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Fenomenologia dell' otaku : se non la conosci stai molto meglio


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Bel post.

 

Nella mia testa ho sempre suddiviso le generazioni basandomi sulle opere.

 

Generazione 1: Yamato (otaku duri, lettori di libri, grandi narrazioni)

 

Generazione 2: Macross (otaku molli, informatici, non leggono libri, non narrazioni)

 

Generazione 3: Eva (otaku molli, internet, crisi da esplosione della baburu)

 

Generazione 4: Densha Otoko/Suzumiya Haruhi (otaku molli, internet, crisi dei subprime)

 

Generazione 5: Chūnibyō demo koi ga shitai! (non sono già più otaku né molli né duri ma semplici alienati)

Edited by AkiraSakura
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Io distinguo tra gli SF otaku e quelli che con i loro stipendi da informatici compravano OVA (i riccastri stipendiati della Baburu). Tuttavia la "nuova generazione" nata con Eva (tipo Takimoto Tatsuhiko) secondo me è diversa dalla "quarta generazione" o dalla "seconda generazione". Sono già ben più demotivati, più tendenti ad essere hikikomori, magari senza lavoro causa crisi dei subprime.

 

La generazione quarta invece è (in modo molto ipocrita) "integrata" nella società e non ha grandi problemi.

 

Si noti il passaggio da persone che leggevano libri/romanzi SF (metanarrazioni con dell'umanesimo surrogato) a persone che lavoravano col computer o quantomeno che collezionavano dati (senza alcuna necessità di umanesimo).

Edited by AkiraSakura
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2 hours ago, AkiraSakura said:

Io distinguo tra gli SF otaku e quelli che con i loro stipendi da informatici compravano OVA (i riccastri stipendiati della Baburu).

Ma questa categorizzazione non esiste, non ha senso perché si tratta di passaggi diffusi, non c'è un confine. Non è che a un bel momento un esercito passa da essere studente a essere un lavoratore con introiti. Inoltre, la bolla è scoppiata all'inizio dei '90, no? Il che significa che tutto il mondo degli OVA è stato sospinto dai soldi delle famiglie che finanziavano i bambinoni che erano ancora universitari. O tutt'al più galoppini al primo impiego.  Quali "riccastri stipendiati"?

 

2 hours ago, AkiraSakura said:

Tuttavia la "nuova generazione" nata con Eva (tipo Takimoto Tatsuhiko) secondo me è diversa dalla "quarta generazione" o dalla "seconda generazione". Sono già ben più demotivati, più tendenti ad essere hikikomori, magari senza lavoro causa crisi dei subprime.

Anche qui, non capisco a cosa ti riferisci. Eva si indirizzava a otaku di 25+ anni (dichiaratamente). Anno fece Eva per i suoi pari, per di più. Non è che Eva fosse fatto per dei quattordicenni, ma per degli adulti "con una testa da quattordicenni".

Forse tu parli di quel che si generò A SEGUITO di Eva, ovvero un secondo allargamento dell'otakuzoku, simile a quello del boom di Yamato. E infatti per Okada tutta quella gente non è "otakuzoku". Nel 2007 usciva il libro (prima stampa al Comiket di Gennaio, c'ero) "Otaku ha sudeni shinde iru" (Davoi, siete già morti).

 

Quote

Si noti il passaggio da persone che leggevano libri/romanzi SF (metanarrazioni con dell'umanesimo surrogato) a persone che lavoravano col computer o quantomeno che collezionavano dati (senza alcuna necessità di umanesimo).

Qui invece hai fatto un salto indietro al passaggio tra la prima e la seconda generazione, ma siamo ancora nei '90. Ovvero, quando esce Otaku no Video, mica per niente.

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1 hour ago, Shito said:

Quali "riccastri stipendiati"?

Quando ho letto Karl Taro Greenfeld, lui parlava degli otaku della bolla come informatici stipendiati. Un capitolo intero.

 

1 hour ago, Shito said:

E infatti per Okada tutta quella gente non è "otakuzoku".

Ma lui giudica tutto in base alla sua di generazione. Non vuol dire nulla di per sé.

 

Comunque sì, parlo dal pdv degli spettatori, non degli autori.

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26 minutes ago, AkiraSakura said:

Quando ho letto Karl Taro Greenfeld, lui parlava degli otaku della bolla come informatici stipendiati. Un capitolo intero.

[Okada] Ma lui giudica tutto in base alla sua di generazione. Non vuol dire nulla di per sé.

 

La generazione di Okada è stata la generazione dell'otakuzoku. La generazione che ha espresso quella microsocietà-nella-società. Ha ovviamente ragione a dire che gli otaku "sono solo quelli", quel clima sociale di cui parla Nakamori per primo s'è poi estinto molto presto, in Giappone. Dunque parlare di "otaku" dopo e oltre quel momento è già un abuso terminologico (in senso stretto). Non do credito a Okada per quanto ha scritto sugli otaku, ma per avere vissuto - e in primissimo piano - tutto quanto quella esperienza sociale giapponese. Esserne stato un autore e un attore di grande spicco. Non ho letto Greenfeld, ma alla cieca non ne ho particolare desiderio. L?unica personalità che iesco a pensare accanto ad Okada, sl tema otaku, è Hikawa Ryuusuke:

https://www.nippon.com/en/authordata/hikawa-ryusuke/

 

https://www.nippon.com/en/features/h00043/the-evolution-of-the-japanese-anime-industry.html

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On 7/2/2009 at 9:13 AM, Shito said:

Shuji scriveva:

Quote

L'assunto divertente e anche un po' inquietante, che dir si voglia, e' che pare quasi quasi che ci sia una contrapposizione autoreferenziale - originale; si possono benissimo raccontare storie che non abbiano l'assoluta presunzione dell'originalita', senza per questo metterle insieme riferendosi esclusivamente ad elementi pescati dal passato del medesimo ambito mediale.

Non si parla di mettere da parte la contaminatio, quanto di cercare di evitare di riproporre sempre le medesime cose, rimaneggiandole, con l'effetto di rivolgersi sempre al medesimo pubblico.

Se non si esce dal circuito dell'autoreferenzialita', altro che crisi...

Io seguitavo:

Infatti la differenza tra la prima generazione di otakuzoku e le successive sta proprio nell'autoreferenzialità di queste ultime.

Ovviamente una 'prima' generazione non può essere autoreferenziale, perché dietro di sé non ha il sé a cui riferirsi.

Quindi certo Miyazaki, che è uno zero-gen, si riferiva a cosa? Alle sue passioni da otaku per aerei, design, letteratura per l'infanzia europea, letteratura fantasy occidentale. Soprattutto a questo. Quindi contaminatio e variatio, ed ecco che da i romanzi della LeGuin, più un sacco di altre influenze, vien fuori Nausicaä. La creazione culturale è più spesso che no ibridizzazione culturale. Prima di iniziare a esprimersi, si tratta sempre di 'mettere dentro di noi' un bel serbatoio di immaginifico, è del tutto naturalmente umano.

La generazione di Anno (first-gen) aveva nel suo serbatoio un sacco di roba. Principalmente la sci-fi occidentale E orientale, scritta E filmata E animata. Un serbatoio enorme, perché erano otaku (fagocitatori di livello). Quindi quando poi lui ha iniziato a raccontare, dentro c'erano le influenze di Crichton sulla scienza bipenne, soprattutto (un assonanza che per natura deve colpire la mens nipponica, è ovvio), ma anche tutta la filmografia di daikaijuu by Toei. C'era la letteratura di Murakami Ryuu e i film di Okamoto Kihachi. C'era la passione per i treni. C'era tutto questo. Perché erano otaku first-gen con interessi vari, e fondati sul consumo di media vari.

Questa generazione non è autoreferenziale in senso sterile, ovvero parla soprattutto 'agli altri otaku', come creando un dialogo un po' con sé stessi, ma questo è anche naturale per chi abbia un occhio interiore molto sviluppato sulle proprie stesse problematiche psicologiche. Il che potrebbe andare benone. L'autocitazionismo GAiNAX è fanservice di lusso, e autoaffermazione di identità, e non è l'araldo di una sterilità comunicativa. Perché ogni opera GAiNAX non si riduce a quell'autocitazionismo, anzi.

L'autoreferenzialità sterile comincia semmai con la seconda generazione, la generazione di quelli che compravano le VHS e LD a partire – diciamo – dai tempi di Top wo Nerae (fine ottanta, insomma). Consumava quelli E POCO ALTRO, è questo il punto. Gli otaku incominciavano ad avere la pappa pronta, piatti cucinati apposta per loro. E non so quanti di questi siano passati al lato produttivo/creativo, dico fuori dal circolo doujin. Per fare qualcosa di valido, poi, nell'ottica che sottolineava Shuji.

Tutto questo lo scrivevamo 12 anni fa.

In questo thread. A partire dal topic starter. E nel quotarlo non ho cambiato una virgola, ho solo aggiunto l'ultimo grassetto.

Il senso di loop mi pare evidente.

Quando Anno scrisse la sua "lettera di intenti" a motivazione della Rebuild, dichiarò che la ragione per rifare Evangelion era che dopo di quello non c'era stato nulla di "più nuovo" di Evangelion. Se pensiamo a quello che Evangelion ambiva e riuscì ad essere, ovvero una nuova svolta e pietra miliare del media paragonabile a Yamato e Gundam, (cfr. mio thread sulle "fonti giapponesi" del fenomeno), è ben probabile che avesse ragione. Ma quella presa di coscienza è anche una firma su un documento di "fallimento generazionale". Mi viene in mente una canzoncina:

È difficile resistere al Mercato, amore mio.
Di conseguenza andiamo in cerca di rivoluzioni e vena artistica.
Per questo le avanguardie erano ok, almeno fino al '86.
Ma ormai la fine, va da sé, è inevitabile.
 
Ho cambiato una data, quindi cambio anche il titolo: L'otakuzoku ha i giorni contati.
 
Del resto la normalizzazione maggioritaria di una nicchia è la sua dissoluzione, quindi morte: "quando tutti saranno otaku, nessuno lo sarà".
 
In effetti tutto questo era già in nuce nella nausea che mette in scena il DAICON-IV, ovvero Uruseiyatsura2, ovvero Macross. La tartaruga che porta al Castello del DioDrago è la finzione di consumo, la metanarrazione, la quasi-vita. Morte cosciente. Mesmerizzazione. La mesmerizzazione del benessere diffuso, sedativo, intossicante.
 
Capisco quindi Kojève e la sua lettura "snobistica" del rifugio nella metanarrazione "alla giapponese".
Capisco quindi Okada col  suo "Otaku ha sudeni shinde iru".
Edited by Shito
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