Shito Posted December 9, 2009 Author Share Posted December 9, 2009 Darion, vorrei risponderti, e c'ho già provato due volte, ma il forum qui ormai non funziona più neppure con l'ultimo browser con cui riuscivo a farlo andare (IE8)... proverò ancora... Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dairon Posted December 9, 2009 Share Posted December 9, 2009 (edited) E' abbastanza binario: 1) o si crede che esista una concreta importanza maggiore delle opere che reputiamo esteticamente migliori rispetto alle opere meramente "d'evasione" (terminologia orrenda & idiota) 2) o no. Nel secondo caso, mi scuso della digressione e di averlo pensato, e chiudo. Nel primo caso, chiudo ugualmente, perché non se non se ne si è già resi conto, non c'è possibilità io illustri a chi pensa altrimenti che all'universo non frega assolutamente niente se uno si fappa con le doujinshi di Rei futanari, legge Isidoro di Siviglia o dirige una fabbrica. (e nei primi due casi, tutto sommato non cambia molto neanche alla società, tra l'altro) Edited December 9, 2009 by Dairon Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 9, 2009 Share Posted December 9, 2009 (edited) Mi sembra di intravvedere qui, tra troppe citazioni incomprese, il concetto che l'arte (o in generalmente il godimento estetico) non sarebbe scappare dalla realtà quotidiana del "dovere". Che la "vera arte" avrebbe non già un significato, ma un'importanza "concreta". E se è vero che s'espresso questo, beh, è il thread più trollonico del trollonico forum. O almeno, lo spero. Beh diciamo che qui dipende dallo spettatore: se il tizio è una mezzasega può usare anche un capolavoro per evadere ( con Evangelion però non funziona perché è troppo avvilente e cosi gli otaku frignano ), se il tizio è uno serio trarrà anche dalle opere meno pregiate degli insegnamenti concreti per la sua vita pratica. Poi sarei curioso di conoscere questa realtà quotidiana del DOVERE", imho in buona parte dei casi c'è un fondo di malafede che pone dei doveri quando si tratta solo di scegliere contro ciò che hanno insegnato sia meglio. Edited December 9, 2009 by silent bob Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dairon Posted December 10, 2009 Share Posted December 10, 2009 Poi sarei curioso di conoscere questa realtà quotidiana del DOVERE", imho in buona parte dei casi c'è un fondo di malafede che pone dei doveri quando si tratta solo di scegliere contro ciò che hanno insegnato sia meglio. E' precisamente questo il discorso. Trarre simboli arcani, grandi ritratti psicologici ideali o altro non è più importante di distrarsi se non perché "ci è stato insegnato" (o meglio, perché io e te lo preferiamo... di solito). E comunque rigetto il concetto di opera d'evasione. Non c'è nessuna differenza a livello di "evasione" tra un Platone ed una Licia Troisi, mi fanno comunque evadere da questa "valle di lacrime". Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 10, 2009 Share Posted December 10, 2009 Poi sarei curioso di conoscere questa realtà quotidiana del DOVERE", imho in buona parte dei casi c'è un fondo di malafede che pone dei doveri quando si tratta solo di scegliere contro ciò che hanno insegnato sia meglio. E' precisamente questo il discorso. Trarre simboli arcani, grandi ritratti psicologici ideali o altro non è più importante di distrarsi se non perché "ci è stato insegnato" (o meglio, perché io e te lo preferiamo... di solito). Sei tanto sicuro che ci sia stato insegnato ? io vedo un pò il contrario, davvero poca gente all'altezza del proprio pensiero. Mi sento più spesso ripetere frasi beh questo si fa solo nei film/libri, etc. etc. ciò che viene insegnato, oggi. è che l'ideale/utopia si può raggiungere solo sul piano concettuale e non su quello pratico = EVASIONE. P.S. aggiusto il post precedente: 1)un insegnamento pratico si può trarre solo da opere con contenuto, ci si rifaccia quindi a tutti i discorsi di Shito sul contenuto 2) questo contenuto per me è la presenza di una ( almeno quella dell'autore ) o più visioni del mondo ( tramite i personaggi ) all'interno di un opera. 3) se è difficile che una visione del mondo dia istruzioni pratiche precise è certo che se influenza veramente la nostra - il che può accadere solo se l'utente si mette in rapporto con ciò di cui fruisce in modo critico - influenzerà anche le nostre azioni pratiche. - spetta dipende ancora come si legge Licia Troisi ( mai letta, ma sentita nominare ) e Platone. Se uno legge Platone sapendo che non ci sono delle essenze allora non vale niente, se uno legge Platone sperando davvero di trovare l'essenza di bene, piacere, amore, amicizia etc. etc. allora cambia tutto. Dirai chi legge Platone in quel modo ? io lo lessi ( tutto + parecchi studi critici ) in quel modo, certo non avevo neppure 15 anni. Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dairon Posted December 10, 2009 Share Posted December 10, 2009 Sei tanto sicuro che ci sia stato insegnato ? Cercare significati maggiori nelle opere "giuste" (e non in quelle "d'intrattenimento")? Porca puttana se ci viene insegnato! è che l'ideale/utopia si può raggiungere solo sul piano concettuale e non su quello pratico = EVASIONE. Questo è ovvio, e da sempre. 2) questo contenuto per me è la presenza di una ( almeno quella dell'autore ) o più visioni del mondo ( tramite i personaggi ) all'interno di un opera Semioticamente insensato, scusa. E se non vedo come il contenuto non potrebbe essere argomento di semiotica. se uno legge Platone sperando davvero di trovare l'essenza di bene, piacere, amore, amicizia etc. etc. allora cambia tutto. Allora uno può leggere qualunque cosa sperando di trovare quanto chiedi, eh! Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 10, 2009 Share Posted December 10, 2009 (edited) Sei tanto sicuro che ci sia stato insegnato ? Cercare significati maggiori nelle opere "giuste" (e non in quelle "d'intrattenimento")? Porca puttana se ci viene insegnato! è che l'ideale/utopia si può raggiungere solo sul piano concettuale e non su quello pratico = EVASIONE. Questo è ovvio, e da sempre. 2) questo contenuto per me è la presenza di una ( almeno quella dell'autore ) o più visioni del mondo ( tramite i personaggi ) all'interno di un opera Semioticamente insensato, scusa. E se non vedo come il contenuto non potrebbe essere argomento di semiotica. se uno legge Platone sperando davvero di trovare l'essenza di bene, piacere, amore, amicizia etc. etc. allora cambia tutto. Allora uno può leggere qualunque cosa sperando di trovare quanto chiedi, eh! 1) e 2) tutto un discorso, citandolo spezzato 1) tu non lo hai compreso, 2) hai dimostrato la sua giustezza. Non è ovvio che l'ideale - quando con questo s'intende un progetto di esistenza, e prima questo intendevo - sia raggiungibile solo concettualmente. è una grande cazzata con cui i mediocri giustificano la propria mediocrità. Date le condizioni - e molti le hanno - nulla impedisce ad individuo di fare la vita di Don Lope di Tristana o quanto narrato ne La Carne di Marco Ferreri ( cito due tipi di vita che apprezzo ). Peri dire di due modelli di esistenza che apprezzo, forse io come molti, ma a molti piace solo osservarli ... 3) di semiotica non so nulla, spiegami meglio. Tra l'altro scorciando un pò la voce di wiki ho visto facce che m'ispiravano diffidenza, diffidenza che si potrebbe riassumere o volgarmente in grandi fappatori o più finemente in distrazione speculativa e non vado avanti citando gente seria che auspicò roghi di biblioteche per il troppo sapere inutile 4) boh, più la persona ha cervello più pretende nella ricerca di quei valori. Edited December 10, 2009 by silent bob Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dairon Posted December 11, 2009 Share Posted December 11, 2009 (edited) Non è ovvio che l'ideale - quando con questo s'intende un progetto di esistenza, e prima questo intendevo - sia raggiungibile solo concettualmente. Ah, allora dici una cosa diversa. Peccato in generale sia impossibile, perlomeno per l'esempio dei due che conosco, ma vabbè. E assurdo come obiettivo, ma de gustibus. Tra l'altro scorciando un pò la voce di wiki ho visto facce che m'ispiravano diffidenza, diffidenza che si potrebbe riassumere o volgarmente in grandi fappatori o più finemente in distrazione speculativa Tutta la scienza è speculazione, nel senso proprio del termine. Un po' come tutta la letteratura "migliore", mi verrebbe da dire. Curiosamente è meno vero per la letteratura "d'evasione", volgarmente e stupidamente detta. Comunque molto semplicemente un contenuto, parlando in italiano di segni, non è certo un weltschaaung. E' il cartello stradale che ti dice qualcosa (sinonimo di significato). A meno che non ricordi molto, molto male. e non vado avanti citando gente seria che auspicò roghi di biblioteche per il troppo sapere inutile Wassup, Jorge? Buona la Poetica? Oh, io considero ciò che si chiama filosofia negli ultimi due secoli sostanzialmente robaccia. Sparatemi quando vorrà bruciarla, possibilmente prima che proponga i roghi delle persone. 4) boh, più la persona ha cervello più pretende nella ricerca di quei valori. Sto solo facendo notare che secondo il tuo discorso il mezzo attraverso cui lo fa è indifferente. Il che è abbastanza sensato in effetti. Edited December 11, 2009 by Dairon Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 11, 2009 Share Posted December 11, 2009 Tra l'altro scorciando un pò la voce di wiki ho visto facce che m'ispiravano diffidenza, diffidenza che si potrebbe riassumere o volgarmente in grandi fappatori o più finemente in distrazione speculativa Tutta la scienza è speculazione, nel senso proprio del termine. Un po' come tutta la letteratura "migliore", mi verrebbe da dire. Curiosamente è meno vero per la letteratura "d'evasione", volgarmente e stupidamente detta. Comunque molto semplicemente un contenuto, parlando in italiano di segni, non è certo un weltschaaung. E' il cartello stradale che ti dice qualcosa (sinonimo di significato). A meno che non ricordi molto, molto male. beh, si sono i tuoi soliti giochi di parole e il voler non capirsi. Si parlava di contenuti un pò più complessi Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dairon Posted December 12, 2009 Share Posted December 12, 2009 Ah, ma chi lo decide quale è un contenuto "più complesso"? E soprattutto perché esso in virtù della sua complessità dovrebbe essere migliore? Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 13, 2009 Share Posted December 13, 2009 (edited) Ah, ma chi lo decide quale è un contenuto "più complesso"? E soprattutto perché esso in virtù della sua complessità dovrebbe essere migliore? beh, convieni che il contenuto di un cartello stradale sia più complesso di quello di Eva? se no, o sei rincoglionito o vuoi giocare sulle parole, senza offesa eh Non è che è migliore in virtù della complessità però una rappresentazione troppo semplice, chessò, dell'amore o dell'amicizia non tiene conto della reale difficoltà che si ha ad instaurare questi rapporti nella vita pratica ergo per me è inutile. Ed io darei tutti gli anni di vita che mi restano , per vedere solo vedere e non parteciparvi, una cosa tipo Gurren Lagann in cui lo spirito trionfa e trascende le regole del mondo. Edited December 13, 2009 by silent bob Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dairon Posted December 13, 2009 Share Posted December 13, 2009 Spero tu stia scherzando sull'"utilità" come criterio estetico. O anche sulla retorica dello spirito trionfante... probabilmente. Comunque è chiaro che mi riferivo a maggiore/minore complessità nelle opere d'arte. Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 13, 2009 Share Posted December 13, 2009 Spero tu stia scherzando sull'"utilità" come criterio estetico. Il mio discorso trascende chiaramente l'estetica. Anzi il mio primo post non la tocca proprio l'estetica. Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dairon Posted December 14, 2009 Share Posted December 14, 2009 (edited) Bene, ma quindi mi stai dicendo che credi le opere d'arte possano avere come criterio accettabile l'utilità (ma l'utilità a cosa)? Forse è peggio :P Edited December 14, 2009 by Dairon Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 14, 2009 Share Posted December 14, 2009 (edited) Bene, ma quindi mi stai dicendo che credi le opere d'arte possano avere come criterio accettabile l'utilità (ma l'utilità a cosa)? Forse è peggio :P O non capisci o vuoi non capire Nel primo post della serie non ho per niente tirato in ballo l'opera ( d'arte ) in sé ma ho parlato solo dell'utente e del rapporto che questo ha con determinate opere. Da fare una megadiscussione su cosa sia arte o meno non me ne tiene proprio ... La mia utilità, oltre ad essere davvero minima, non dipende dalla sola opera né dal solo utente ma da questi due fattori uniti al modo in cui l'utente si rapporta all'opera. Ed è l'utilità ad un miglioramento pratico dell'esistenza del fruitore. Ti dirò: l'unico modo per mettere nel sacco questo ragionamento è il seguente: che ne sai che la concezione di vita AA successivamente allo studio di x autori modificata in ABA sia davvero peggiore ( per te). Un giorno, in futuro, potresti tornare a pensare - casomai in seguito ad altri studi ed esperienze - che la concezione AA sia la migliore e rimpiangere i 20 anni di vita - tipo dai 20 ai 40 - vissuti secondo la concezione ABA, e 20 anni sono pesanti ( inconsapevolmente il sotteso a ciò è che il fattore che dà valore alle mie scelte è il fatto che io sia mortale ed abbia una vita limitata ) Ok, però abbastanza spesso io devo fare delle scelte, cerco di farle al meglio ( vivere la mia vita al meglio [ per me ] )e quindi mi sembra giusto che usi l'arte - moderatamente - come insegnante. Ovvio non è la sola insegnante. Edited December 14, 2009 by silent bob Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dairon Posted December 14, 2009 Share Posted December 14, 2009 (edited) Nel primo post della serie non ho per niente tirato in ballo l'opera ( d'arte ) in sé ma ho parlato solo dell'utente e del rapporto che questo ha con determinate opere. Mi pareva lo generalizzassi, sennò non criticheresti i gusti altrui, come il farsi piacere la letteratura d'evasione. Ed è questo che mi pare poco sostenibile oggettivamente. Ed è l'utilità ad un miglioramento pratico dell'esistenza del fruitore. Beh, ammetterai che è un po' labile, no? Qui si parla spesso di utilità in rapporto all'estetica stessa, quindi magari avrò pensato male e fatto peccato io. Edited December 14, 2009 by Dairon Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 14, 2009 Share Posted December 14, 2009 (edited) Ed è l'utilità ad un miglioramento pratico dell'esistenza del fruitore. Beh, ammetterai che è un po' labile, no? Qui si parla spesso di utilità in rapporto all'estetica stessa, quindi magari avrò pensato male e fatto peccato io. No no davvero niente estetica qui o almeno davvero poca EDIT, mi spiego: ho detto che nel ragionamento ci sono tre fattori: La mia utilità, oltre ad essere davvero minima, non dipende dalla sola opera né dal solo utente ma da questi due fattori uniti al modo in cui l'utente si rapporta all'opera. Ed è l'utilità ad un miglioramento pratico dell'esistenza del fruitore. Ora, se hai presente la concezione estetica di Shito ( tanto per dire un pensiero che conosci ) l'estetica presente nel ragionamento inerisce solo alla presenza di un contenuto nell'opera. Per esempio Sin City non potrà mai avere quel tipo di utilità perché manca del pizzico d'"estetica" necessario. Al contrario in Evangelion c'è un contenuto che forza lo spettatore a mettersi in quel determinato rapporto con l'opera - ed io vedo l'ostinata negazione del contenuto di Eva come il non volere accettare che esista una verità davvero dura, che casomai riguarda pure l'utente stesso. Ergo Evangelion ha alte probabilità di essere "utile". Edited December 14, 2009 by silent bob Link to comment Share on other sites More sharing options...
Dairon Posted December 14, 2009 Share Posted December 14, 2009 (edited) Ed è l'utilità ad un miglioramento pratico dell'esistenza del fruitore. Beh, ammetterai che è un po' labile, no? Qui si parla spesso di utilità in rapporto all'estetica stessa, quindi magari avrò pensato male e fatto peccato io. No no davvero niente estetica qui o almeno davvero poca EDIT, mi spiego: ho detto che nel ragionamento ci sono tre fattori: La mia utilità, oltre ad essere davvero minima, non dipende dalla sola opera né dal solo utente ma da questi due fattori uniti al modo in cui l'utente si rapporta all'opera. Ed è l'utilità ad un miglioramento pratico dell'esistenza del fruitore. Ora, se hai presente la concezione estetica di Shito ( tanto per dire un pensiero che conosci ) l'estetica presente nel ragionamento inerisce solo alla presenza di un contenuto nell'opera. Per esempio Sin City non potrà mai avere quel tipo di utilità perché manca del pizzico d'"estetica" necessario. Al contrario in Evangelion c'è un contenuto che forza lo spettatore a mettersi in quel determinato rapporto con l'opera - ed io vedo l'ostinata negazione del contenuto di Eva come il non volere accettare che esista una verità davvero dura, che casomai riguarda pure l'utente stesso. Ergo Evangelion ha alte probabilità di essere "utile". Mi pare alquanto soggettivo e aleatorio, questo percepito rapporto necessario solo in uno degli esempi. Edited December 14, 2009 by Dairon Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 28, 2009 Share Posted December 28, 2009 (edited) Shito, non ricordo a che proposito, nel topic politica ha nominato Julien Sorel riferendosi a lui come uber-fallito. Io, leggendo la cosa nel seguente modo l’ho trovata molto appropriata: uber-fallito perché non ha avuto alcun pregiudizio morale ma ha anche fallito nella sua etica vagamente nietzscheana del successo. Ora secondo me esiste un dualismo tra etica dei principi ed etica del successo. Anche esistenzialisticamente parlando! Ora mi spiego. Il dualismo classico è così: Etica dei principi: se rispetto i principi morali sono giusto e degno di felicità anche se difficilmente felice, e, come direbbe Kant, dovrebbe ( si noti il condizionale ) anche esistere un’al di là in cui sarò sicuramente felice. Etica del successo: non esistono principi morali nulla vieta che aspiri al successo. È vero che se non esistono principi morali non esistono neppure valori e quindi neppure fini=successi. In tal caso penso che la cosa più coerente sia successo come una soddisfazione di volontà di potenza mista ad un edonismo, casomai raffinato che contempli anche ma non solo i piaceri del corpo. Ora io la vedo così: a secondo dei principi che ci si pongono, anche esistenzialisticamente, si aderisce paradossalmente ad una delle due morali.Ecco degli esempi: Principio: amare una donna di amore folle o la vita non è degna di essere vissuta = etica dei principi con alte probabilità di fallimento. Principio: fare una bella esistenza, a.k.a. a seconda dei gusti o 1) lo sciapallo single ( tipo Hugh Grant in About a Boy, casomai con una sciapallagine filosoficamente fondata ) 2) il bel maritino ( lavoro borghese, una moglie che si ama [ ma si noti come qui è in mezzo alle altre cose ], tranquillità e relativi piacerucci economici ). Secondo me, anche se entrambe hanno un principio, se ci si sottopone alla prima etica ( parlo delle ultime due ) ci si sottopone forzatamente alla logica dell’etica dei principi. Se ci si sottopone alla seconda a quella dell’etica del successo. Ora c’è un problema: in entrambi i casi si hanno elevate possibilità di subire uno scacco [ aggiungo anche che scrivere o leggere con interesse etico queste cose è segno che lo scacco è assicurato con un’etica del successo ]. Ora espongo i due scacchi ma voglio che prima si tenga presente quest’etica della felicità, che spiega il paradossalmente usato prima: Un essere umano deve sempre ricercare la felicità, che può essere accordo tra corpo e spirito o altro, ma cmq la felicità. Ed è ovvio che vale più una settimana- per non dire un giorno - di felicità che una vita di non felicità, cosi come è ovvio che il principio 2 identifica felicità o con divertimento o con tranquillità. Ecco gli scacchi: Etica esistenzialista del principio: difficile che si riesca ad amare follemente, resta cmq il concetto dell’angoscia a guastare tutto [ nota ad esempio la categoria dell’umorista in K come superiore all’etico, insieme al religioso, per il solo fatto di sapere che nella vita è insita la sofferenza ] Etica esistenzialista del successo: imho se si è seri espone allo scacco. Provato tutto - ovvio tutti i tipi di piacere. Esempio spicciolo: ho goduto al Gods Of Metal 2008 ma devo ancora provare quello 2010, eh no in fondo è lo stesso tipo di godimento - ci si arrende alla disperazione di K. Avete presente come inizia la terza dissertazione della Genealogia di N: è meglio volere nulla che non volere. Poi però scrive altre 60 pagine per il pubblico duro di orecchie, ma Bob aveva capito alla prima pagina. Ecco non si sa più dove indirizzare i propri colpi, si finisce nella contraddizione di quest’etica: se non ci sono valori nulla è eleggibile, sceglibile. I piaceri fisici - che quelli artistici dopo un po’ vengono a disgusto - non reggono a lungo se si ama Evangelion o quei concetti lì. Ora ho finito da poco Camus e, mi pare in uno dei saggi de Le Nozze o de L’estate, dice che trova ingenua l'ambizione di un Julien Sorel ma si spaventa dinanzi a quella di un Nietzsche … E poi la cit. di Pindaro nel Mito di Sisifo : Non aspirare all’immortalità ( all’impossibile ) ma esaurisci il campo del possibile. Ovvero accontentati di un’etica, casomai esistenzialista, del successo - che sia da sciapallo o da maritino non importa. Voi che ne pensate? Edited December 28, 2009 by silent bob Link to comment Share on other sites More sharing options...
Shito Posted December 28, 2009 Author Share Posted December 28, 2009 (edited) Silent, hai letto troppo nel mio scritto del caso. Leggerò con attenzione il tuo, ma prima permettimi di illustrarti la semplice riflessione che c'era dietro alla mia allusione. Il bravo protagonista de Il Rosso e il Nero è un vero socialista intellettuale, si direbbe. Viene 'dal popolo' e ama la lettura, odia l'ignoranza che è parte del suo retaggio (il padre che gli fa cadere il libro nel fiume ne è simbolo, IIRC), e ha 'alti ideali' di tipo meritocratico individuale. Non scomodiamo Nietzsche. E' il tipo di francese che ricorda gli ideali della rivoluzione francese, che era socialismo minimalista reale, si potrebbe ben dire menscevichismo. Ovviamente, il nostro Julien, che si direbbe 'rosso', ha una ruggine contro il 'nero'. Il nero rappresenta ciò che al tempo stesso lui odia (la baronia 'padronale' dell'ancieme regime, con il suo parossistico rituale, la sua falsità), ma al tempo testo qualcosa a cui lui ambisce: quella ricchezza alla quale lui si sentirebbe di accedere di diritto in base al giudizio etico delal sua 'genunità'. Cosa accade? Accade che, immesso nella scalata sociale, Julien diverrà peggio. Peggio di tutti. Peggio del padre ignorante, peggio dei 'vecchi neri'. Macchiato di orribili delitti, reo di avere calpestayo l'onestà del sentimento pure genuino che gli ra stato rivolto da varie parti, alla fine, condannato e rimasto solo nel suo abbruttimento etico, come un pazzo non potrà che gridare 'carogne' a tutti. Era Julien 'cattivo'? Ma come, non era 'buono'? Come funziona? Non erano 'buoni' i rossi, e 'cattivi' i neri? Julien è un'eccezione? E forse il sinbolo di come il 'male' possa corrompere anche il 'bene'? Credo che questo magnifico messaggio di Stendhal incornici meravigliosamente il fallimento dell'ideale socialista. Miyazaki disse: il sogno dell'uomo è stato il socialismo. Come risultato, si è avuto un fallimento. L'uomo deve accettare questo fallimento. Essenzialmente, io credo che il socialismo sia il sogno dell'uomo che si crede migliore di quel che può essere, come singolo e come razza. La testa di Robespierre cadde sotto la stessa lama che staccò quelle di Luis XVI e Marie Antoinette. E quando, più a Est, pensarono per questo che il menscevichismo fosse epic fail sin da principio, pure il socialismo massimalista aka bolscevichismo sappiamo come finì. Perché, essenzialmente, io credo che ogni uomo abbia una vita, uno stomaco e -se è fortunato- gli Affetti Speciali di una singola vita. Tale è la dimensione di ogni uomo, e chi pensa di trascenderla è un autoingannato pazzo. Gli ideali sono cose dei poveri, per dirla in termini bruti, perché sono la consolazione dei poveri: non avendo beni materiali, ci si consola con l'autoinganno di possederne di spirituali. Ma è un autoinganno, appunto: divenendo ricco, il povero si avventrebbe sul banchetto come il ricco, anzi peggio, avendo in luogo della tradizione, dell'educazione della ricchezza solo una fame regrezza e un fegato colmo di livore. A questo proposito ti consiglio anche l'assai interessante "L'attenzione", di Moravia, da me ribattezzato 'Il Nero e il Rosso'. E infine, torando al singolo Soriel, conosci la favola dell'agnello che stanco che il suo gregge fosse vittima dei lupi, volle farsi lupo? Andò a cercare il branco di carnivori, e sprezzante dichiarò la sua intenzione. L'anziano capobranco, sorpreso, lo prese in simpatia e l'allevò. La prima cosa che gli disse, però, come un monito, fu: tu sai cosa significhi essere agnello, ma non puoi sapere ancora cosa significhi essere lupo. Comunque, crescendo tra i lupi, l'agnellino divenne un terribile ariete da combattimento. Nei muscoli, nello sguardo da predatore, nell'indole ferina. Tornò al vecchio gregge, infine, convinto di poter infine ergersi a difesa dei suoi. Ma quelli, indovina un po', non lo riconobbero più come 'dei loro'. Lo temevano, e lo rifiutarono. Lo scacciarono. E così, non lupo e non più angello, il nostro rimase solo. Giuro che mi aspettavo di sentirlo gridare "carogne, carogne, carogne!" nell'ultima scena. (E le persone mie conterranee che dopo che Dio, ovvero un terremoto, gli ha distrutto la casa ma dopo 24h avevano un casa di plastica -o un hotel gratuito, o altro- dove passare la notte, e entro Natale non erano neppure più in tenda, non hanno da ringraziare Dio, e neppure la 'bontà' di Silvio Berlusconi. Devono ringraziare solo che Silvio Berlusconi sia egotico abbastanza da voler fare qualcosa per 'essere ricordato' dalle masse. Io al suo posto vivrei ben nascosto, si capisce. E nel fare il mio bene non farei il bene di alcuno che dei miei Cari. Lui, nel fare il suo egotico bene, ha fatto il bene di parecchi. Ma non è che sia buono. O cattivo. Ma non ci sono buoni e cattivi, lo sai. Ci sono solo vite singole, con i desideri, i bisogni, gli amori e gli odii propri di vite singole. Tale è la dimensione umana. Tutto scorre con la corrente.) Edited December 28, 2009 by Shito Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 28, 2009 Share Posted December 28, 2009 (edited) Andrebbe messo come P.S. però te lo dico subito: il post non era su Il Rosso e Il Nero la cit. era solo un appiglio. Ora torno al romanzo: Io non sono un conoscitore di Stendhal, di cui ho letto solo il suddetto e La Certosa di Parma, quindi possibile che ora dica una cazzata ma, anche dando un’occhiata alle date, il socialismo imho non c’entra niente e, sinceramente, mi sembra un delirio vedere qualcosa della favola dell‘agnello in Sorel ( cmq è davvero molto bella e ti ringrazio per averla scritta dato che non la conoscevo ). Il libro lo ricordo sinceramente poco - pensa lo comprai bambino a Roma quando mi portarono in un vecchio parcogiochi ormai cadente dove c’era uno con un telone per terra a vendere libri [ il parcogiochi faceva schifo ma sembrava uscito da un cartone e il ricordo è indimenticabile XD ] - però mi sembra più giusta questa come lettura: Julien prende come padre putativo una specie di bonapartista che viveva li vicino, che gli instilla la passione per l’esercito e la vita militare = rossa, come da classica interpretazione. Poi però, quando arriva alla sua età della ragione, a.k.a. dell’azione, non è più tempo di salire la scala sociale con le belle geste di Napoleone. Ora Julien, che è anticlericale e orgoglioso, accetterà di abbassarsi per tentare questa scalata, metterà il successo davanti alla sua morale, ai suoi ideali? Decisamente si dato che si abbassa fino all’odiato abito nero e agli intrighi. Quindi accetta un etica del successo, però la sorte gli gioca un brutto scherzo e fallisce. Quell’uber lì mi aveva spinto verso N, che dalla lettura di sopra mi pare giustificato. Ed ecco la tua allusione al Rosso e il Nero nel topic politico mi sembrava più un far notare che come allora la scalata con il Rosso è sempre più bella e ammantata di ideale che quella col Nero. Questo invece lo sottoscriverei pure: Ovviamente, il nostro Julien, che si direbbe 'rosso', ha una ruggine contro il 'nero'. Il nero rappresenta ciò che al tempo stesso lui odia (la baronia 'padronale' dell'ancieme regime, con il suo parossistico rituale, la sua falsità), ma al tempo testo qualcosa a cui lui ambisce: quella ricchezza alla quale lui si sentirebbe di accedere di diritto in base al giudizio etico delal sua 'genunità'. Come anche il seguente: Perché, essenzialmente, io credo che ogni uomo abbia una vita, uno stomaco e -se è fortunato- gli Affetti Speciali di una singola vita. Tale è la dimensione di ogni uomo, e chi pensa di trascenderla è un autoingannato pazzo. Gli ideali sono cose dei poveri, per dirla in termini bruti, perché sono la consolazione dei poveri: non avendo beni materiali, ci si consola con l'autoinganno di possederne di spirituali. Ma è un autoinganno, appunto: divenendo ricco, il povero si avventrebbe sul banchetto come il ricco, anzi peggio, avendo in luogo della tradizione, dell'educazione della ricchezza solo una fame regrezza e un fegato colmo di livore. ho sempre avuto questo sospetto verso la snobberia e l’intellettualità della “sinistra” e qui ti rispolvero N anche se casomai mi ridirai che è eccessivo: Sono i potenti che danno i nomi, innanzitutto i forti si chiamarono guerrieri, poi i sapienti, deboli fisicamente ma buoni di cervello, s’accontentarono di chiamarsi sacerdoti. Ed ecco, aggiunta mia, cazzate come la penna ferisce più della spada. Come anche mi fanno schifo frasi, dette da poveri di forza/denaro e forza/intelligenza, che esaltano, non si sa su cosa, la bontà popolana. Però ecco il tuo ragionamento è giusto a metà: si possono disprezzare i vantaggi della ricchezza anche potendone fruire e fruendone, perché ecco, ad esempio, c’è una bella differenza tra il farsi una sportiva vera a 18anni per fare bella figura dinanzi agli altri o cose simili o giusto per il gusto di doppiare i limiti di velocità, ché tanto gli altri son gente con cui si venera i valori spirituali e ai beni materiali ci si bada per quel che sono, ovvero indici della qualità della vita dell‘individuo ma non della qualità dell‘individuo. Anche se pure questa qualità della vita non andrebbe valutata troppo … Intendo, anche buono tutto quel che hai detto tu, non si può apprezzare Evangelion ed essere soddisfatti di estetismo alla About a boy. Questo ad esempio è effetto di Eva sulla vita pratica. Edited December 29, 2009 by silent bob Link to comment Share on other sites More sharing options...
Shito Posted December 29, 2009 Author Share Posted December 29, 2009 (edited) Riprendendo dal precedente. Ora secondo me esiste un dualismo tra etica dei principi ed etica del successo. Anche esistenzialisticamente parlando! Ora mi spiego. Il dualismo classico è così: Etica dei principi: se rispetto i principi morali sono giusto e degno di felicità anche se difficilmente felice, e, come direbbe Kant, dovrebbe ( si noti il condizionale ) anche esistere un’al di là in cui sarò sicuramente felice. Etica del successo: non esistono principi morali nulla vieta che aspiri al successo. È vero che se non esistono principi morali non esistono neppure valori e quindi neppure fini=successi. In tal caso penso che la cosa più coerente sia successo come una soddisfazione di volontà di potenza mista ad un edonismo, casomai raffinato che contempli anche ma non solo i piaceri del corpo. Io credo che queste due forme di di 'etica' siano parimenti 'estetiche', sempre parlando con K. Infatti, credo che la vita 'etica' di K sia in realtà una vita estetica cammuffata. Come ti dicevo, non credo che possa esistere una vera etica né senza lo 'stadio morake (saltandolo), né 'superandolo'. Perché in effetti allora l'etica diviene una forma di narcisismo psicologico, ovvero compiacimento superegotico, ed è sempre una forma di appagamento estetico onanista, se ci pensi. Ora vorrei anche far notare che nella 'etica dei principi' sopra esposta si tratterebbe di sapere CHI detta 'i principi morali'. Perché se la morale è individualmente autodeterminata, allora la suddetta 'etica dei principi' può non solo equipollere, ma proprio risolversi nell'etica del successo. Che poi altro non è che una forma di a-morale edonista di stampo tipico ('filosofia' decadentista, dandy, quel che vuoi). Ora io la vedo così: a secondo dei principi che ci si pongono, anche esistenzialisticamente, si aderisce paradossalmente ad una delle due morali.Ecco degli esempi: Principio: amare una donna di amore folle o la vita non è degna di essere vissuta = etica dei principi con alte probabilità di fallimento. Principio: fare una bella esistenza, a.k.a. a seconda dei gusti o 1) lo sciapallo single ( tipo Hugh Grant in About a Boy, casomai con una sciapallagine filosoficamente fondata ) 2) il bel maritino ( lavoro borghese, una moglie che si ama [ ma si noti come qui è in mezzo alle altre cose ], tranquillità e relativi piacerucci economici ). Secondo me, anche se entrambe hanno un principio, se ci si sottopone alla prima etica ( parlo delle ultime due ) ci si sottopone forzatamente alla logica dell’etica dei principi. Se ci si sottopone alla seconda a quella dell’etica del successo. Mi sembra invero un ragionamento del tutto folle. Ovvero, la prima cosa mi sembra una romanticata random, ma è comunque una forma di 'vita estetica'. Da dove viene l'idea che la vita 'debba essere degna di essere vissuta'? Da dove viene l'idea che questa cosa sia un principio etico? Non vi è nulla di nobile in questo. Già considerare la *propria* vita come u centro di 'potenziale dignità' (come valore assoluto) è narcisismo puro, direi. Terribilmente, nel secondo caso riduci il tutto a una vita ancora estetica di tipo edonista (tipo1) o a una vita che direi 'pseudo morale' (perché come argomentavo prima sembra narcisismo filosofico-intelletuale, quindi è comunque sporcata di estetica). Ora c’è un problema: in entrambi i casi si hanno elevate possibilità di subire uno scacco [ aggiungo anche che scrivere o leggere con interesse etico queste cose è segno che lo scacco è assicurato con un’etica del successo ]. Ora espongo i due scacchi ma voglio che prima si tenga presente quest’etica della felicità, che spiega il paradossalmente usato prima: Un essere umano deve sempre ricercare la felicità, che può essere accordo tra corpo e spirito o altro, ma cmq la felicità. Ed è ovvio che vale più una settimana- per non dire un giorno - di felicità che una vita di non felicità, cosi come è ovvio che il principio 2 identifica felicità o con divertimento o con tranquillità. Mmmh... su questo potrei concordare. Ma cosa intendi per 'felicità'? Io per felicità intendo piuttosto la 'serenità', ovvero un senso di pace e al tempo stesso 'correttezza dell'essere'. Ma questo punto è fondamentale, un po' come tradurre 'bonheur' quando si cerca di capire la migliore filosofia illuminista. Salto gli scacchi perché mi sembrano argomentazioni già troppo autoreferenziali, perdonami. Qui dovrei ora scrivere di tutto il mio pensiero esistenzialista, eho l'ardire e la presuzione di pensare che interesserebbe almeno te. Ne ho la forza? Non credo. Comunque, nel mio caso tutto parte da un nichilismo reale. (E nota bene che il mio pensiero esistenzialista è una cosa valida per la sola mente maschile). Ovvero, credo che tutto si rompa quando l'individualismo intellettuale (puro) e morale (pratico) si scontra con il muro del nonsenso della vita e dell'esistenza umana essa tutta. Ciò, ovvero l'angoscia che ne determina, getta l'uomo o nell'autoinganno (religione, superstizione, qualsiasi tipo di fine eterodeterminato che tu voglia) o in una volontà di potenza (desiderio, tentativo di autodeterminazione del sé e dei propri fini). Tuttavia, anche nel caso 2, tutto fi sgretola sempre per la mancanza di un postulato. Di un 'fine di base', perché anche determinando i fini all'INTERNO della propria esistenza, essa stessa è insensata, ovvero priva di un fine fondamentale. Quindi anche i tentativi di autodeterminazione portano all'angoscia, e ricordo di un grosso baraccone filosofico che cercava di autoconvincersi del contrario finito a mal partito sotto un cavallo a Torino, mi pare, perché come tu capisci l'eudemone che predica una dottrina la deve innanzitutto vivificare rendendosene il primo adepto. Indi Cristo (in croce) 1, Federico (sotto il cavallo) 0. La mia idea è che la vita sia per la vita. E anche se gli uomini (maschi) proprio non riescono ad accettare questo fatto, è proprio così. La risposta è ovviamente nella complementarità con quegli esseri odiosi, ma al tempo stesso tristi e indi amabili, che sono le donne. Loro sono la vita. In questo, le une come l'altra possono essere abbracciate, ma non *comprese* (in senso maschile/logotico) appieno. Perché il mistero della vita e della femminilità (che è lo stesso) è in quella goccia di insensatezza che è alla base del tutto. E' per questo che la misoginia reale, anhe la più intellettuale, puzza di morte. Quindi è implicito che l'unico 'senso' (se di senso si può parlare), ovvero 'appiglio alla vita' che un uomo possa trovare è nella sua complementare metà, ovvero in quella stessa complementarità. Che poi è quello che Macross insegna, no? Beh, poi ci sarebbe anche tutta la mia filosofia sessista, dico nel dettaglio, con dicotomie e giustapposizione speculari e cose, etica e morale sentimentali e persino amorose incluse, ma credo che i capelli di Dairon si siano già rizzati abbastanza sino a questo punto. Edited December 29, 2009 by Shito Link to comment Share on other sites More sharing options...
silent bob Posted December 29, 2009 Share Posted December 29, 2009 Mi sembra tutto più o meno giusto/sensato avrei da ridire solamente sul seguente: Quindi anche i tentativi di autodeterminazione portano all'angoscia, e ricordo di un grosso baraccone filosofico che cercava di autoconvincersi del contrario finito a mal partito sotto un cavallo a Torino, mi pare, perché come tu capisci l'eudemone che predica una dottrina la deve innanzitutto vivificare rendendosene il primo adepto. Indi Cristo (in croce) 1, Federico (sotto il cavallo) 0. è vero che di una dottrina ci si deve rendere il primo adepto. Ma se parliamo di filosofia personale - come si faceva - il termine adepto mi sembra improprio, visto che richiama l'idea di voler fare seguaci e tanti. Io credo che tutti abbiano una "filosofia personale" - ovvero un pensiero guida che li indirizza nelle loro azioni - la differenza casomai tra chi ci pensa parecchio sopra e chi no è che il primo è cosciente sia dell'"esistenza" di questo pensiero guida sia delle modificazioni che egli apporta su di esso/il pensiero guida subisce. E se si acquisisce maggiore coscienza delle proprie intenzioni si è anche più coerenti negli atti, immagina uno che deve correre da A a B, chi sa con precisione dove sia B ed è decisamente cosciente di questo "deve correre" andrà spedito a B, chi invece non lo sa farà la strada a zig-zag e senza fretta. Ovvio che il rischio di cancellare B nel corso della riflessione è alto. Link to comment Share on other sites More sharing options...
Eymerich Posted December 29, 2009 Share Posted December 29, 2009 Perché, essenzialmente, io credo che ogni uomo abbia una vita, uno stomaco e -se è fortunato- gli Affetti Speciali di una singola vita. Tale è la dimensione di ogni uomo, e chi pensa di trascenderla è un autoingannato pazzo. Gli ideali sono cose dei poveri, per dirla in termini bruti, perché sono la consolazione dei poveri: non avendo beni materiali, ci si consola con l'autoinganno di possederne di spirituali. Ma è un autoinganno, appunto: divenendo ricco, il povero si avventrebbe sul banchetto come il ricco, anzi peggio, avendo in luogo della tradizione, dell'educazione della ricchezza solo una fame regrezza e un fegato colmo di livore. Considerando che il tizio che ha cercato di farsi saltare in aria su di un aereo di linea appena pochi giorni fa proveniva da una famiglia ricca e colta, mi pare che i fatti smentiscano questa teoria.. Link to comment Share on other sites More sharing options...
Shito Posted December 29, 2009 Author Share Posted December 29, 2009 Perché, essenzialmente, io credo che ogni uomo abbia una vita, uno stomaco e -se è fortunato- gli Affetti Speciali di una singola vita. Tale è la dimensione di ogni uomo, e chi pensa di trascenderla è un autoingannato pazzo. Gli ideali sono cose dei poveri, per dirla in termini bruti, perché sono la consolazione dei poveri: non avendo beni materiali, ci si consola con l'autoinganno di possederne di spirituali. Ma è un autoinganno, appunto: divenendo ricco, il povero si avventrebbe sul banchetto come il ricco, anzi peggio, avendo in luogo della tradizione, dell'educazione della ricchezza solo una fame regrezza e un fegato colmo di livore. Considerando che il tizio che ha cercato di farsi saltare in aria su di un aereo di linea appena pochi giorni fa proveniva da una famiglia ricca e colta, mi pare che i fatti smentiscano questa teoria.. Cosa centra ora il senso di vuoto esistenziale e l'esaltazione che l'eco di un fine eterodeterminato (già citata religione, superstizione, et similia) può generare in esso? Link to comment Share on other sites More sharing options...
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