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Lascio qui un breve commentario dei libri che ho letto quest'estate o giu' di li'.

 

La Societa' Giapponese di Chie Nakane: molto interessante e ben scritto. Dovrebbero leggerlo tutti gli appassionati per avere bene a mente il modello sociale giapponese, che con quello americano c'entra ben poco, sopratutto dal punto di vista aziendale, in cui conta il legame emotivo col gruppo, l'eta' ecc. e il dipendente non viene considerato come un oggetto da scartare via una volta diventato vecchio. L'autrice descrive anche gli aspetti piu' negativi della societa' giapponese animata da una notevole onesta' intellettuale (tant'e' che e' ben cosciente che alcune sue considerazioni potrebbero infastidire un eventuale lettore giapponese).

 

Il Crisantemo e la Spada di Ruth Benedict: confermo quanto detto da Shito in merito al libro.

 

Una religione senza Dio. Satori e ateismo di Hoseki Shinichi Hisamatsu: dalle premesse mi aspettavo un libro sulla religione orientale nel contesto postmoderno e invece mi son ritrovato un classico testo sul buddhismo zen molto astratto e privo d'insegnamenti o osservazioni utili alla vita di tutti i giorni. Non sono cmq un particolare estimatore del buddhismo, pertanto il libro non mi ha entusiasmato piu' di tanto, neanche dal punto di vista teorico.

 

L'Attenzione di Alberto Moravia: un quasi-capolavoro ben scritto e carico di riflessioni. Non si tratta di una critica della borghesia fine a se' stessa, ma di una fredda e lucida constatazione sulla condizione umana. La subordinazione della figura dell'intellettuale ai meccanismi dell'industrialismo e del produttivismo mi ha fatto ancor piu' orrore della volonta' del protagonista di infrangere il tabu' dell'incesto, peraltro con una ragazza costretta dalla madre a prostituirsi in tenera eta'. In questo libro c'e' gia' la descrizione di una patologia fondamentale della societa' attuale, ovvero l'irreale.

 

Psicanalisi della societa' contemporanea di Erich Fromm: questo lo sto ancora leggendo e per adesso lo reputo un capolavoro. Cio' che dice Fromm e' abbastanza vicino al mio modo di concepire la psicanalisi. Mi sa che diventera' il mio psicologo preferito assieme a Jung. Il libro parte da uno studio sul senso d'inadeguatezza indotto dal modello americano, getta qualche sguardo sulla natura umana (senza pessimismi o esistenzialismi di sorta, in modo alquanto imparziale) criticando Freud e riprendendo alcuni particolari degli studi sul matriarcato di Bachofen - e Neumann, aggiungerei, anche se non viene citato - per poi affondare il coltello nelle piaghe di una societa' malata e nevrotica, con statistiche e dati alla mano.

 

In futuro invece leggero' Modernita' Liquida di Zygmunt Bauman, L'Io Diviso di R. D. Laing, Come in uno specchio oscuramente di Eugenio Borgna e La morte volontaria in Giappone di Maurice Pinguet.

Modificato da AkiraSakura
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L'Attenzione di Alberto Moravia: un quasi-capolavoro ben scritto e carico di riflessioni. Non si tratta di una critica della borghesia fine a se' stessa, ma di una fredda e lucida constatazione sulla condizione umana. La subordinazione della figura dell'intellettuale ai meccanismi dell'industrialismo e del produttivismo mi ha fatto ancor piu' orrore della volonta' del protagonista di infrangere il tabu' dell'incesto, peraltro con una ragazza costretta dalla madre a prostituirsi in tenera eta'. In questo libro c'e' gia' la descrizione di una patologia fondamentale della societa' attuale, ovvero l'irreale.

 

Ottimo commento, direi.

 

Ora prova a guardare l'ultimo film di Elio Petri, ovvero Buone notizie, e dimmi se non vedi un'assonanza. :-)

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Tom Davis: Memorie di una mente bruciata

 

Tom Davis è stato autore del SNL prima versione e ha collaborato con tantissime figure di spicco del mondo dello spettacolo di quegli anni in coppia con Franken. Ha raccontato la sua storia in maniera molto lucida nonostante l'assunzione continua di droghe leggere e pesanti. E' stato amico di John Belushi, Jerry Garcia, Timoty Leary e molti altri. 

 

La sua autobiografia è uno spaccato molto divertenti di quel periodo.

 

Mi ha divertito moltissimo e mi ha rattristato leggere, dopo aver finito il libro, che Davis è morto di tumore al collo pochi anni fa.

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Ora prova a guardare l'ultimo film di Elio Petri, ovvero Buone notizie, e dimmi se non vedi un'assonanza. :-)

 

Gia' visto e apprezzato. :)

 

In effetti si', siamo proprio li'. Ma gia' nell'Avventura di Antonioni ci avevo visto tematiche affini al Moravia: la "disattenzione", la crisi, l'alienazione, l'ambiguita' del vero.

 

Il finale de L'eclisse poi e' tutto dire.

Modificato da AkiraSakura
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  • 5 months later...

Ho recentemente letto "Falce e carrello", del buon (anima) di Bernardo Caprotti. Al di là dell'ovvio (sinistra e sindacati = mafia rossa), è splendido il primo capitolo, affresco della società borghese e imprenditoriale lombarda dal primo Novecento al dopoguerra, nei rapporti dinamici con gli States e con la loro mentalità. Interessantissimo. Come, per dire, la biografia di Luisa Spagnoli.

Modificato da Shito
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  • 1 month later...
  • 5 months later...

Quella sorta di 'sporcizia' in senso molto lato ed in qualche modo comune tra Heroic (Conan) e Low Fantasy ( FGM) in effetti puo' suggerirlo.

 

FGM pero' appunto non e' una storia di 'eroi' ^_^

 

Vero, però rimangono entrambi estremamente piacevoli come letture.

 

P.S Ma Conan non dovrebbe essere più Sword and sorcery che Heroic?  

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  • 4 months later...
  • 5 months later...

Sto leggendo IRO IRO, di Giorgio Amitrano, un libro molto bello che consiglio a tutti voi.

 

Chi ha letto qualcuno dei miei sproloqui qui o lì forse saprà con quanta diffidenza (eufemismo) io guardi ai libri "sul Giappone" scritti da occidentali, e con quanta diffidenza (eufemismo) io guardi ai libri dei sapientoni dell'accademia, specie nostrana.

 

E' quindi con vera gioia che ho verificato IRO IRO essere un libro di vera, colta e personale divulgazione, scritto da uno specialista del settore e della cultura del settore che tuttavia parla come il più genuino degli appassionati.

 

Ancora non ho trovato un difetto in questo libro - anzi, forse non mi piace troppo il font con cui è stampato. E questo esaurisce la lista dei difetti. La lista dei pregi, invece, è nutritissima. L'autore, palesemente un grande amante e onestissimo conoscitore della cultura, della società, della realtà giapponese, ne affronta le spigolature senza alcun preconcetto di sorta. Senza mai sbilanciarsi verso visioni saccentemente accademiche, o scioccamente entusiastiche, o spocchiosamente critiche, senza mai neppure rischiare di fare nulla di tutto ciò, Giorgio Amitrano racconta delicatamente ma intensamente la sua decennale esperienza col Giappone, passando da aneddoti personali a spaccati letterari a visioni cinematografiche, esprimendo gli uni nel paragone degli altri, esprimendo quella legiadria pregna di significato che è propria dell'intellettuale vero, ovvero l'intellettuale per cui la cultura è materia intima, non esercizio retorico.

 

Ci sono pagine stringate magari solo introduttive o tangenziali a un capitolo che valgono, dico davvero, interi testi specialistici di studi sociologici e psicologici.

 

Ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere il professor Amitrano in occasione della recente rassegna cinematografica dedicata a Takahata Isao tenutasi in seno al Festival dei 2Mondi di Spoleto, dove eravamo entrambi relatori. Posso spassionatamente dire che la personalità del professore è perfettamente rappresentata dal suo libro. Ed è davvero bello vedere un accademico così affermato saper distinguere, anzi insistere, sulla differenza tra fatti e opinioni, e difendere l'obiettività dei fatti con una forza pari alla delicatezza con cui introduce la soggettività delle opinioni. Così dovrebbe essere, sempre. Per la cronaca, ho schiettamente chiesto al professore cosa pensasse de "Il crisantemo e la spada", e anche lui lo considera a tuttora un testo fondamentale, straordinario e veritiero - a tratti insuperato sulla realtà della mentalità giapponese. Non a caso, anche Ruth Benedict ebbe la sensibilità di leggere la cultura di un popolo scritta tra le righe della sua letteratura, e i conti tornano. Abbiamo poi parlato di Miyazawa Kenji, autore molto caro a Giorgio Amitrano, e per validissimi motivi.

 

Ancora una volta, consiglio la lettura di IRO IRO a tutti coloro che fossero interessati non a epifaniche rivelazioni pseudoscientifiche, ma a pagine di genuina e sentita verità sulla cultura, il popolo, la società giapponese.

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  • 1 month later...
  • 4 weeks later...

Ho poi concluso la lettura di "Iro Iro", di Giorgio Amitrano. Lo consiglio davvero a tutti, ma soprattutto a coloro che conoscono un po' il Giappone, la cultura giapponese. Credo che questo libro sia molto più gustoso senza dover cagionare epifanie nel lettore, perché è così che è nato, come una raccolta di interessanti vignette interculturali sul Giappone. Non è una saccente rivelazione sulla materia, ma contiene davvero degli squarci luminosi, brillanti, veritieri. Soprattutto, molto onesti nell'essere presentati da un punto di vista del tutto personale, per niente accademico.

Aneddoto. Ho deciso che Giorgio Amitrano mi piaceva proprio parecchio durante il primo pranzo che abbiamo condiviso. Entrambi ospiti, c'erano chiaramente altre persone. Giorgio si era già palesato per la persona deliziosamente e delicatamente educata che è. Un tratto caratteriale di certo molto intonato al suo essere un rinomato nipponista. Chiacchierando, ho buttato lì una domanda precisa. Perché la risposta mi interessava davvero, e perché Giorgio era davvero la persona giusta a cui chiedere: Giorgio ha tradotto in prima persona "Una notte sul treno della Via Lattea". Gli ho chiesto, circa: "Scusa Giorgio, mi sono sempre chiesto, tu ritieni plausibile che Miyazawa Kenji conoscesse l'opera di De Amicis? Perché a me il trittico di protagonisti di Ginga Tetsudou no Yoru ha sempre fatto pensare alla triade Bottini-DeRossi-Franti." La risposta di Giorgio, ancorché pacata, è stata nettissima: "Non è che lo ritenga plausibile, ne sono certo perché ne ho le prove". Al che è seguita una breve enucleazione delle stesse. Al che è seguita una ben condivisa statuizione dell'importanza del distinguere fatti da opinioni. E lui era molto convinto della sua opinione, basata sui dati di fatto che mi ha descritto.

Questa cosa mi è piaciuta tanto. Bisogna distinguere i fatti dalle opinioni, ma in effetti non è vero che "delle opinioni non si può discutere". Tutto il contrario: è dei fatti che non si può discutere, perché sono fatti, dati di fatto. Li si può solo documentare. Su quelli si devono basare delle opinioni personali, si deve elaborare il libero pensiero umano, non privo di una componente d'intuizione. E di quello si può, si deve discutere, sempre nel tentativo di affermare il proprio pensiero mentre lo si confronta con quello degli altri, e sempre armandosi dell'onesta cognizione che, potendo venire provati in torto, si potrebbe giungere alla necessità di cambiarlo. Parlate davvero significa mettere in gioco le proprie convinzioni, anche le proprie sicurezze. Quindi è una cosa rischiosa, quindi molte persone – dire la maggioranza – evitano accuratamente di farlo. Peccato.

Così sono rimasto in amichevoli rapporti con Giorgio Amitrano, e durante la lettura del suo libro ho continuato scambiare con lui le mie impressioni in merito. Cosa che lui sembra aver apprezzato oltre che tollerato, e siccome è una persona che mi pare così genuina, la cosa mi pare incredibilmente vera. Ci siamo poi ridati appuntamento e incontrati, cosa che auspico di fare ancora in futuro. Di mio ho sempre avuto conflitti vari con l'accademia, ma questo incontro per me così fortunato ha davvero segnato un raro barlume di speranza a questo riguardo. A tutti voi non posso che consigliare di nuovo la lettura del suo libro, sperando che -come si proponeva durante la presentazione pubblica- ne scriva anche un secondo volume. Siccome mi ha detto che la parola "Ironna" non gli piace, allora gli ho suggerito il titolo "Hodo Hodo". In fondo eravamo lì per una rassegna su Takahata.

Modificato da Shito
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  • 2 months later...

Ho iniziato, giusto perché mi è piaciuto il titolo "Alla fine John muore", di David Wong.

So far, so good... ma è PARECCHIO fuori di testa.

 

Giacché Maximlian mi aveva già consigliato bene nel topico DC, ho deciso di seguire nuovamente il suo consiglio.

Sto andando un po' a rilento a causa degli impegni, ma devo dire che Alla fine John Muore ha preso molto anche me.

Inizia un po' a rilento ma dalla seconda parte in poi migliora molto ed è un crescendo.

Sono dalle parti della fine* e mi piacerebbe iniziare a scogliere qualche mistero piuttosto che continuare a buttare carne sul fuoco, ma non mi posso lamentare

 

 

*

 

 

Quando Dave inizia ad avere vuoti di memoria e vanno a casa di Cetriolo

 

 

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  • 2 weeks later...
  • 3 weeks later...
  • 1 month later...

Ripropongo anche qui un saluto alla saga principale del mio Autore preferito, Sir Terry Pratchett.

Magari può far venire a qualcuno la curiosità e la voglia di imbarcarsi in quest'avventura, cosa che vi consiglio caldamente.

Noli Timere Messorem.

 

La prima volta che sono stato su Discworld è stato diversi anni fa, quasi per caso. 
Amore a prima vista, ovviamente. 
Ci sono tornato ogni volta che ho potuto, ma c'era il problema della lingua, senza considerare che più della metà di quel mondo e delle sue storie non erano accessibili.
Poi ho capito che non sarebbe stato giusto attendere oltre i comodi degli editori italiani. 
E sono ripartito dal principio, da un ingenuo turista che sbarca al porto di Ankh-Morpork con un mucchio d'oro e al fianco un baule semovente (e dal pessimo carattere), che incontra un "wizzard" codardo e incapace, che dovrà fargli da guida.
41 libri dopo, ho salutato -non senza commozione- una giovane strega nel suo nuovo capanno, pronta ad affrontare il futuro.
Nel mezzo ho riscoperto personaggi che pensavo di conoscere, e che si sono rivelati molto più profondi e affascinanti di quanto credessi. 
Ho visto un mondo crescere e trasformarsi da "semplice" parodia fantasy ad un microcosmo coerente, ricco e in continua evoluzione, specchio e metafora del Roundworld in cui ci tocca abitare.
Mi sono deliziato, e a volte scornato, con un linguaggio leggero e complesso come solo i migliori giochi possono essere.
Non posso dire di aver amato ogni singola pagina, ma quasi...
Quello che posso dire è che quando ho letto l'ultimo, implacabile "The End" ho capito che il viaggio, quello vero, quello della vita, se volete, era finito. 
E che a volte, solo a volte e questa è una di quelle volte, è vero quello che si dice: che dei viaggi l'importante non è la meta, ma il tragitto.
41 romanzi (più aggiunte varie) sono stati un viaggio meraviglioso.
Lascio Discworld con la stessa malinconia di quando si lascia la casa dove si è vissuti per anni. Una casa confortevole, accogliente e felice, piena di persone a cui sei affezionato. 
Con la consapevolezza di essere arrivati alla fine, perché tutto deve avere una fine.
Ma ci tornerò, sì. 
So che ogni tanto ci tornerò, per una rimpatriata veloce, per ricordare i vecchi tempi, magari per vedere se è cambiato qualcosa, o magari sono cambiato io...
Sarà bello ritornarci anche da turista.
In fondo, è cominciato tutto così.

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  • 1 month later...
On 2/20/2019 at 5:42 PM, Maximilian said:

Ripropongo anche qui un saluto alla saga principale del mio Autore preferito, Sir Terry Pratchett.

Magari può far venire a qualcuno la curiosità e la voglia di imbarcarsi in quest'avventura, cosa che vi consiglio caldamente.

Noli Timere Messorem.

 

La prima volta che sono stato su Discworld è stato diversi anni fa, quasi per caso. 
Amore a prima vista, ovviamente. 
Ci sono tornato ogni volta che ho potuto, ma c'era il problema della lingua, senza considerare che più della metà di quel mondo e delle sue storie non erano accessibili.
Poi ho capito che non sarebbe stato giusto attendere oltre i comodi degli editori italiani. 
E sono ripartito dal principio, da un ingenuo turista che sbarca al porto di Ankh-Morpork con un mucchio d'oro e al fianco un baule semovente (e dal pessimo carattere), che incontra un "wizzard" codardo e incapace, che dovrà fargli da guida.
41 libri dopo, ho salutato -non senza commozione- una giovane strega nel suo nuovo capanno, pronta ad affrontare il futuro.
Nel mezzo ho riscoperto personaggi che pensavo di conoscere, e che si sono rivelati molto più profondi e affascinanti di quanto credessi. 
Ho visto un mondo crescere e trasformarsi da "semplice" parodia fantasy ad un microcosmo coerente, ricco e in continua evoluzione, specchio e metafora del Roundworld in cui ci tocca abitare.
Mi sono deliziato, e a volte scornato, con un linguaggio leggero e complesso come solo i migliori giochi possono essere.
Non posso dire di aver amato ogni singola pagina, ma quasi...
Quello che posso dire è che quando ho letto l'ultimo, implacabile "The End" ho capito che il viaggio, quello vero, quello della vita, se volete, era finito. 
E che a volte, solo a volte e questa è una di quelle volte, è vero quello che si dice: che dei viaggi l'importante non è la meta, ma il tragitto.
41 romanzi (più aggiunte varie) sono stati un viaggio meraviglioso.
Lascio Discworld con la stessa malinconia di quando si lascia la casa dove si è vissuti per anni. Una casa confortevole, accogliente e felice, piena di persone a cui sei affezionato. 
Con la consapevolezza di essere arrivati alla fine, perché tutto deve avere una fine.
Ma ci tornerò, sì. 
So che ogni tanto ci tornerò, per una rimpatriata veloce, per ricordare i vecchi tempi, magari per vedere se è cambiato qualcosa, o magari sono cambiato io...
Sarà bello ritornarci anche da turista.
In fondo, è cominciato tutto così.

 

Un commento davvero splendidamente scritto. Un piacere da leggersi, davvero.

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