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Pregi e difetti del fandom


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Ciao, apro questa discussione per parlare dei pregi e dei difetti del fandom, sperando che la discussione possa tenere una piega seria e matura e nessuno si senta attaccato nel personale, perché parliamo ovviamente in generale e non di una persona specifica.

Nel corso degli anni abbiamo visto che il fandom è, consciamente o inconsciamente, portatore di alcuni valori, che spesso sono conservatori. L'abbiamo visto tante volte, qui in Italia - correggetemi se sbaglio - l'ultima è stata con il ridoppiaggio di Cannarsi. Il nuovo viene accolto con timore e titubanza mentre il vecchio viene elogiato anche se presenta degli errori.

Ora, non apro questa disccusione per parlare nello specifico di quell'episodio, penso se ne sia parlato già abbastanza, ma perché c'è qualcuno che dice con forza NO a questo tipo di comportamenti. Ed è questo confronto di opinioni che ho trovato interessante e che mi piacerebbe discutere con voi, ma andiamo con ordine.

Alcuni lo sapranno, altri no, ma i nostri colleghi di fandom dei comics americani (chiamo colleghi perché alla fine manga e comics americani sono sempre fumetti!) stanno vivendo ormai da qualche settimana un vero e proprio comicsgate, in cui ne sono successe di tutti i colori.

Cercando di riassumere il più brevemente possibile, tutto inizia quando la Marvel pubblica i nuovi eroi delle loro serie, e vengono svelati in un video.
Questi eroi sono:
- Un nerd con il potere dell'internet gas
- Un gay nero coi capelli rasati rosa
- Una lesbica nera coi capelli rasati azzurri
- Una cicciona

Purtroppo però, questi nuovi eroi non sono stati accolti per niente bene dal fandom. Il video di presentazione ha quasi raggiunto i 200mila "non mi piace" contro circa 3mila "mi piace".
Questo ha suscitato le ire della Marvel, che ha sì promesso di proseguire per la propria strada ignorando il responso del pubblico, ma che al tempo stesso ha voluto dire la sua sul fandom dei fumetti, forse nella speranza di correggerlo un pochino. Tl;dr, ha accusato tutto il fandom che ha messo non mi piace a quel video di essere nell'ordine: omofobo, razzista, sessista e di non volere i soldi di queste persone.

Apriti cielo. Si è scatenata una vera e propria guerra sui social tra il fandom e la Marvel(in particolar modo gli scrittori della Marvel, che comunque si spalleggiano a vicenda) che sta proseguendo ancora oggi.

Ne sono uscite alcune cadute di stile imbarazzanti da parte degli scrittori della Marvel, ma anche degli spunti di discussione interessanti secondo me.

Tra le cadute di stile metterei sicuramente questi due tweet di questo Ghostwrite della Marvel, che manda a quel paese tutti i propri clienti:

spacer.png

Ma poi ci ripensa e cancella il tweet, scrivendo questo per scusarsi:

spacer.png

 

Oppure anche quest'altra risposta. Un giovane che sogna di diventare fumettista posta una gif perplessa sotto al tweet di questo scrittore della Marvel, e lui in tutta risposta gli risponde così:

spacer.png

Come a voler dire velatamente: Per avere successo non conta quanto sei bravo, ma se lecchi il cùlo o no. Questo è gravissimo secondo me.

Oppure quest'altra risposta che lo stesso scrittore lascia ad un fan che si è detto deluso dal suo comportamento:

spacer.png

E ai fan che gli rispondono che non è molto saggio affondere il proprio fandom, un altro scrittore va in suo soccorso con una risposta brutale, che rigira il dito proprio contro il fandom, cercando di far capire che è il fandom in errore in tutto questo:

spacer.png

O anche quest'altro scrittore che offende anche lui i propri clienti:

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A quest'altro scrittore gli risponde addirittura un parente, e lui le risponde così, mettendosi a vaneggiare sul problema della supremazia bianca:

spacer.png

 

E ribatte ancora poco dopo:

PkJIGmF.jpg

 

Come vedete ce ne sono tanti di questi episodi, ma quello su cui vorrei soffermarmi maggiormente perché mi ha dato da riflettere e per cui ho aperto questo thread per discuterne con voi, è quello che dice questa donna scrittrice contro il fandom. A differenza degli altri non si limita ad offendere e basta, ma cerca di spiegare il perché del proprio punto di vista.

 

Ad esempio, il fandom l'ha accusata di star rovinando una IP che è in vita di 50 anni, dicendole di non essere in grado di gestirla. Lei risponde così:

j9MJ7Zd.jpg

E poi accusa di nuovo il fandom

cj1Ulrb.jpg

il classico gatekeeping che applicano tutti i fan (E che come detto prima, è intrinseco nella natura del fandom, l'abbiamo visto anche con la questione di Cannarsi), secondo lei è una cosa troppo tossica.

Ha ragione? Ha torto? Cosa ne pensate? Il fandom va migliorato, deve crescere secondo voi? Oppure va bene così com'è? Da che parte vi schierate?

 

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Ogni fan ha i suoi feticci di quando era adolescente, e dato che viviamo in una società priva di vere narrazioni (a parte i soldi e le metastasi della globalizzazione, tipo il terrorismo o il corona), questi feticci, che sono delle narrazioni surrogato, diventano un modo di dare un senso ad una vita miserabile  e priva di scopo. In pratica, si porta la propria adolescenza nell'età adulta, e si dà un senso alla propria vita attaccandosi a cose per ragazzini, come i fumetti americani, i videogiochi o i cartoni animati. Nel caso dei fumetti yankee che hai presentato,  quando questa sfera intima viene poi toccata dalla decadenza intrinseca del media, che bene o male deve assecondare la nuova ideologia del politicamente corretto, inevitabilmente si ha una reazione violenta del fandom. Mi ricordo tipo Diabolik, che da criminale che fa impazzire l'ex fidanzata diventa un animalista ecologista. Non essendo cmq un fumetto per nerd l'impatto era stato minore. La vera violenza arriva quando c'è un attaccamento veramente morboso a queste narrazioni simulacro. Tipo I fan di Eva che minacciavano di morte Anno, per esempio. O quelli della mia generazione, che avevano trovato in Eva una sorta di Bibbia. Indipendentemente da chi/cosa tocca questi oggetti, a parer mio il discorso non cambia.

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Il mio punto di vista sulla questione e' il seguente.

Secondo me, Non esiste il Fandom.

Esistono vari gruppi di interesse piu' o meno specializzati su singoli titoli o vari in qualche modo correlati o collegati, ai quali, essendo sfuggenti da precise categoricizzazioni, viene affibbiato il termine 'Fandom' come un Maelstrom Primordialie di piu' o meno Puro Male (c) in modo da potervi inviare quello che privatamente anche noi singoli facciamo con Iddio, ossia, preghiere e maledizioni di varia natura.

In tal senso il Fandom, lungi da tradizioni esoteriche orientali e si spera senza possibili reincarnazioni, e' una sorta di indistinta divinita' dotata della peculiare caratteristica della totale autoreferenzialita', motivo per il quale a differenza (si spera almeno) delle divinita' normalmente intese, Non si giova dell'adorazione altrui, ma ne e' altresi' altamente irritata.

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magari non c'è mercato per un prodotto di quel tipo, e chi negli anni credeva di aver costruito un serbatoio di lettori a colpi di diversità, integrazione, femminismo, maschio bianco = tossicità, suprematismo, arcolbaleni e destra xeofoba, razzista, nazista, fascista eccetera forse non ha capito che i pochi lettori rimastigli non sono interessati (ed anzi forse sono stanchi) a questi temi peraltro trattati con stucchevole opportunismo. se poi, invece di contribuire a creare delle storie che non facciano rimpiangere i bei vecchi tempi andati, insulti questi stessi lettori perchè non accettano le tue idee, beh forse il faro non va puntato sul "fandom" (le virgolette ci sono perchè oggi con questo termine si generalizza troppo).

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Mmmh... ho la sensazione che qui si intreccino vari discorsi.

Il tema del topic mi pare interessante onesto, e ringrazio Salerno per il contributo.

Tra le risposte, il post di AkiraSakura a me pare bello e veritiero, però credo afferri solo un filo del groviglio, senza sbrogliarlo.

Provo dunque a fare un po' di analisi della situazione.

Restando innanzitutto nel mero ambito delle "creazioni originali", credo sussista un primo tipo di conflitto tra l'intento di un autore e le aspettative del (suo?) pubblico.

Ad esempio, chi come me si è interessato di quel che Anno Hideaki dichiarò ai tempi delle molte interviste del 1996 sa che lui dichiarava – senza mezzi termini – che creava opere solo per sé stesso, perché quello era l'unico modo che conosceva per riuscire a comunicare. Dichiarava, letteralmente, che i suoi anime erano "spettacoli onanistici" (non nel senso che forniva materiale masturbatorio al pubblico, ma nel senso che il pubblico guardava lui masturbarsi). Poi, quando gli chiesero platealmente che senso avesse uno spettacolo di intrattenimento che aveva fatto infuriare il pubblico a cui si rivolgeva, In quanto l'entertainment si intende un service verso il pubblico, lui rispose: "ma io glio ho fornito un altro tipo di service", intendendo che il suo (inedito, inaudito) servizio al pubblico era appunto il fargli prendere coscienza delle proprie latenze.

Questo esempio eclatante credo rappresenti un primo tipo di discomunicazione autore-pubblico, che la storia ci ha mostrato più volte. Il fatto che con Evangelion la cosa si materializzò, e in modo molto fragoroso, intorno a un medium generalmente molto "commerciale" e poco "autoriale" come l'animazione televisiva non cambia la sostanza. Il grande pubblico vuole spesso il sollazzo, vuole "la sua droga". Un autore vuole, in genere, esprimere sé stesso, e il suo pensiero, e le sue visioni. Se di mezzo non c'è un produttore molto in gamba, si può facilmente finire a gambe all'aria – specie quando l'autore di esprime con un medium dagli alti costi di produzione, e necessità di ritorno economico.

Un secondo tipo di conflitto si innesca con l'evoluzione asincrona delle tendenze socioculturali, la cui avanzamento è generalmente progressista, e il pubblico più fanatico, che è invece generalmente conservatore all'interno del proprio feticismo metanarrativo. Questo punto rimanda a quanto diceva AkiraSakura. Ovvero, da un lato l'entertainment specie mainstream segue i dettami dell'evoluzione sociologica, dall'altra il pubblico specie pià fanatico è irriducibilmente affezionato ai valori fissi delle storie che furono. Quindi, per capirci, a nessuno interessò che il "classico" Disney di The Little Mermaid stravolgesse il finale, il senso, il significato etico-morale della classica fiaba di Andersen che "trasponeva" in animazione, ma per contro "trasporre" quel "classico" animato in una versione live-action la cui protagonista non abbia i generici tratti somatici, e in special modo il colore della pelle assai chiaro, della protagonista disegnata può sollevare molte rimostranze, in barba al politically correct a cui tutto il pubblico generalista sembra rendere generalmente omaggi, salvo quando quello stesso politically correct vada a "toccare" un feticcio d'infanzia - quello non lo si accetta.

Su questi due tipi di conflitti la mia personale idea è che gli autori dovrebbero essere completamente liberi, svincolati da qualsiasi logica di gradimento. Un autore non è un politico. Un autore è ingaggiato da un produttore, per realizzare un'opera secondo logiche interne. Se il produttore è influenzato da un'aspettativa di successo, di ritorno, sarà il produttore a manifestare queste istanze all'autore, ma l'autore secondo me non dovrebbe esserne direttamente influenzato, né forzosamente soggetto. La libertà autoriale è il presupposto dell'espressività, e quindi di qualsiasi genuino valore, dell'opera.

Del resto gli autori sono diversi, e si esprimono autorialmente con mentalità diverse.

In più casi, per esempio, Suzuki Toshio ha dichiarato che Miyazaki Hayao era in fondo un intrattenitore, aveva comunque in sé il senso di dedicare un'opera al (suo) pubblico, mentre Takahata Isao era – sempre secondo Suzuki – "un artista". Ammetto di avere un po' combattuto nel mio animo con questo netto distinguo tracciato da Suzuki. In fondo, Miyazaki Hayao mostra costantemente la classica ambivalenza tra bisogno compulsivo di esprimersi e desiderio di burbero distacco che è pure tipico dell'artista. Personalmente, alla fine penso che Miyazaki Hayao e Takahata Isao fossero due diversi tipi di "artista", e questo infatti ha fatto sì che entrambi avessero bisogno, nel corso della loro carriera, di un produttore-mecenate per superare le fasi di distanziamento dal pubblico del loro medium di elezione. Ma ognuno dei due si è espresso creando le proprie opere secondo la libertà della propria visione creativa.

Un terzo tipo di conflitto, che direi ora molto più traslato e posticcio rispetto ai primi due sin qui esposti, riguarda il possibile attaccamento del pubblico non già a un'opera in quanto tale, ma al modo in cui quell'opera è stata conosciuta in prima istanza dal pubblico. Chiaramente, ogni opera è in sé stessa quello che è nella sua unica versione originale. Già i rimaneggiamenti autoriali possono causare problemi ontologici pesino sull'originale, ma sicuramente le edizione straniere localizzate non sono l'opera vera, sono solo una traslazione interlinguistica dell'opera. Questa operazione, la "localizzazione", la si può fare meglio o peggio, partendo da presupposti anche molto diversi, persino opposti. Una prima differenza è se lo scopo di quest'operazione, dico la localizzazione, sia inteso come il "nuovo pubblico locale" dell'opera, oppure sia in qualche modo visto come l'opera stessa. Molti intendono che lo scopo del "localizzatore" sia soddisfare, ovvero compiacere, ovvero intrattenere quanto più il pubblico locale. Io per uno non lo credo. Qualcuno parlò, in tempi non sospetti, di una mia "rivoluzione copernicana" (sic) del mio modo di intendere adattamento/doppiaggio, ma di mio semplicemente penso che se si tratta di portare un'opera straniera alla disponibilità di un nuovo pubblico locale, allora "servire l'opera" (attenersi il più possibile all'originale) sia invero anche l'unico modo per "servire  [correttamente] il pubblico", dato che il "servizio" correttamente reso a un pubblico di un'opera straniera è per me proprio il permettergli di conoscere quanto più possibile dell'opera originale. Un "servizio" di (presunto, tentato) massimo intrattenimento costruito su un pesante adattamento, semplificazione, reinvenzione dell'opera originale sarebbe in effetti solo una forma di inganno. Tuttavia, credo che lo scontro di queste due avverse tendenze, ovvero l'esistenza di un approccio filologico, diciamo, e in questo intrinsecamente (non intenzionalmente) destinato a produrre una localizzazione straniante, faccia scalpore solo perché nell'ambito dell'intrattenimento non ce lo si aspetterebbe. Amici più edotti di me mi dicono che in ambiti più propriamente "culturali" la questione dottrinaria sia dibattuta da un sacco di tempo, e mi propongono nomi altisonanti che ovviamente non ricordo, ed eviterò di andare a googlare solo per darmi un tono. Del resto e per il resto, a ciascuno il suo.

Il caso di Evangelion in Italia non ricade in fondo in nessuno di questi casi. È un caso ancora diverso, sicuramente molto mistificato, ma in effetti lineare. Quando nel 1997-2000 mi occupai per Dynamic Italia di Evangelion, semplicemente mi occupai di tutto quanto avesse a che vedere con quella edizione (non solo il doppiaggio). Dalle trame sui retrofascetta, che scrivevo rigorosamente di mio pugno, alla promozione, alla post-produzione, al doppiaggio. Supervisionavo ogni singola cosa, maniacalmente. Anche nel doppiaggio. Non c'è un singolo fiato di quella prima edizione che sia stato inciso senza la mia presenza in sala di doppiaggio, e poi in sincronizzazione, e poi in sala mix. E non c'è una singola battuta che io non abbia riponderato o riscritto (per i primi dieci episodi) oppure ponderato e scritto personalmente (per tutti i successivi). Così è, difatti tanto chi ai tempi collaborò alla cosa, tanto chi la seguì da vicino dalla parte del pubblico, se lo ricorda sicuramente bene. Non sto parlando della messa in onda su MTV, che venne in un secondo momento. Sto parlando dei tempi della realizzazione della prima edizione, per la distribuzione in VHS della stessa. Certo avevo vent'anni (diciannove, all'inizio dei lavori) e molta inesperienza, comunque il risultato venne inizialmente contestato da alcuni (molto contestato l'uso ingiustificato di "berserk", ad esempio), ma sembra che con il diffondersi dell'opera quell'adattamento sia stato poi sempre più accettato e amato. Ne sono lieto: è il frutto del mio massimo sforzo dei tempi, nonché il modello del mio modo di essere professionale che dura sino ad oggi. Chi ama quel primo doppiaggio italiano, benché questa cognizione possa causargli conflitti per vari motivi, sta amando null'altro che il mio proprio operato, e questo ovviamente mi rende lieto.

Nel caso del secondo doppiaggio di Evangelion, al contrario, io non mi sono occupato di tutto. Mi sono occupato solo della stesura dei dialoghi. So per certo, quindi, che i nuovi testi sono migliori, molto migliori, dei primi - perché più corretti, più aderenti all'opera originale, meno didascalici, più "dialogici". Ma sto parlando solo dei dialoghi scritti sui copioni. Come siano stati resi nell'effettivo doppiaggio non lo so, perché purtroppo non ho potuto seguirlo in alcun modo. Quindi, rimettendomi in tutto quanto segue alla stesura dei testi al lavoro di colleghi, parimenti mi sono onestamente guardato dall'ascoltare il risultato finale. Perché, dato che anche io ho in mente un precedente referente in cui come dicevo mi ero occupato di tutto in prima persona e che so che avrei parimenti potuto migliorare in ogni comparto, non troverei giusto avere a fare un paragone anche solo inconscio tra un lavoro che fu "tutto mio" e uno che non lo è stato. Credo che sarebbe ingiusto, e quindi lo evito. Non posso quindi dire se "il nuovo" doppiaggio di Eva sia migliore o peggiore, nel suo toto, del precedente. Posso dire con certezza che le seconde versioni di Kiki e Laputa sono sicuramente migliori delle prime, perché sulle une e sulle altre ho seguito tutto personalmente. Ma per Evangelion non sono in grado di esprimermi, e credo sia giusto che sia così.

Modificato da Shito
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  • 3 weeks later...

Rispondo un po' in ritardo allo spunto interessante del post, che viene incontro ad una considerazione molto banale che mi gira in testa da un po' di tempo. Posto che nelle posizioni che sono state elencate nel primo post da Salerno c'è tanta di quella miseria da mettersi a piangere, credo che questi autori così legati al politically correct da risultare ridicoli facciano il loro lavoro. Che credano intimamente che sia giusto oppure lo fanno per non rischiare la pagnotta, fanno il loro lavoro di artisti. 

Quelli che in questo caso non stanno al loro posto sono i fan, che hanno un'arma in mano l'arma suprema nel mercato: non compare. Invece da quando si impicciano nel processo creativo dopo aver visto solo un trailer, un leak, o letto un tweet stanno facendo i danni come la grandine. Non rompere le palle e se una cosa non ti convince non comprarla, se proprio la odi fagli cattiva pubblicità. 

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