000 è diventato verità?

 

Ma per piacere!

 

Anche se è una palese minchiata per chi quelle cose le abbia *vissute* piuttosto che *lette raccontate*?

 

Ma per piacere!

 

E' esattamente per questo che generalmente sputo sulla "cultura accademica".

 

Peggio che autarchica, è autoreferenziale. Quindi peggio che "le stronxzate che dice uno" (che valgono a seconda della diea che si ha di quell'uno) è il bacino delle stronzate dette e ripetute da tutti quelli che invece che fare, dicono/scrivono.

 

Lavora pure alla tua testi, per carità. Ma fin quando per scrivere un libro mi chiederanno una bibliografia io continuerò a rifiutarmi di scrivere un libro. :-)

Modificato da Shito
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Lavora pure alla tua testi, per carità. Ma fin quando per scrivere un libro mi chiederanno una bibliografia io continuerò a rifiutarmi di scrivere un libro. :-)

 

Una bibliografia può essere fatta bene o fatta male, con citazioni appropriate oppure no, ma quello dipende da chi la scrive..

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Uh che bello, uh che bello! 

Adoro queste cose che mi salvano dal grigiore della vita d'ufficio e mi permettono di mettere in moto le rotelle del cervello!

Prometto che leggerò i tre articoli e scriverò una filippica il più circostanziata possibile (oggi non credo di riuscirci, spero di non dimenticarmene perchè il tema è bollito ma sempre interessante).

Mi permetto però di partire dalla questione "se qualcosa è pubblicato è vero".

 

Purtroppo, ed è il motivo per cui odio le scienze umanistiche (che osceno paradosso) è che si può dire tutto e il contrario di tutto e alla fine della fiera si riduce tutto in correnti di pensiero che espongono una tesi più o meno condivisibile, il bello dei numeri è che raramente mentono e quando mentono, mentono così bene che verrà considerata verità per decadi finchè qualcuno non riuscirà a controvertire l'incontrovertibile... E comunque in quei casi si parla di cose che difficilmente impattano la vita dell'uomo della strada.

 

Da un lato sono d'accordo con Shito, non è che se un articolo è firmato da Karl Popper debba essere per forza La Verità.

Da un altro sono però fortemente in disaccordo, soprattutto anche alla luce di precedenti dibattiti in cui si portata La Spada e Il Crisantemo come eccellente rappresentazione (per altri spazzatura allo stato brado) della società nipponica.

Come la mettiamo? Siamo relativisti solo nel weekend?

 

Comunque alla fine è come dice Eymerich, quello che conta è la base di conoscenza da cui si è partiti per costruire la propria tesi, se io ti porto il mondo a sostegno delle mie ipotesi, o tutto il mondo è sbagliato (e la statistica ci dice di no) oppure forse che forse, per quanto sia amara da digerire (e abbiamo sempre il diritto di essere in disaccordo, ma qua siamo fuori dall'accademia, siamo di nuovo in strada, la mia parola contro la tua), è la verità

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Gara, il punto è che esiste una ormai debordante 'tradizione accademica' in cui se qualcosa è stato pubblicato NON importa se questo qualcosa a sua volta soa di un comprovato valore, solo poiché è stato pubblicato lo si deve considerare un 'mattone' imprescindibile della disciplina che tratta. In maniera acritica. E questa direi che è follia. Cecità.

 

Per esempio, io qui ho riportato gli articoli precisi di Nakamori Akio sulla questione, ripresi dal sito ufficiale della rivista su cui furono pubbicati. Ovviamente avere delle scansioni reali della rivista cartacea sarebbe ancora più 'sostanziale', ma direi che come esegesi delle fonti siamo a buon punto. Al contrario, quando su un libro sul Giappone scritto da un italiano trovo una stampalatissima spiegazione del significato e dell'originale del termine 'otaku' che rimanda a un libro scritto da un altro italiano che rimanda a un libro scritto da una inglese, allora capisci che da piccoli quello che si chiamava "il gioco del telefono" è divenuto il meccanismo di molta "ricerca universitaria" (bleargh!).

 

Le bibliografie si intendevano ab inizio essere dei punti di partenza per chi volesse approfondire, non il rifugium perccatorum del relatore incolto che si giustifica a riportare in un un suo testo di cui pure non sa un cazzo, "eh ma sta scritto così su un libro pubblicato da Pinco!", che ovviamente il relatore manco sa chi sia.

 

Questo genere di citazione bibliografica è divenuto semplicemente il modo con cui gli autori di testi accademici si legittimano a spegnere il cervello e prendere per buono qualcosa di cui non indagano affatto, perché è più comodo. Un simile meccanismo non ha nulla, NULLA a che fare con alcun tipo du cultura reale. E', al contrario, il modo per diffondere discultura, mistificazione e falsità.



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Inserisco ora un altro dato importante, ovvero che il tragico caso di Miyazaki Tsutomu è del 1989, indi ben di là a venire rispetto agli articoli originali di Nakamori Akio.

 

Quando ci fu il caso di Miyazaki Tsutomu, pare che Nakamori riprese il termine parlando in un articolo di "assassino otaku", e andando al Comiket in un servizio televisivo gridando dinanzi alla telecamera "guardate, qui ci sono decine di migliaia di MIyazaki Tsutomu!" - ma di queste cose non ho trovato il dato materiale (la registrazione del servizio).

 

Si vede bene comunque sin dai primi articoli che non vi è nulla come un 'autorato di conio del termine' "otaku" negli articoli di Nakamori.

 

Come riporta Azuma Hiroki, è evidente che Nakamori semplicemente si propone di definire "otaku" questi strani soggetti che "amano chiamarsi a vicenda con questo strano pronome personale" (otaku).

 

Ovvero, Nakamori trovava diciamo 'creepy' sia le persone che questo loro modo di rivolgersi l'un l'altro, e per questo si porporse di chiamarli così.

 

E' come se adesso, per intenderci, ci fosse un gruppo 'sociale' i cui frequentatori si chiamano a vicenda 'vossignoria' come se fosse una cosa normale. Arriva un giornalista 'mainstream' e la ritiene una cosa pazza e inquietante, e allora chiama quella gente "i vossignoria". La cosa ha successo e si impianta come riconversione d'uso del termine a mo' di neologismo.

 

Questa cosa si vede peraltro *benissimo* in Otaku no Video. Quando i protagonisti sono in coda per vedere un "anime" (Macross Ai Oboeteimasuka) vengono avvicinati da una persona "normale", un mezzo ubriaco con donnina al seguito, che si stupisce che della gente adulta sia tanto svitata da stare in coda per vedere un "film a cartoni animati" (manga eiga). Dopo averlo redarguito sul fatto che no, si tratta di un "anime" (era il 1984, in pieno "anime boom", come così bene ci spiega Prandoni) uno del gruppo dei fan, personaggio molto inquietante con fare un po' nobiliare/retrò nei modi, dice alla persona normale "signore ci lasci in pace, noi non abbiamo nulla a che fare con vossignoria (otaku)", per intenderci. E quello, mentre se ne va, borbotta tra se e la donnina: "Ma l'hai sentito? "otaku"? Ma come cazzo parlano quei malati?"

 

Si nota anche che nei suoi articoli iniziali Nakamori non usa un taglio da vero sociologo, né si tratta di saggi approfonditi o eruditi. Si tratta di articolini provocatori scritti in una rubrica su una rivista di manga lolicon, il che direi che rende ben chiara la collocazione.

 

Ora, se ben ricordo (ma andrò a rileggere e riposterò), l'inizio dell'uso del pronone 'otaku' all'interno degli entusiasti dei manga/anime ai tempi del primo anime boom discende da una rubrica della posta di una rivista di settore, tenuta da una shoujo-mangaka, ma potrei ricordare male. Come dicevo, ri-approfondirò.

 

E' comunque accertato (dichiarato da Okada Toshio) che Macross (la serie) fu il primo prodotto di animazione in cui si faceva uso del pronome "otaku", nelle parole di Minmay [dato fattuale]. La cosa viene fatta discendere generalmente dal fatto che sia Mikimoto che Kawamori fossero un po' degli "upperclass freshmen", iscritti a una università di alto livello (la Keio) [dato speculativo basato su dato fattuale], ma è pur vero che entrambi erano già figli di Gundam, di Yamato, e del primissimo anime boom iniziato da gente come Nishizaki e Tomino. Del resto non serve ricordare i nomi dei tre Zentran che messi di fila compongono la frase "noi siamo dei lolicon" [dato fattuale]

 

Si dice in ogni caso che i due (Kawamori e Mikimoto) usassero il pronome 'otaku' fra di loro [dato che non ho personalmente verificato], e che per questo la cosa passò in Minmay (c'è da ricordare che originariamente Minmay sarebbe Ming Mei, è sempre una cino-giapponese di seconda generazione, e quindi forse si pensò di caratterizzare il suo parlato con qualche uso di giapponese un po' "broken", un po' "ankward"? Chissà...)



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Dimenticavo: sull'uso del termine 'otakuzoku'. Il lessema 'zoku' 族 indica a rigore un gruppo etnico. Come in 民族 (minzoku): etnia nazionale. Si usa anche per delimitare dei 'gruppi sociali circoscritti', come ad esempio in 暴走族 (bousouzoku), i bikers sfrenati, o in ゲーセン族 (geesenzoku, da Ga-Cen - Game Center), la trubù delle sale giochi, o ancora 'otakuzoku' - la tribù, il gruppo, l'etnia sociale degli otaku.

 

Per interderci, ciò che qui si chiamano 'i girellari' potrebbero ben dirsi girellazoku. :D

Modificato da Shito
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Ricordo un vecchio articolo di Keiko Ichiguchi su Kappa Magazine, dove raccontava di aver udito per la prima volta il termine "otaku" riferito a degli appassionati di animazione, nel corso di una trasmissione televisiva dove veniva mostrato un incontro di appassionati vestiti da personaggi di GUNDAM davanti alla stazione di Shinjuku, il 21 febbraio 1981 (incontro poi rimasto famoso..).

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Sì, l'incontro è rimasto famoso. Si parla della 'dichiarazione del nuovo secolo degli anime' アニメ新世紀宣言, ma credo tu ti stia un po' confondendo. Ne parlò anche Garion su queste pagine. Non credo fossero tutti, e neppure la maggioranza, in cosplay. Si parlò di 15000 giovani radunatisi a dichiarare il nuovo secolo dell'animazione - una sorta di 'manifesto' dell'anime boom, che era ormai esploso - si trattava infatti del debutto dei *film* di Gundam. Se ben ricordo, in costume da Char e Lala erano la coppia di frontman, e non vorrei dire una sciocchezza (è da veririficarsi) erano Okada Toshio e la sua compagna Kazumi, non so se già 'Okada Kazumi'. :-)

 

Ecco una fonte direi attendibile:

 

http://www.asahi.com/showbiz/manga/TKY200910170173.html

 

Il titolo del'articolo è "In quel giorno gli "anime" cambiarono: la Dichiarazione del Nuovo Secolo degli Anime nell'anno 1981".

 

Si inizia proprio parlando del fatto che in passato si parlava di 'manga eiga' o 'tv manga', mentre ora gli anime vorrebbero essere considerati una cultura di cui il Giappone vada fiero.

 

Si tratta di una retrospettiva, insomma.

 

Ai tempi, l'evento chiaramente ebbe un impatto mediatico che travalicò la ristretta cerchia delle riviste per appassionati. Ma rimase celebre e monumentale proprio tra quelli più che nell'immaginario collettivo.

Modificato da Shito
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Sì, l'incontro è rimasto famoso. Si parla della 'dichiarazione del nuovo secolo degli anime' アニメ新世紀宣言, ma credo tu ti stia un po' confondendo. Ne parlò anche Garion su queste pagine. Non credo fossero tutti, e neppure la maggioranza, in cosplay. Si parlò di 15000 giovani radunatisi a dichiarare il nuovo secolo dell'animazione - una sorta di 'manifesto' dell'anime boom, che era ormai esploso - si trattava infatti del debutto dei *film* di Gundam. Se ben ricordo, in costume da Char e Lalal eranola coppia di frontman, e non vorrei dire una sciocchezza (è da veririficarsi) erano Okada Toshio e la sua compagna Kazumi, non so se già 'Okada Kazumi'. :-)

 

L'articolo parlava solo di "un gruppo di appassionati di animazione in cosplay di GUNDAM" radunatisi a Shinjuku proprio in occasione dell'uscita del 1° film di GUNDAM, ma non diceva che tutti i partecipanti all'evento fossero in cosplay (anche se la Ichiguchi ricordava bene la coppia in cosplay da Char e Lala..).

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Sarebbe bello che li si leggesse per commentarli seriamente, qui. Come se fosse un simposio, un seminario.

 

Ripartire dalle fonti vere e genuine, dalle basi di tutto, per re-edificare la concezione che abbiamo delle cose in maniera corretta, non distorta, mondata da tutte le stronzate che i "saggi dell'ambiente" (salve qualcuno) dispensano più e più, in una orribile recrudescenza di infantilismo che si fa accademia.

 

Bisogna salvarsi con le unghie e con i denti.

 

 

Ho letto tutti quelli in inglese. In vero volevo riservare i 5 minuti alla lettura degli articoli su Hiromi Azuka, ma il mio sesto senso mi ha indirizzato verso questi. Mi sembrano molto più vitali e autentici/penetranti nella questione vera di quelli di Azuka, ma non avendoli ancora letti non so dire. Casomai mi confermerai tu.

 

 

Non so che intendi con bel simposio, a me pare non ci sia molto da dire se non concordare, no ? :)

 

In questi giorni leggevo che Renzi aveva dichiarato di non andare alle riunioni della dirigenza del PD, perché li ogni riflessione finiva in una seduta di autocoscienza ... dico che ce ne é sempre il rischio quando si discute dell'autoevidente ( con te non succede, lo ammetto! ).

 

 

L'unico appunto da fare é che gli otaku, più che trovarsi femmine otaku, si trovano femmine che li disprezzano nei loro hobby schifosi ma li sopportano perché, come insegni tu, per le femmine meglio male accompagnate che sole. Li sopportano per la partita come epr i modellini di Gundam nell'armadio. Se poi si riesce a esser stupidi oltre che otaku, allora é brutto segno ...

 

però è più per gli utenti del forum che per te questo. Sugli articoli c'è da dire solo che sono belli e vitali!

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  • 1 month later...

Velocissimo

 

Sì. Anche per altre scemenze se è per questo.
Come si dice, la passione è onesta, pago le tasse e sono un membro produttivo della società, indi nel mio tempo libero faccio quello che mi pare senza che nessuno abbia il diritto di inserirmi in una qualunque categoria dispregiativa per la sua voglia di sentirsi più sicuro di sè.

Specialmente non gente d'oltreoceano che con la mia cultura non ha nulla a che fare.
Nerd, come dicevo su, va benissimo.
 

Otaku:

 

Otaku (おたく/オタク?) is a Japanese term used to refer to people with obsessive interests, particularly (but not limited to) anime and manga.

 

No. Chi si autodefinisce otaku (specialmente al di fuori del Giappone) per me è un cretino che non ha idea di quel che significa, così come lo è chi cerca di adattarlo ad un contesto italiano in cui non ha nessuna ragione di esistere.

Otaku è un termine inventato dai fan di manga e anime per definire se stessi ,  indicando  l'appassionato di animazione  e manga.

E stato il resto della società nipponica ( i non fan) a dargli un significato negativo per ignoranza .

Quindi la loro considerazione vale meno di zero e vale solo il termine originale.

E chi la pensa come loro è un povero deficiente  ( e quindi per loro un otaku, perché tutti gli otaku per loro  sono deficienti).

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Otaku è un termine inventato dai fan di manga e anime per definire se stessi ,  indicando  l'appassionato di animazione  e manga.

 

Otaku è un termine giapponese inventato dai giapponesi, che sono gli unici a potervi attribuire il significato.

Che per la cronaca, è semplicemente un termine che indica un'ossessione per qualcosa, non è limitato a manga e anime, e NON è stato inventato dagli appassionati, ma preesistente e poi usato dai mass media.

Chi erra è chi lo usa a sproposito per i suoi comodi pur esistendo termini nella sua lingua nativa che non hanno il significato negativo che otaku ha originariamente lì per loro.

 

E stato il resto della società nipponica ( i non fan) a dargli un significato negativo per ignoranza .

Quindi la loro considerazione vale meno di zero e vale solo il termine originale.

E chi la pensa come loro è un povero deficiente  ( e quindi per loro un otaku, perché tutti gli otaku per loro  sono deficienti).

 

 

Non gli hanno dato un significato negativo per ignoranza, gliel'hanno dato per questioni sociali (chi si guarda anime e non è un bambino è un fallito) e per via di un paio di assassini.

Considerando poi che il termine è nato e si è sviluppato nella loro società, la loro è l'UNICA considerazione che conta.

Chi lo usa diversamente, ripeto, è un povero cretino che non si rende minimamente conto di quello che significa, sia autodefinendosi tale (che però lo rende cretino al quadrato dato che si insulta da solo) sia categorizzando gli altri in quella maniera e volendo intendere il semplice appassionato di animazione e manga nipponici (che è termine più adatto e per giunta senza il significato negativo che attribuiscono i giapponesi ad otaku, ma va bene anche immaturo, visto come la società nostrana considera chi si legge manga e si guarda i cartoni alla nostra età, sia dire che c'è una parte di noi che non è mai cresciuta, eccetera) senza volerlo insultare.

 

Notare che ha un significato negativo anche secondo fonti italiane:

 

Otaku

Neologismi (2008)

otaku s. m. e f. e agg. inv. Giovane appassionato di fumetti e animazione giapponese che trascorre la maggior parte del proprio tempo in casa, dedicandosi in modo quasi ossessivo al collezionismo, ai giochi elettronici, a Internet, alle relazioni mediatiche a sfondo sessuale; relativo a tale fenomeno giovanile. ◆ In Giappone li chiamano otaku, parola usata per indicare genericamente la casa di qualcuno, ma anche termine con il quale viene definita una persona che in casa passa la maggior parte del suo tempo. È sinonimo di collezionista maniacale che raccoglie fumetti, di appassionato di videogame o di persona che ha trasformato il computer e Internet nel centro della sua esistenza. In realtà otaku, parola usata frequentemente in Rete, è oggi un termine applicabile a tutte le comunità high tech. (Sole 24 Ore, 30 gennaio 2000, p. 46, Fuori orario)  • Il termine otaku entrò nel gergo dei media nei primi Anni Ottanta quando comparve in alcuni articoli del giornalista Nakamori Akio, seguiti da interventi, studi e saggi di sociologi, psicologi, massmediologi, che arrivarono perfino a parlare di «panico otaku». Indica gli adolescenti fanatici collezionisti di immagini e oggettistica attinenti i loro idoli della musica, della tv, del cinema. Giovanissimi asociali e individualisti, appassionati di fumetti e videogiochi, incapaci di relazionarsi con gli altri se non attraverso le tastiere dei computer, hanno comportamenti autistici e vite virtuali. (Angelo Z. Gatti, Stampa, 24 febbraio 2007, Tuttolibri, p. 5).

Dal giapp. otaku, forma onorifica di taku (‘la propria casa’, che indica la casa dell’interlocutore), propr. ‘voi, la vostra casa’.

Già attestato nel Corriere della sera del 30 luglio 1992, p. 11, Cronache.

 

qui

Modificato da Fencer
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In Giappone li chiamano otaku, parola usata per indicare genericamente la casa di qualcuno, ma anche termine con il quale viene definita una persona che in casa passa la maggior parte del suo tempo.

 

Soliti giornalisti, questo è l'ikkikomori.

Comunque otaku in giapponese significa maniaco.

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Ma infatti in FMP Huber Sagara viene etichettato subito dalla quattrocchietta come "otaku" ("fissato" nel doppiaggio ita) non certo pensando agli anime o ai manga ma per il suo modo di parlare da soldato che gli fanno credere sia appunto un otaku di armi e roba militare in genere, Kensuke Aida pure è chiaramente un otaku di quel tipo... occazzo la legge di Shuji mi ha colpito ancora  :doh:

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In Giappone li chiamano otaku, parola usata per indicare genericamente la casa di qualcuno, ma anche termine con il quale viene definita una persona che in casa passa la maggior parte del suo tempo.

 

Soliti giornalisti, questo è l'ikkikomori.

Comunque otaku in giapponese significa maniaco.

 

 

No, è vero che otaku significa "casa". Il fatto è che si usa anche per dire tu, in modo molto formale. Dato che in Macross c'era Minmay che si rivolgeva agli altri usando otaku, gli anime fan hanno iniziato a darsi del tu usando otaku. La cosa è stata notata da un giornalista, che la considerò bislacca e che quindi prese a chiamare otaku questo tipo di appassionati. Poi con la faccenda di Miyazaki Tsutomu divenne noto a livello nazionale. Basta che vi leggete il thread e c'è scritto tutto.

In sostanza: gli appassionati non hanno inventato il termine otaku. Si davano del tu usando otaku.

Il giornalista ha utilizzato la parola otaku come sinonimo di fissato, dandogli un significato negativo.

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Quanta confusione!

 

E pensare che il thread era nato proprio per fare chiarezza. Mi sa che gli articoli non li ha letti nessuno o quali.

Garion: indagando più approfonditamente, pare che 'otaku' fosse il modo con cui le mogli degli anni sessanta, in pieno miracolo economico, si riferivano alla casa(famiglia delle vicine di casa. In quel tipo di società, ovviamente i discorsi di queste casalinghe erano spesso pettegolezzi da famiglie consumistiche, superficiali e distanti. Tipo: "da noi (taku) abbiamo un nuovo televisore, ma ho sentito che da voi (otaku) ne avete addirittura due!". Questo genere di dialogo sessantino è il terreno d'infanzia dei futuri otaku. A riportare il dato è l'artista Sawaragi Noi, nell'interessante catalogo 'LITTLE BOY' (catalogo della sua mostra d'arte omonima da curata da Murakami Takashi). Lo stesso viene riportato da Ishikawa Satomi in un suo libro sull'argomento, dove si procede a delinearne il passaggio nell'uso tra membri di circoli delle convention SF (cosa riportata ancge da Volker Grassmuck). Pare che il modo si riferirsi a vicenda si fosse diffuso tra i primi otaku collezionisti, che ovviamente parlavano di che cosa i loro pari avessero in casa: "da voi avete la serie completa di XXXXX?". C'è un eufemistico senso di distacco, di rapporto sociale un po' formale e materialista, come sottolinea lo stesso Grassmuck. Okada, sempre nello stesso libro/catalogo (c'è un intervista), riporta il caso di Ichijo Hikaru in Macross che si riferisce agli altri col pronome 'otaku' -cosa citata anche da Ishikawa Satomi-, e suggerisce che forse era perché sia Kawamori che Mikimoto erano giovani studenti della Keio, un'università presumibilmente di alta estrazione sociale. Si cita anche un'autrice di romanzi che rispondeva alle lettere dei lettori utilizzando il termine 'otaku' per riferirglisi (posso recuperare i dettagli).

In ogni caso, è con Nakamori Akio che il termine trova una sua prima canonizzazione.
Ecco la traduzione italiana del suo primo articolo (prima stesura, poi lo aggiungerò anche nel primo post):

 

otakutitle1.gif

E' una scena di Freaks, questa, vero?

 

Uno studio sui "davoi" (1)
Per le strade è pieno di "davoi"
di Nakamori Akio

[rubrica "Il club adulto di Tokyo Jr.", su Manga Burikko, uscita del giugno 1983]


Uno studio sui "davoi" (1)
Per le strade è pieno di "davoi"
di Nakamori Akio
[rubrica "Il club adulto di Tokyo Jr.", su Manga Burikko, uscita del giugno 1983]


Conoscete il "Comiket" (abbreviato: "Comike")? Beh, anche io ci sono andato solo l'anno scorso, arrivato ai ventitré anni, ma sono rimasto stupefatto. Sarebbe, ecco, una roba che assomiglia a una fiera per mangamaniaci, per dirla in breve una mostra mercato di manga amatoriali e fanzine. Cosa ci fosse da dirsi stupefacente, a parte che intanto ci si erano radunate oltre diecimila persone tra ragazzi e ragazze da tutta Tokyo, è la loro stramberia. Come potrei dire, ecco -ce ne sono in ogni classe, no?- sono quei tizi che sono assolutamente pessimi in educazione fisica, che si rinchiudono dentro l'aula persino durante la ricreazione, che intimiditi nell'ombra si ammazzano di divertimento tipo con gli shogi. Sono proprio quelli. Portano i capelli lunghi e scapigliati con la riga da un lato, o capelli a scodella con terrificanti sfumature alte.  Abbigliati di tutto punto con magliette e calzoni compratigli dalla mammina ai "tutto a 980/1980yen" da Ito-Yokado o SEIYU, con ai piedi scarpe da tennis contraffatte col marchio della R di Regal che andavano di moda un po' di anni fa, caracollanti con gli zainetti gonfiati fino a esplodere, sono loro. E poi, danno l'impressione degli smilzi al limite della malnutrizione, oppure di ridanciani maiali bianchi con le astine degli occhiali metallici inglobate nelle fronte, invece le femmine sono generalmente grasse e coi capelli a caschetto, con delle gambe spesse come tronchi avviluppate nei lunghi calzettoni bianchi. In genere se ne stanno in un angolo della classe, occhi cupi con lo sguardo sempre basso, non hanno neanche un amico, ma questi tizi, che a pensare da dove fossero venuti fuori c'è da spaccarsi la testa, a frotte a frotte erano in diecimila! Per di più, stacupi che sono, solo a trovarsi lì erano super euforici. Tizi che sembravano scimmiottare i costumi di personaggi degli anime, tizi nello stile inquietante dei manga del nostro Azuma, tizi che con un sorrisone ti rompono insistendo nel piazzarti la vendita di fanzine lolicon con ragazzine, tizi che vagano senza meta, mi sembrava che mi stesse per esplodere la testa. E per la maggior parte erano ragazzi e ragazze, principalmente adolescenti di scuola media e superiore.

A pensarci, non è che si tratti solo dei fan di manga al Comike: ci sono tizi che si mettono in fila ad aspettare dal giorno prima dell'uscita di un film d'animazione, tizi che si fanno quasi travolgere vivi sui binari dai Blue Train per assicurasene uno scatto con macchine fotografiche di cui fanno vanto, o tizi che mettono in fila a far bella mostra di sé sugli scaffali gli arretrati di SF Magazine e i volumi costa d'argento e costa d'oro della collana SF di Hayakawa, giovani scienziati con occhiali da fondo di bottiglia del latte che si ritrovano nei negozi di home computer, tizi che vanno alla sessione di autografi di una idol dal primo mattino per assicurarsi un posto, o bambinoni dall'atteggiamento intimidito che una volta terminato di fare i pendolari per studiare in rinomate scuole integrative pomeridiane finiscono come meri scimuniti con gli occhi da sardina, o ragazzotti che se attaccano a parlare di audio sono un po' fastidiosi. E così le persone di questo tipo di norma sarebbero chiamate tipo maniaci, o fanatici appassionati, o al massimo 'la tribù degli ombrosi', ma non è granché preciso. Stavo pensando a come sinora non sia stato stabilito un preciso nome proprio che sintetizzi le persone di questo genere, e possibilmente questo genere di fenomeno esso tutto, e allora beh, d'impronta noi li battezziamo "davoi", e da adesso li riferiremo così.

Di come mai li chiamiamo "davoi", e su qualsiasi dubbio su che cosa significhi "davoi", andremo e rispondere con calma e pienamente dalla prossima volta, però in qualche modo potete averne la sensazione, no? Guardatevi intorno, forza, eccoli eccoli: sono "da-vo-i"...

...e a proposito, voi siete dei "davoi"?

Modificato da Shito
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Considerando poi che il termine è nato e si è sviluppato nella loro società, la loro è l'UNICA considerazione che conta.

Otaku , leteralmente significa "voi", ma riferito a un gruppo a cui il parlante non appartiene.

Può essere rispettoso, ma può arrivare a un freddo "voialtri" ( fonte Prandoni)

Cme ha detto garion il gironalista ha sentito questo termine e lo ha adattato a suo uso e consumo.

Ma tornando a noi: sei convinto che il significato del termine lo possano dare solo i nipponici?

Benissimo.

Perché tu, adulto che guarda anime e colleziona i myth, sei un otaku marcio e perverso ai loro occhi.

perché per loro tutti quelli attaccati a ste cose sono dei deviati.

Praticamente prima dici di non essere un otaku, poi dici che solo i giappi possono decidere chi o cosa è otaku così da contraddirti  da solo .

Chi lo usa diversamente, ripeto, è un povero cretino che non si rende minimamente conto di quello che significa, sia autodefinendosi tale (che però lo rende cretino al quadrato dato che si insulta da solo)

Quindi ti auto-accusi di  essere un cretino al quadrato auto -definedoti otaku  e per di più auto-insultandoti senza rendertene conto ?

Complimenti, un bel risultato. :winner:

 

In sostanza: gli appassionati non hanno inventato il termine otaku. Si davano del tu usando otaku.

Il giornalista ha utilizzato la parola otaku come sinonimo di fissato, dandogli un significato negativo.

Non lo hanno inventato in quanto era una parola già esistente, ma non possimao dire che   sono sempre stati i fan a dare il via all' uso di questa parola ( e poi Mikimoto e Kawamori non sono anche loro fan, anche se professionisti ?) che poi il giornalista ha reso famosa ( perché io è questo che intendevo) ?

Modificato da Zio Sam
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Vedo che non hai afferrato.

 

Otaku , leteralmente significa "voi", ma riferito a un gruppo a cui il parlante non appartiene.

Può essere rispettoso, ma può arrivare a un freddo "voialtri" ( fonte Prandoni)

 

Otaku è il modo in cui inizialmente gli "otaku" giapponesi si davano del "tu", è una forma simile al "vossignoria", che è stato usato e sostantivato poi da "altri" (da qui il mio "il termine è preesistente e poi usato da altri") per dargli l'accezione negativa usata poi come categoria.

E' scritto su, non è quesitone di prandoni.

 

Cme ha detto garion il gironalista ha sentito questo termine e lo ha adattato a suo uso e consumo.

 

E io che ho detto? Si è preso un termine preesistente (otaku, ovvero il modo usato da minmay per dare rispettosamente del voi in Macross) e lo si è adattato in accezione negativa per indicare la categoria gli appassionati di manga e anime nipponici visti come "strani" dalla società (poi peggiorato addirittura in dispregiativo).

Ma gli "otaku" lo usavano per darsi del tu che non mi pare sia l'equivalente dell'indicare genericamente l'appassionato di manga e anime, quanto semplice "tu" detto in modo cortese perchè in tal modo l'ha detto la idol. A occhio credo fosse un gioco o un mème.

 

Ma tornando a noi: sei convinto che il significato del termine lo possano dare solo i nipponici?

Benissimo.

 

Certo. Ma ti manca il pezzo per cui ho detto che otaku è un termine che SOLO i nipponici sanno usare nella sua completezza e che ha senso utilizzare SOLO nel LORO contesto sociale senza esportarlo in altri come fai tu o altri. 

Anche perchè ogni volta si dimostra come siano gli unici che sappiano cosa voglia dire.

 

Perché tu, adulto che guarda anime e colleziona i myth, sei un otaku marcio e perverso ai loro occhi.

perché per loro tutti quelli attaccati a ste cose sono dei deviati.

Praticamente prima dici di non essere un otaku, poi dici che solo i giappi possono decidere chi o cosa è otaku così da contraddirti  da solo .

 

Non è che mi contraddico, è che tu non sai leggere o rivolti le parole degli altri a tuo uso e consumo cambiando il tuo STESSO discorso (ovvero che otaku è il termine originale con cui senza accezione negativa gli appassionati di manga e anime usavano per indicare la loro categoria) .

So benissimo cosa pensano i giapponesi, come indicano determinate persone e PERCHE' quel termine ha raggiunto quel significato.

NON ho detto che è una bella cosa o che è sensata, ma semplicemente che l'unica accezione di otaku che ha senso usare è la loro.

La loro accezione di otaku è un termine NEGATIVO che indica pazzi furiosi in grado di arrivare persino alle minacce di morte.

NON indica semplicemente l'appassionato di manga e di anime, ma il MANIACO ossessivamente fissato e fuori di testa.


Come tale, se uno mi dà dall'otaku, io gli dico "otaku lo dici a tua sorella" perchè NON mi riconosco in quel termine e NON mi riconosco in quello che i giapponesi, spregiativamente, indicano con quel termine, significato che, di nuovo, è l'UNICO che conta.

Tu hai detto che quel termine NON è spregiativo, ma il modo in cui gli otaku chiamavano se stessi e indicava l'appassionato di manga e anime, usato poi dalla società giapponese in modo spregiativo.

Io ho semplicemente detto che questo NON è vero e quindi di NON chiamarmi otaku perchè io lo intendo nel significato con cui lo intendono i giapponesi (l'unico significativo ad avere un senso) e quindi lo prendo come insulto.

 

Ed è la stessa cosa che direi a un cazzo di giapponese che venisse a casa mia a dirmi che sono un otaku, seguito da un sonoro "vaffanculo". Me ne sbatto di quello che la società giapponese pensa io debba fare nel mio tempo libero o delle mie passioni, così come me ne frego di quello che pensa la società italiana (per quanto solo la società italiana possa permettersi di dirmi qualcosa, quella giapponese NO e se ne può andare a farsi friggere da quel punto di vista), ma detto questo non posso pensare che un insulto sia invece una parola positiva e definirmi tale. Ci sono italiani che lo fanno, ma sono persone che non sanno che stanno facendo e usano il termine perchè pare "figo" in quanto estero o per snobismo o addirittura per vittimismo.

 

 

 

Quindi ti auto-accusi di  essere un cretino al quadrato auto -definedoti otaku  e per di più auto-insultandoti senza rendertene conto ?

Complimenti, un bel risultato. :winner:

 

QUANDO mi sarei definito otaku, visto e considerato che ti ho appositamente chiesto di NON chiamarmi così e di NON chiamare così il semplice appassionato di manga visto e considerato COSA i giapponesi intendono con quel termine?

 

Proprio perchè SO cosa i giapponesi usano intendere con quel termine, non mi definisco tale, nè utilizzo quel termine per definire un italiano (uso direttamente il termine pazzo furioso nel caso intenda la stessa cosa) e ho sempre pensato che chi non ne conosce il significato ma gliene da' uno suo insensato è un cretino perchè di fatto si sta dando del "maniaco ossessivo compulsivo degli anime e dei manga che se non gli fanno le cose come vuole lui manda minacce di morte via lettera, etere o internet e si fappa davanti a statuette dei personaggi femminili". Livello che grazie a Dio sono ancora lontanissimo dal raggiungere.

 

Per la cronaca, so benissimo che la mia passione alle persone superficiali e certe volte anche non superficiale può apparire infantile e insignificante e possa portare qualcuno a definirmi immaturo, magari senza nemmeno conoscermi. E' la nostra società, è il modo in cui la gente preferisce catalogare per la propria sicurezza (meglio catalogare che indagare) e io lo accetto come conseguenza delle mie scelte. Sono italiano e questa è la società in cui vivo.

Quindi se mi si vuole definire nerd, immaturo, infantile invece di appassionato di manga e anime, a me va bene, anche perchè ormai non mi tocca granchè e fortunatamente non mi è pesato granchè nella vita.

 

Non accetto però definizioni esagerate e facilone mutuate malamente da altre culture che non hanno nulla a che fare con la mia (quindi non sanno nemmeno della mia esistenza) e non accetto che il primo tizio che passa si permetta di usarle per definirmi vista il loro significato offensivo, molto più offensivo di immaturo o infantile o quel che è.

 

Anche, anzi, PROPRIO perchè so che i giapponesi ESAGERANO usando il termine otaku per insultare chiunque si guardi anime (a prescindere da che tipo di persona sia, in modo superficiale e schifosamente snob per quanto non ignorante in quanto sanno cosa vogliono dire quando lo usano), perchè SO cosa intendono con quell' "otaku", ritengo il termine pesantemente offensivo e gradirei non venisse utilizzato per definire me o un altro appassionato di manga e anime.

Questo perchè l' UNICO significato che ha senso dare alla parola otaku è quello che gli danno i giapponesi, non gli ignoranti occidentali.

 

COME tu abbia fatto a leggere in questo o messaggi precedenti che io mi definisca "otaku" non lo so. C'è solo uno qua che si è definito "otaku", insultandosi di fatto da solo.

Modificato da Fencer
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E' fantastico che zio Sam cita 'il giornalista' quando nel post subito sopra di lui c'è traduzione precisa del testo che -non so se ne sia reso conto- sta citando.

Ovvero, sotto alla fonte primaria totalmente esposta, si continua ad arguire sulla discussione delle fonti di seconda/terza mano.

Ma perché invece che bisticciare su come intendete il termine voi, 'i giapponesi', 'gli italiani', non provate a commentare la forte primaria, per vedere di intenderla profondamente?

 

Che follia...

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E' fantastico che zio Sam cita 'il giornalista' quando nel post subito sopra di lui c'è traduzione precisa del testo che -non so se ne sia reso conto- sta citando.

 

Ovvero, sotto alla fonte primaria totalmente esposta, si continua ad arguire sulla discussione delle fonti di seconda/terza mano.

Ma bisogna vedere se quello che dice quel tizio è tutto vero e attendibile o se non abbia enfatizzato/cambiato  la realtà di allora in  più punti per fare sensazionalismo ( basti vedere come  descrive - in negativo- gli otaku che frequentano la fiera).

Sicuramente di gente strana al comiket le trovi, ma -ehi !-, le vedi anche in qualsiasi manifestazione-concerto-quello che vuoi dove si raduna un sacco di gente.

 

Io non dubito che abbia davvero scritto questo, ma non prendo per verità assoluta quello che ha scritto quel signore lì.

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E' tuttavia il preciso momento in cui il termine 'otaku' è stato messo a battesimo di ciò che a tutt'oggi si indica così.

E' in ogni caso la vera genesi del termine qui in discussione nell'accezione qui in discussione.

Modificato da Shito
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QUANDO mi sarei definito otaku, visto e considerato che ti ho appositamente chiesto di NON chiamarmi così e di NON chiamare così il semplice appassionato di manga visto e considerato COSA i giapponesi intendono con quel termine?

Perchè tu ammetti di guardare da adulto  gli anime  e di collezionare modellini, quindi sei un otaku.

Per i nipponici non esiste altra definizione, vie di mezzo per definire uno con le tue ( o le mie, o di chiunque altro qui dentro)  passioni.

E visto che tu definisci gli occidentali ignoranti nell' usare la parola otaku in maniera diversa da come i nipponici la concepiscono, allo stesso tempo non puoi collezionare i peculiari  prodotti del Sol Levante e definirti diversamente da quello che loro definiscono chi appunto li colleziona/fruisce.

 

Più facile e coerente  di così......

COME tu abbia fatto a leggere in questo o messaggi precedenti che io mi definisca "otaku" non lo so. C'è solo uno qua che si è definito "otaku", insultandosi di fatto da solo.

Otaku  tra gli occidentali non ha quel significato negativo che ha in Giappone.

Siamo in Italia e quindi me ne frego di quello che pensano dall' altra parte del globo , a meno di non avere il cervello lobotomizzato.

Poi c'è chi, per nascondere  un numero elevato di  sciocchezze  dette senza cognizione di causa deve nasconderle sotto un fiume di parole.

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