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Eutanasia della narrazione; ieri. oggi, domani chissà


Shuji

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Requiem in tre punti.

"Le storie sono state già tutte raccontate, ciò che conta è come raccontarle"

Questo assunto, iniziale del requiem, circola da un periodo d circa 10-20 anni.

In sé, non sarebbe neanche errato, ma come il diavolo non fa i coperchi, la gente ha iniziato progressivamente ad appropriarsene sempre più per i motivi più errati, così da fotografia di un periodo storico, e' passato ad essere prima una sentenza assoluta per il futuro, e poi ad una scusa autoassolutoria per llmare magnum di gente che non ha un cazzo da raccontare,fino ad una motivazione per copiare senza freni.

"Ciò che conta e' il viaggio non l'arrivo"

Anche questa in sé sarebbe anche corretta, ma anche qua la gente se n'è appropriata in una forma distorta; ossia, il finale di una storia non e' importante; e anche qua specie quelli di prima hanno preso il tutto come che l'unica cosa importante sia uno spunto iniziale non corroborato da alcun tipo di costruzione o motivazione, tanto come finisce una storia non serve saperlo.

"La dittatura della trama"

Questa è per ora l'ultima della serie, anche questa assolutamente condivisibile, dato che come al teatro sussistono sul palcoscenico strutture solo abbozzate, quando solo luci, non si capisce perché tutto in una storia deve essere spiegato.

Ma anche qua, la gente si sta appropriando dell'affermazione estremizzandola in "una struttura non serve"

E no, non ha nulla a che fare con la linearità di una data storia. Qui il concetto e' quello di anti-trama. 

Che a sua volta e' differenziata ad esempio dall'archi trama classica ed altre, e se se ne vuole vedere esempi e' semplice, basti vedere ad esempio il film "l'anno scorso a Marienbad" (L'Année dernière à Marienbad) di Alain Resnais.

Al che, dato che questa terza del requiem all'inizio, e' riferibile anche a questo film, che e' del 1961, il tutto mi fa venire un dubbio.

Ma non e' che questo requiem, in realtà, e' per la memoria, o in senso poco lato, per la progressiva ignoranza di questo scorcio di secolo?

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Interessante, però onestamente ti devo chiedere: "la gente" chi? "Autori" d'essai, o produzioni anche per un pubblico più vasto magari a medio/basso budget, o anche a grandi investimenti? Esponenti della critica cinematografica (se esistono)? Tutti/e costoro? ;)

("L'anno scorso a Marienbad" era quel film con continue carrellate in mezzo a una sala in cui si origlia e spia gente durante una festa e il tutto dà un senso di enigma, o mi sto paurosamente confondendo...?)

Edited by Anonimo (*lui*)
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  • 2 weeks later...

Questo è un thread, un argomento, per me molto interessante.

On 1/21/2024 at 5:16 PM, Shuji said:

Requiem in tre punti.

"Le storie sono state già tutte raccontate, ciò che conta è come raccontarle"

Questo assunto, iniziale del requiem, circola da un periodo d circa 10-20 anni.

In sé, non sarebbe neanche errato, ma come il diavolo non fa i coperchi, la gente ha iniziato progressivamente ad appropriarsene sempre più per i motivi più errati, così da fotografia di un periodo storico, e' passato ad essere prima una sentenza assoluta per il futuro, e poi ad una scusa autoassolutoria per ll mare magnum di gente che non ha un cazzo da raccontare, fino ad una motivazione per copiare senza freni.

 

Trovo tutto questo verissimo, lo sottoscrivo appieno.

Ovvero: che "le storie sono state già tutte raccontate", per me sarebbe anche vero. Intendo, per me questa cosa è vera dai tragici greci. Se ci accordiamo che gli archetipi sono ancora gli stessi di tutte le storie contemporanee, per dire che l'Edipo Re o Ifigenia o le Orestiadi sono sempre  e comunque la base di tutte le tragedie contemporanee che possiamo leggere sulle pagine della cronaca nera di un qualsiasi quotidiano, tutto sommato si capisce anche perché De Chirico facesse delle figure classiche composte da oggetti di postmodernità. Questa cosa l'ho capita infine a casa sua, credo fosse la sua visione della "nostra" (noi mediterranei, classici) modernità: anche noi, possiamo fare delle figure disegnate con pezzi di anime e videogiochi, ma alla fine quello che mettiamo insieme sono sempre le figure di Ettore e Andromaca, per dire. In questo senso, la narrativa da un lato non è che un'opera di spoglio di pezzi di narrative precedenti, archetipali, dall'altro è fatta con materia moderna. Quindi la storia di Sosia potrà avere per protagonista un robot, ma è sempre la storia di Sosia. E gli amori di Zeus potranno avere un tono complottista e per protagonista un multimiliardario di una corporate dell'IT, ma sonno sempre gli amori di Zeus. E di Chrono che si sbrana i figli, laddove prima la stessa cosa era accaduta a suo padre Urano, ben, non voglio neppure dirne. DeChirico, a casa sua, come modello anatomico aveva dei BigJim. Sono serio, li ho visti. E lo stesso è ancora oggi con, che so, il buon Michele Rech [ZeroCalcare]. Anche se le sue storie, o meglio racconti, sono espresse con l'uso di pezzi di postmodernità riciclata, perché quella è il materiale di cui il suo immaginifico è fatto (e i Jedi, e Darth Vader, i Saint Seiya, e il GameBoy...) alla fine sono sempre storie umane: di morte, di perdita, di affetti, di conflitti. Umani. Siamo solo umani.

Assodato ciò (DeChirico diceva che la vera metafisica non erano i suoi quadri, ma le architetture in stile classico a Monaco, e non so se avesse visto il Valahalla vicino a Regensburg), farsene un alibi è una tendenza comune quanto atroce, e qui sottoscrivo ancora una volta Shuji.

PEr citare un autore e una serie che gli piace tanto, Anno Hideaki mise in bocca a KAworu, in una scena aggiunta nell'ep24, una sua propria 8di anno) riflessione originariamente pubblicata nelle sue interviste lunghe su QuickJapan, poi redatte nei due libri SCHIZO e PARANO, ovvero: "Le persone come me, che sono vissute di finzione, non possono creare nulla di nuovo a livello di finzione. Anche quando pensiamo di avere avuto un'idea originale, e ce ne compiaciamo, poi inevitabilmente ci ricorderemo che no, l'avevamo vista in una stria precedente." Allo stesso modo, Kaworu dice ai monoliti della Seele "Gli uomini non possono creare nulla dal nulla, d'altro canto gli uomini non sono dei". Ok, tutto buono. Ma anche così, tra contaminatio e variatio, che sono le due componenti della "fantasia", esiste la capacità di metterci un sentimento proprio. un'emotività propria, una riconsiderazione del proprio personale vissuto, che permette di "aggiornare" gli archetipi e perpetrarli nelle epoche, in una maniera possibilmente genuina.

On 1/21/2024 at 5:16 PM, Shuji said:

"Ciò che conta e' il viaggio non l'arrivo"

Anche questa in sé sarebbe anche corretta, ma anche qua la gente se n'è appropriata in una forma distorta; ossia, il finale di una storia non e' importante; e anche qua specie quelli di prima hanno preso il tutto come che l'unica cosa importante sia uno spunto iniziale non corroborato da alcun tipo di costruzione o motivazione, tanto come finisce una storia non serve saperlo.

"La dittatura della trama"

Questa è per ora l'ultima della serie, anche questa assolutamente condivisibile, dato che come al teatro sussistono sul palcoscenico strutture solo abbozzate, quando solo luci, non si capisce perché tutto in una storia deve essere spiegato.

Ma anche qua, la gente si sta appropriando dell'affermazione estremizzandola in "una struttura non serve"

E no, non ha nulla a che fare con la linearità di una data storia. Qui il concetto e' quello di anti-trama. 

Che a sua volta e' differenziata ad esempio dall'archi trama classica ed altre, e se se ne vuole vedere esempi e' semplice, basti vedere ad esempio il film "l'anno scorso a Marienbad" (L'Année dernière à Marienbad) di Alain Resnais.

Al che, dato che questa terza del requiem all'inizio, e' riferibile anche a questo film, che e' del 1961, il tutto mi fa venire un dubbio.

Ma non e' che questo requiem, in realtà, e' per la memoria, o in senso poco lato, per la progressiva ignoranza di questo scorcio di secolo?

Secondo me i due assunti virgolettati si contraddicono. Ovvero, "Ciò che conta e' il viaggio non l'arrivo", pur espresso in una retorica che trovo orribilmente stantia, per me vorrebbe dire che no, NON è importante "la trama" e come essa va a finire (chi è l'assassino?), quanto ciò che nel dipanarsi delle vicende si mostra di umano, di umanamente significativo. Quindi "La dittatura della trama" per me è semmai il fallimento assoluto. La trama è insignificante. La trama è il mezzo tramite il quale si esprimono le cose umane. la trama è uno strumento. Prendi, che so, un racconto come "La robba" di Verga. Non c'è trama. In "Cavalleria rusticana", per dire, la trama c'è. In "La robba" no. C'è solo una riflessione a posteriori sulla vita di un personaggio, su suo comportamento, sulla sua etica, sul suo fallimento. Sembra davvero un film di Elio Petri spogliato della trama. Spogliato della trama. Ed è perfetto. Infatti, tutto sommato, dopo aver letto "LaRobba" non sento neppure il bisogno di "Mastro Don Gesualdo", che ne è lo sviluppo. MA questo non vuol dire che "la trama" sia per forza male. Vuol dire che non è il fine, mai, ma che spesso serve, serve a dipanare le umane vicende dei personaggi che vivono lungo la trama. Ancora, sempre come zuccherino per te, caro Shu, ma a chi importa se Shinji ammazza o meno Keel Lorentz? Il punto è solo che un depresso a causa dell'abbandono affettivo ha scelto la via della passività, e non riesce a vivere decentemente. Finché non riesce a risolvere il suo conflitto col padre, e affrancarsi dall'idea materna. Ok. Ma questo, in qualche modo, non è Akage no Anne? Certo che sì, non è nient'altro. LE trame sono diverse, sì, ma il contenuto umano non è nient'altro. Ed entrambe le trame erano buone. Timpani verdi o umanoidi violacei, tant'è. Fa lo stesso. Una trama andava bene per il suo medium (libro) e la sua epoca, l'altra per i propri. Ogni trama aveva il suo pubblico. allaa fine tutti noi, nel tempo e nello spazio, mangiamo pietanze diverse. Ma ci stiamo tutti solo nutrendo. Per sopravvivere.

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Ah, credo di capire cose intendi, tipo "le idee sono finite, sono tutti ricicli, sono tutti reboot!", questo tipo di j'accuse?

Personalmente lo trovo un po' superficiale, perché di nuovo: che bisogno c'era di Shakespeare quando avevamo Euripide? In un certo senso, assoluto, avendo l'archetipo non c'è reale necessità del suo aggiornamento, no? Beh, ma Shakespeare parlava ai suoi, e credo lo facesse bene, quindi non è che l'Othello sia a valor zero, second me, perché l'inganno sarebbe piuttosto credere che il valore della narrativa sia nella sua originalità. Ribadisco, non c'è alcun contenuto umano che davvero potrà essere inedito per la civiltà umana, ma non è un problema. Per contro, non credo che il virtuosismo stilistico, di tecnica narrativa, sia un valore per sé: è un valore, ma non è autosufficiente, come a poco vale una bella scatola vuota. Sono sempre un po' preraffaelita, ma credo che l'arte umana debba sempre essere sia ben fatta che pregna di buon contenuto per dirsi arte. Quindi, che so, se domani una giovane autrice pubblica un libro sulle vicende di una ragazza borghesuccia ma spiccatamente intelligente, che si chiude a riccio in un rifiuto di contatto al punto da fraintendere tragicamente un suo pretendente fin troppo simile a lei, per poi innamorarsene drammaticamente, beh... ma non è Pride and Prejudice? Certo che lo è. Quindi sarebbe "solo" la Austen ai tempi dei social? Certo che sì. E qualora ben fatto, ben scritto, sarebbe secondo me ottimo. Perché credo sia sempre bene spiegare i rischi dell'orgoglio, del pregiudizio anche partorito da un'intelligenza vera, ma comunque un po' aprioristico (!). Non è mai troppo tardi per reiterare qualcosa di umano e buono e importante.

Edited by Shito
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Ah, ho capito allora. Le riproposizioni di storie e finzioni più o meno classiche, magari canonizzate, ma "aggiornate" a tendenze culturali contemporanee.

In genere, mi pare una cosa insensata e quindi deprecabile. Voglio dire, ogni cosa è quella che è, ed è figlia della SUA epoca, snaturarla per renderla "aggiornata" a un'altra secondo me non ha senso. Non so se tu sia un estimatore di Mark Twain, neanche io sono Hemingway che riteneva Twain il fondamento di tutta la letteratura americana, ma Jim è lo schiavo di Zia Polly, e l'Indiano è un marrano nonché assassino. Non l'ho scritto io, non è un mio pensiero, è scritto e pensato da Mark Twain, nel suo tempo e nel suo contesto. Amen.

Ci sono ovviamente eccezioni, perché anche un integralismo ortodosso come il mio non è un dogma. Per Esempio, Dahl. L'hai citato tu, e io non ne sono un virtuoso, ma avevo visto Charlie and the Chocolate Factory, regia di Tim Burton, sia in italiano che in inglese, al cinema. Lo trovai un valido film. Poi in aereo vidi la versione filmica "classica" con Gene Wilder, e lo trovai un valido film. E ne vidi le differenze col nuovo. Ma mi parvero, nelle loro differenze, entrambi validi e coerenti con lo stessissimo messaggio. In merito a questo specifico caso, tu che ne pensi?

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