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Otakuzoku no Kenkyuu - Studio/Ricerca sull'otakuzoku


Shito

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Perchè tu ammetti di guardare da adulto  gli anime  e di collezionare modellini, quindi sei un otaku.

Per i nipponici non esiste altra definizione, vie di mezzo per definire uno con le tue ( o le mie, o di chiunque altro qui dentro)  passioni.

 

Problemi dei giapponesi.

Non miei, che per l'appunto non mi riconosco in quello che loro intendono con otaku e che non faccio parte della loro cultura.

Io mi riconosco nella definizione, derivante dalla mia lingua natia, di "appassionato di manga e anime", se per loro questo automaticamente significa " maniaco ossessivo compulsivo degli anime e dei manga che se non gli fanno le cose come vuole lui manda minacce di morte via lettera, etere o internet e si fappa davanti a statuette dei personaggi femminili " sono loro a sbagliare definendomi in quel modo facendo quella che definisco generalizzazione senza senso.

Ma questo non vuol dire che io debba seguirli nella suddetta generalizzazione o che la stessa debba essermi imposta.

 

E visto che tu definisci gli occidentali ignoranti nell' usare la parola otaku in maniera diversa da come i nipponici la concepiscono, allo stesso tempo non puoi collezionare i peculiari  prodotti del Sol Levante e definirti diversamente da quello che loro definiscono chi appunto li colleziona/fruisce.

Più facile e coerente  di così......

 

 

In realtà il pensiero che proponi non ha alcun legame logico. 

 

Io colleziono Myth, perchè mi piacciono e li apprezzo. Loro definiscono un adulto che colleziona roba che ritengono da "bambini" come un otaku. Otaku è un termine altamente dispregiativo e offensivo per loro, insulto però in cui io non mi riconosco e che non accetto. Il fatto che loro siano bigotti e siano stati vittima in passato di un battage mediatico che li ha portati ad una simile generalizzazione non mi tocca: io semplicemente NON sono il suddetto "maniaco,ecc." e nessuno si deve permettere di dirmelo, sia esso giapponese o europeo o africano, perchè io non mando minacce di morte in giro o mi fappo davanti alle statuette.

 

Guardo solo manga e anime. Se questo per un giapponese è un problema sono cazzi suoi, non ha comunque il diritto di chiamarmi otaku visto ciò che intende con quel termine. 

E come non ne ha diritto un giapponese non ne ha diritto nessun altro, perchè a quel punto io ho pieno diritto di mandarlo a quel paese. Se a te sta bene farti insultare senza dir niente, buon per te.

 

Per il resto chiamo "ignorante" e "cretino" (non dimenticare "cretino") l'occidentale che si autodefinisce "otaku" perchè conoscendo il significato del termine suddetto lo usa in un'accezione positiva che molto semplicemente NON E' PROPRIA DEL TERMINE in questione, che per i giapponesi (che ancora, sono gli unici che lo usano con cognizione di causa) è un insulto vero e proprio.

In pratica, è gente che si da' del "maniaco" eccetera perchè NON SA cosa significa. Non sa = ignoranza, se poi a darselo è uno che in teoria è appassionato di manga e di anime e quindi dovrebbe sapere cosa realmente significa otaku, beh, in quel caso è un cretino che si insulta da solo per non andare a cercare il significato del termine.

 

 

Otaku  tra gli occidentali non ha quel significato negativo che ha in Giappone.

 

A parte il sorvolare sul "DOVE mi sono autodefinito otaku", sono balle. Ho linkato io stesso wikipedia che parla di interesse ossessivo.

Così come ho linkato gli articoli che la Treccani ha riportato nel cercare di far dare un'idea al lettore di cosa sia un otaku.

Nessuno di questi ha un significato positivo. 

 

Nè mi pare che qui la maggior parte delle persone tende a prenderla bene quando gli dai dell'otaku (a parte chi si autodefinisce tale) infatti non mi pare che sia buttata lì ogni due per tre come definizione di se stessi (di nuovo, te escluso), mi pare che il termine "appassionato" sia molto più utilizzato. Questo perchè la maggior parte delle persone qui sa cosa vuole dire. Vale lo stesso per le board estere e americane (persino su gamefaqs la maggior parte della gente evita di definirsi otaku).

 

E di nuovo: si è usato il termine otaku perchè lo usavano in origine i giapponesi. E otaku per i giapponesi ha un significato preciso e dispregiativo, NON te ne puoi inventare uno perchè sì, tipo "in occidente si fa così" (cosa che tra l'altro NON è vera, si fa così tra ignoranti). 

E' un termine giapponese. Quello è il significato, piaccia o meno.

Semplicemente gli occidentali allora equivocarono il significato, ma adesso non è più così, salvo che per crassa ignoranza.

 

Siamo in Italia e quindi me ne frego di quello che pensano dall' altra parte del globo , a meno di non avere il cervello lobotomizzato.

 

LOL.

Ciò detto, quello lobotomizzato che si è fissato nel voler usare nel modo sbagliato un termine d'oltreoceano cercando di forzargli un significato che non è il suo non sono certo io.

Semplicemente, io SO cosa significa quel termine, e come tale RIFIUTO di autoattriburmelo (giacchè come detto sarebbe cretino). Sono un appassionato di anime e manga, NON un otaku.

E' semplice. Nessuno mi obbliga a forzare il termine otaku per definire me stesso (o addirittura ad acquisirlo nella mia cultura, giacchè mi è estraneo), perchè io NON sono ciò che gli unici che sanno come usare quel termine intendono per otaku.

 

Poi c'è chi, per nascondere  un numero elevato di  sciocchezze  dette senza cognizione di causa deve nasconderle sotto un fiume di parole.

Te l'ho già detto: puoi cercare di travisare le mie parole, ma il significato delle stesse è evidente. 

Per di più i tuoi tentativi di buttarla in caciara per nascondere le tue mancanze non attaccano con me.

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Personalmente, la cosa che mi colpisce davvero del primo articolo di Nakamori, ovvero quanto non immaginavo, è che lui è giovane quando lo scrive (è ancora nei vent'anni, nella prima metà dei suoi vent'anni) e parla degli otaku (i "davoi") come di ragazzi dell'età di studenti di scuola media e superiore, ovvero che per Nakamori quell'età (12-18 anni) fosse già 'troppo grande' per dedicarsi alle loro ridicole passioni. E benché Nakamori generalizzi il concetto oltre alla mera cerchia degli appassionati di manga e anime, sembra in effetti che il nucleo primario della sua concettualizzazione sia proprio quello. Ovviamente parlando di appassionati di manga vengono subito introdotti ponti al lolicon, che era davvero un piccolo boom nella subcultura degli anni '80 (e del resto gli articoli erano pubblicati su Manga Burikko, una rivista di manga lolicon tanto per cominciare), ma viene altresì subito citata anche la SF letteraria, nonché il cosplay e le idol. Quello che sembra tuttavia essere il tratto più distintivo dei 'davoi' è la totale inettitudine sociale e relazionale dei soggetti che si danno ossessivamente a queste passioni, il loro esseri 'cupi per natura', insomma l'essere in qualche modo 'spooky'. Il passaggio è questo: "...le persone di questo tipo di norma sarebbero chiamate tipo maniaci, o fanatici appassionati, o al massimo 'la tribù degli ombrosi'..." - davvero interessante.

 

Sto proseguendo con la traduzione, pur cosciente che non è il mio mestiere. Ho continuato a ritoccare la prima, ma non sono ancora soddisfatto al 100%. Intanto, introduco qui il secondo pezzo, che si focalizza sulla 'sociologia sessuale-sentimentale' degli otaku. In testa troverete la spiegazione della provenienza del termine 'otaku', che conferma quello che si era già spiegato in questo thread - anche se su questa base molte indagini successive vennero poi edificate

 

otakutitle2.gif

Quelli dell'illustrazione sembrano burattini in stile Hyokkori Hyoutanjima, vero?

 

Uno studio sui "davoi" (2)
Anche i "davoi" possono innamorarsi come tutti gli altri?
di Nakamori Akio
[rubrica "Il club adulto di Tokyo Jr.", su Manga Burikko, uscita del luglio 1983]



Dunque la volta scorsa si è detto sino a denominare "davoi" i brulicanti giovani maniaci ombrosi tipici della fine del secolo, che di questi tempi attraggono sconsideratamente l'attenzione. In merito all'origine di "davoi", beh, anche se penso l'abbiate già tutti intuito, per esempio non pensate sia disgustoso che dei ragazzini più o meno dell'età di studenti delle scuole medie tipo al Comike o a convention d'animazione si rivolgano agli amici con modi come "da voialtri"?

E poi beh, siccome anche loro sono maschi, arrivati alla pubertà intanto tireranno fuori un animo pervertito, no? Certo però che con quello stile, con quei discorsi, con quella personalità, quanto a donne non potranno mai riuscire. Peraltro i "davoi", sapete, sono già definitivamente deficitari nelle attitudini virili. In maggior parte, fanno sorrisoni a ritagli di personaggi animati come Minky Momo, o come Nanako, che infilano nei porta-abbonamenti, beh lo si dirà 'complesso della bidimensione', ma quanto a donne reali non potranno mai riuscire manco a parlarci. Per dire di quelli che tra loro sono giusto un pochino meglio, si indirizzano verso delle idol cantanti dallo scarso appeal femminile, ovvero sono deviati all'essere lolicon. Mentre la foto di una donna nuda adulta tipo non la accettano assolutamente. Un uomo che conosco, poi, era un tizio che se qualcuno gli mostrava gentilmente una rivista pornografica, distoglieva gli occhi impanicato gridando tipo "Piantala! Che luridume!", beh certo quello lì adesso fa il redattore per "COMIC BOX", ma la sensazione è quella.

Così, la singola cosa che persino questi tizi si concedono sono i Gekisha di Kinshin che escono su "GORO", quella rivista davoi. Forza, è quella del "perché non provate a scrivere una letterina alla cara Kumiko, lei risponderà alle missive che saranno di suo gradimento". Solo a pensarci mi sono venuti i brividi, ma alla redazione verranno recapitate un tal numero di lettere dai "davoi" da riempirla zeppa, di sicuro. Woah...! In effetti, nelle rubriche della posta dei numeri speciali di Gekisha recentemente usciti, di letterine davoi ce ne sono già un saaacco. Tipo quello che non riuscendo ad aspettare l'uscita di Gekisha uno fosse arrivato fino dal giornalaio della città vicina, uno che raccoglieva in una cartellina i ritagli della ragazza preferita (il che è indubbiamente da davoi), ma sua moglie ha scoperto quella cartellina e: fregato!, e questo era un impiegato di 26 anni, sapete, e c'è il tizio che compone tipo poesie dedicate alla cara @@ko, e ancora tutta roba così, che finisce per venirti il mal di testa. Però ci sono, eh, tizi che in quattro tatami e mezzo di sudici pensionati mettono in fila a far bella mostra di sé sugli scaffali gli arretrati di "GORO" conservati senza neanche una piega. Tra di loro si arriva persino a tizi che comprano due copie di ogni uscita, una per conservarla e l'altra per chissà cosa.

Per di più, sapete, in risultanza del loro difetto di attitudini virili, questi tizi sono bizzarramente effeminati. Sono uomini adulti ultraventenni, ma tipo accaparrandosi il poster del loro personaggio animato preferito, per la troppa contentezza fanno un affettato "Yuuuuh" e piegando le ginocchia riunite a foggia di una L dietro la schiena si mettono a saltellare come coniglietti (questo "piegare a foggia di L le ginocchia riunite e saltello conigliesco" essendo un loro meraviglioso tratto distintivo), quando fanno una cavolata si mettono a fingere di piangere con degli esagerati "Buuuh", è una cosa schifosa, davvero. In generale dei tizi simili non potranno riuscire proprio mai, con le donne.

Però sapete, in fondo si dice che a questo mondo alla fine si sposa chiunque. Allora, continuavo a pensare tutto meravigliato a chi mai potrebbe sposare un "davoi", ma mi sono reso conto di una cosa terrificante. Ehi ma, se un "davoi" sposasse una "donna davoi" ne nascerebbero dei "figli davoi". Ding-dong, e rieccoci!

Modificato da Shito
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Ho rifinito un po' la traduzione del secondo articolo, e l'ho aggiunta nel topc starter post. :-)

 

Ecco qui invece una prima bozza della traduzione del terzo articolo. Di questo non c'era proprio la traduzione in inglese.

 

Curiosamente, questa terza parte non è titolata come un capitolo de "Uno studio sui "davoi", forse se ne sono scordati, perché in effetti sull'originale giapponese c'è più di un refuso (anche segnalati in trascrizione ufficiale). In ogni caso, eccoci qui:

 

 

otakutitle3.gif

 

 

Perdendosi nella zona davoi
di Nakamori Akio
[rubrica "Il club adulto di Tokyo Jr.", su Manga Burikko, uscita del agosto 1983]



Ehi, gente! Siete davoizzati? Ormai anche il termine "davoi" ha finito con l'attecchire parecchio, a breve pensavo di togliergli le virgolette. Dunque, d'ora in avanti non starò di volta in volta ad avvisare che quando si dice 'davoi' non si tratta di un pronome di seconda persona, ma di un nome comune. E anche sull'essere diventato aggettivo e verbo del tipo "davoiesco" o "davoiare". Beh, queste stranezze usatele con discrezione. Al tempo dell'invenzione del termine 'davoi', nessuno ne capiva il significato, così quella era una bella opportunità per diverticisi parecchio. Nel Distretto Tre di Shinjuku ci sarebbe una libreria chiamato Free Space, dove tengono tipo manga amatoriali, che lo si potrebbe vedere come un ritrovo per i davoi, sapete, e lì ci avevo portato Yumi, la mia ragazza di seconda superiore, dicendo "Guarda, anche lì un davoi, anche laggiù un davoi, aaah, quello lì è tipo super-davoi", tipo riferendomi dispregiativamente a dei davoi come a dei davoi. Siccome quelli non capivano che cosa significasse davoi, finivano per fare gli occhi da "Oshin" con un senso di sgomento. Quanto a quella Yumi, stava ormai morendo per trattenersi dal ridere, dicendo "Ahahah, smettila, Akio" con la faccia tutta rossa.

Un'area del FreSpa è delimitata da quella che sembra una soglia, ne fanno come una pseudo-caffetteria, ma da dentro alla soglia si sentivano provenire strambe risate. Sapete, penso che quello fosse nient'altro che un tizio mai sentito prima, ma si sarebbe detta cupamente alleeeegra, come fosse il verseggiare tipo di una lumaca o di una sanguisuga, dava l'impressione che potesse essere proprio quello, era una risata insopportabilmente sgradevole. Chiedendosi che cosa fosse, quella Yumi si è infilata a sbirciare appena al di là della soglia, ha esclamato "Ah!", e facendo una smorfia disgustata ha finito per ritrarsi come per un riflesso condizionato, tremando per i brividi. Chiedendo che fosse successo, anch'io mi sono provato a sbirciare e capire, e laggiù, sapete, c'erano 7-8 di questi tizi che davano l'impressione d'essere davoi tra i davoi, e che stavano a fare le larve. Avevano dispiegato su un tavolo tipo delle riviste di animazione o dei poster, e raccontandone scherzi a tema che non sarebbero stati comprensibili  che loro stessi soltanto, rantolavano facendone un gran sucesso nella loro cerchia. Parlando di quella scena rivoltante, o forse dovrei dire sabba infernale, o chiamarla le finali del Torneo della Regione del Kanto del Campionato Nazionale Giapponese dei Davoi, io stesso mi ritrovai a tremare di paura. Anche quella Yumi, tipo ritrovandosi con la pelle d'oca, o che le era tipo venuta l'orticaria, aveva finito per mettersi a tremare, chiedendosi tutta irritata da dove fossero spuntate fuori quelle persone.

Dopodiché, stando a quanto ci è stato riportato da un tizio tra gli addetti del FreSpa ben informato sui davoi, quei tizi sia nei giorni di pioggia sia nei giorni di vento, lo fanno praticamente ogni giorno, se ne stanno a brulicare laggiù. Siccome ci stanno fin troppo a lungo, pare siano arrivati ad appendere un cartello di divieto di permanenza per più di due ore. Anche questo qui pare che dapprima pensasse che fossero tipo una combriccola disgustosa, ma di recente con "quelli lì non hanno altro posto in cui venire che qui, e poi presi ognuno per ciascuno sono dei bravi bimbi tranquilli, sapete" ha cominciato a mostrare compassione verso i davoi. E poi seppur con meraviglia ho pensato che se loro ogni giorno finita la scuola vanno solo a radunarsi schiamazzando, prima di poterlo fare al FreSpa chissà dove mai si insediassero. Stando a quello lì, era che "aaah, quei tizi fino ad allora se ne stavano separati ognuno per ciascuno".

Lasciando il FreSpa come fuggendo, mentre tranquillizzavo Yumi, siamo andati al Parco Imperiale di Shinjuku. Su prato del Parco Imperiale, mentre mi abbracciavo con Yumi, ci siamo messi a ridere insieme sulla faccenda della combriccola dei davoi di poco prima. Però di primo pomeriggio il Distretto Tre di Shinjuku era proprio uno strano posto, che fosse per una coppia che si strusciava nel Parco Imperiale, o un davoi in giacca safari che con sguardo cupo si dirige al FreSpa, o che a camminarci non ci sia che un travestito che arrivato in anticipo.

Modificato da Shito
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Credo fosse intenzionale, del resto.

 

Ho da qualche tempo aggiunto al primo post la traduzione del testo che introduce la raccolta degli articoli sul sito di Manga Burikko, che recita:

 

Uno studio sugli "otaku" è una serie di articoli a cui il signor Nakamori Akio diede inzio come un angolo dl Il Club Adulto di Tokyo Jr., versione in trasferta all'interno di Manga Burikko della fanzine minicomi Il Club Adulto di Tokyo.

Poiché il suo contenuto era la completa ridicolizzazione dei giovani che si facevano rapire dagli anime in voga a quei tempi, come Il Castello di Cagliostro, Yamato o Gundam, com'era naturale ricevette una grande opposizione dai lettori di Burikko, così che dopo la serializzazione di tre capitoli non si poté evitare di sospenderla.
(Uno studio sugli "otaku" -- lineamenti generali è di una persona detta signor Ejisonta).

Tuttavia, dopo questo, il vocabolo cosiddetto "otaku" è andato gradualmente a penetrare, nell'attuale epoca di Internet, quale parola schiettamente indicativa di una parte della cultura giapponese, arrivando a essere conosciuta intorno al mondo.

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  • 1 month later...

Anche la traduzione del terzo articolo è stata rivista, corretta, e aggiunta al primo post del topic nella sua forma 'finale'. ^^
Ho comunque aggiornato anche il post qui sopra, e benché l'articolo sia forse il più burlesco di tutto il gruppo, vi consiglio di rileggerlo perché avevo preso grossi abbagli.

Passo a postare la versione preliminare della traduzione del quarto articolo.

A firma di Ejisonta (pseudonimo, alcuni dicono di Ootsuka Eiji), il tono è ben diverso, il contenuto ha tutt'altra levatura.
Ho trovato questo articolo lancinante nella sua chiara, limpida, veritiera franchezza.

E' come tante cose anche profonde (o ritenute tali) che ti sono sempre ronzate in testa vengono poi lette da chi ne scrive con assoluta semplicità.

Spero che la lettura possa essere proficua anche per voi (come al solito, seguirà revisione e correzione)

 

Uno studio sui "davoi" --- lineamenti generali
di Ejisonta
[rubrica "Il club adulto di Tokyo Jr.", su Manga Burikko, uscita del dicembre 1983]




"Noi non vogliamo diventare adulti".

Era lo slogan sopra al titolo di un certo rinomato circolo digitale di manga, ma questa frase esprime l'essenza dei maniaci di manga in modo veramente preciso. Maniaci di manga, anime fan (anche se dicendo maniaci si da una sensazione parecchio pesante, mentre dicendo fan un senso di andante con brio) sono delle persone parimenti predisposte per il lolicon, che non vogliono maturare per nessun motivo e vogliono preservare chissà fino a quando nient'altro che la loro condizione di moratoria. Volendo, questo è un sentimento che chiunque ha in sé, sarebbe lo stesso tanto per me, che per voi, che per il presidente di una grossa ditta, ma se si tratta del caso dei "davoi" la cosa è forte, che se per un momento si rimarca quel fine moratorio hanno una reazione d'ipersensibilità come se gli si toccasse una vecchia ferita decennale, mentre quelle volte che si ritrovano ideologicamente preparati, allora si mettono a spiegare la questione di quanto possa essere importante il non voler diventare adulti.

Per tale ragione questi signori, tutti quanti, continuando a fissarsi sulla sfera culturale di manga e anime, dicendo a questo o quell'adulto che venissero a intromettersi tipo "lasciatemi stare", continuano a mantenersi fissi su livello di pensiero e sensibilità da mid-teen. Magari, voi avrete sentito dire quella cosa che "conservare i sentimenti da bambino è mantenere uno sguardo puro", ma mi spiace dirvi che chiaramente su questo si sbagliano. Quanto al punto di vista dei bambini, o al il punto di vista degli esseri umani in pubertà, sono del tutto differenti. Hanno un bel dire gli anziani su quanto la pubertà sia stata un bel periodo, e si mettono a ricordare cose del genere, ma per i suddetti quei discorsi non sono che un desiderio di rinvigorimento, quando in realtà quel che si chiama la pubertà degli esseri umani è francamente qualcosa di estremamente brutto. Anche se si è nell'età in cui si vorrebbe averne uno spasmodico pensiero, nel risveglio alla sessualità si fallisce miseramente con immaturi preliminari. Nei casi di normalità, da lì, provandosi a strafare e tentando di comportarsi da adulti, ci si avvicinerebbe ad un'adultità a tutti gli effetti, ma nel caso dei "davoi", l'abito mentale è di astenersi totalmente dal vettorializzarsi in direzione di una sintesi di maturità. Come risultato, quel che resta è un'autoasserzione immatura, un pensiero immaturo, eccetera, diventando una parata di attaccamenti all'immaturità.

A dir la verità, nella pubertà non c'è alcun nonsoché da attaccarcisi a un tal livello. In quel periodo, accadono senz'altro fenomeni come trovarsi a scorgere d'improvviso, in un manga o un anime che sino ad allora non si aveva avuto alcuna particolare intenzione di leggere o vedere, dei concetti o quel che sia dalla componente profonda del gruppo dei creatori. E' difatti se ne trae senz'altro saggezza, però non ci si dovrebbe fermare a quell'istante, volendolo protrarre in chissà quale sviluppo. E difatti, alla fine non ci si può che rivolgere verso l'adultità.

Quale realtà del problema, provate a guardare l'immagine allo specchio di voi stessi col sorrisone mentre leggete una rivista lolicon: e difatti sarà un qualcosa di inquietante. Per non dire che nel finire a masturbarcisi tutti incantati non penso ci sia troppo da rallegrarsi.

E così, questo sta a significare che simili bimbi solitari non possono veramente resistere dal far gruppo tra "bambini solo un pochino diversi", tramutandosi in un branco di davoi. Come aveva detto un certo autore di manga lolicon: "anche ai ragazzi davoi, nella realtà, possono capitare innumerevoli occasioni di fare amicizia con una ragazza, quindi voi tutti non segregatevi al buio, quando invece basterebbe rendersi positivi!", ed è esattamente così che è.

Ad ogni buon grado, per qualsiasi essere umano, una cosa come passare una vita intera in un periodo di moratoria non è possibile. Significa che presto o tardi non si potrà fare a meno di diventare adulti, e inoltre, a seconda del modo in cui si imbracciano le proprie intenzioni, sgattaiolare tra frizioni sociali d'ogni genere, bambini perlomeno nei sentimenti, il che è si può anche fare, e questo potrebbe praticarsi come un qualcosa di più puro di svariati livelli di chiarezza piuttosto che una testarda ma anche confusa prospettiva davoiesca.

Detto il che, sarebbe l'opinione del Club Adulto di noi solo un pochino adulti.

 

Modificato da Shito
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E anche il quarto articolo, quello conclusivo del ciclo 'Uno studio sugli otaku', è ora verificato (e così aggiornato nel primo post del topic - che va da archivio).

 

Eventualmente ci sarebbero, come si vede, anche altri interventi collaterali, che vedrò se provare a tradurre in seguito ^^

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  • 5 months later...

Ho ritrovato, tra un kodama e l'altro, l'articolo in cui si faceva riferimento al servizio della TBS seguito al caso di Miyazaki Tsutomu un cui un inviato andò al Comiket e dichiarò alla telecamera: "Guardate! Qui ci sono 100.000 Miyazaki Tsutomu!".

 

Non credo sia la fote originale dell'articolo, ricordo di averlo letto altrove, molti anni fa, comunque:

 

http://japanese-world.wikifoundry.com/page/Figure+Moe+Zoku

 

Credevo che il giornalista in questione fosse lo stesso Nakamori Akio, ma in effetti lui non era un reporter. Forse si trattò di Ootani Akihiro, ma non è specificato. Ootani divenne poi un attivista anti-otaku ai tempi dell'omicidio (roricidio) di Nara del 2004.

Modificato da Shito
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Senza un motivo particolare, anzi sì ma non ve lo dico, ho fatto leggere la prima pagina del topic alla mia adorata Okaa-san.

 

Riporto la sua risposta dacché in qualche modo mi pare interessante, in quanto espresse da chi si trova dall'altra parte della barricata (preciso che trattasi di una madre che mi ha abbondantemente coccolato e non ha mai ostacolato le mie passioni "otaquesche", anzi):

 

"Letti e riletti attentamente gli articoli che hai avuto la graditissima cortesia di copiaincollare per me, ne traggo più o meno le conclusioni che ti ho significato il  lontano 5 dicembre oltre a qualche dubbio su alcune parole che mi risultano sconosciute:
lolicon, Oshin,  e un'altro che non riesco a recuperare ne nella mia memoria ne nella terza rilettura degli articoli in questione.
 
Dopo attenta riflessione posso sostenere che penso sempre la stessa cosa e cioè:< che male c'è ad essere dei davoi, siamo tutti, chi più chi meno, davoi.
Chi  stabilirà, o può onestamente sostenere di potere stabilire un punto definito di discrimine? Fin qui tutto ?normale?, prima o dopo: davoi ?!??!?
Fin qui , o per 30 minuti al giorno  è lecito vivere una moratoria, oltre è davoi?
C'è un momento di "maturità" o si passa dall'acerbo al marcio senza soluzione di continuità?
Andiamo a momenti?
Pura questione di culo se siamo beccati in un esaltante e temporaneo momento di grazia?
C'è gente che si scoccia prima e più frequentemente di fare finta?
Di essere serio, equilibrato, maturo e perfettamente integrato e in che cosa poi?
Bah!!!!!!Dubito perciò sono - diceva "forse" S. Agostino.
Ed io dubito, eccome se dubito."
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Ho ritrovato un post della mia imouto risalente al 18 settembre 2007 - aveva appena preso la maturità - in cui parlava dell'otakuzoku riportando proprio la stessa identica esperienza con cui Nakamori Akio apriva il suo 'studio sugli otaku': una visita al Comiket! (nel nostro caso, il comiket invernale 2006).

 

Quoto perché dopo 6+ anni mi pare molto 'on the spot'. Le evidenziature sono mie.

 

Sì, l'interesse per i Doujinshi in Giappone è veramente alto, secondo me quasi esagerato.
Quando sono stata con Shito al Comiket c'era una sala davvero enorme che ospitava i doujinka(?). C'erano tantissimi banchetti che vendevano doujinshi! Però, ho avuto l'impressione che dovessi essere un otaku esperto per sapere da chi andare(forse come in tutte le cose). Non ho fatto caso se ci fossero erotici (sicuramente c'erano), perché anche se mi guardavo intorno non c'era molta pubblicità su cosa vendessero, ma solo i banchetti con sopra dei pochi libricini che erano i doujinshi.
Inoltre, non ho riconosciuto neanche un doujinshi di un manga che conoscevo. Ma anche se l'avessi visto, non so se l'avrei comprato (i prezzi non mi sembravano tanto bassi). Però, ho capito che in quei banchetti non c'erano solo doujinshi, ma anche auto-produzioni. Ad esempio a Shito (il solito fortunato) un mangaka gli ha regalato tre suoi "doujinshi" che però non erano doujinshi (da quel che abbiamo capito), ma veri e propri fumetti. E poi, sempre da quel che ho capito, ho scoperto che non esistono solo doujinshi dedicati a manga/anime/videogiochi, ma anche dedicati a locali, ad esempio quelli con le maid.
Comunque l'atmosfera al Comiket era tutt'altro che felice. Davvero lugubre. Onde di otaku (e gli otaku non sono fisicamente i giapponesi più carini) che andavano in tutte le direzioni (ordinatamente) e, a volte, nella folla, si vedevano delle ragazze vestite da maid. E le ragazze che non erano vestite da maid, non erano tante ordinate (come ti aspetteresti da una giapponese), ma ciccia e brufoli come gli otaku maschi.
Mi sento un otaku, ma ugualmente capisco perché gli otaku non sono ben visti in Giappone. Sembrano davvero tipi pericolosi! Del tipo che vorreste chiedergli: "ma come state messi?". Ad esempio, se si va ad Akihabara senza avere una forte passione in quel momento, e quindi senza la voglia di cercare tutto e di più di quel qualcosa, ci si è solo immersi in una brutta atmosfera. Vedere tutti quegli otaku, per la maggior parte soli, tutti i giorni sbattersi da una parte all'altra, senza un vero scopo nella vita, fa tristezza. E' la potenzialità di otaku sprecata. E forse a tutto c'è un limite, anche all'essere otaku. E mi sento fortunata in questo senso (SOLO in questo senso) di non essere nata in Giappone, perché sarei stata un soggetto molto a rischio. Già mi vedo: cicciona, sciatta, occhialoni, che pensa solo a quando esce la prossima doujinshi! Scusate per la digressione.
Modificato da Shito
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Da quel che ho capito nel tempo, le doujinshi sono semplicemente autoproduzioni, che spesso sono basate su personaggi esistenti, ma c'è anche una enorme produzione originale. Ci sono autori che ci campano in quel modo, e spesso preferiscono restare nell'ambito delle doujin piuttosto che fare il passo nel mondo editoriale, ho l'impressione che possano anche guadagnare di più restando nell'ambito dell'autoproduzione piuttosto che emergere al di fuori.

Molti autori invece si fanno le ossa in questo settore, si fanno notare, e poi magari finiscono a fare i charades negli anime o sempre più spesso nei videogiochi.

 

Non mi trovo d'accordo sulla critica all'apetto fisico: capisco la critica alla sciatteria (intesa come sporcizia, assenza di cura e così via), ma non è che sia l'essere otaku a mandare la gente in sovrappeso o sottopeso, o a far spuntare l'acne. Davvero, che razza di critica? Che forse i non-otaku sono graziati dal non metter su peso o altre cose? Che i non-otaku non sono magari cessi ambulanti? Non metto in dubbio che la concentrazione nella categoria possa essere più alta, e se vai a Shibuya o a Roppongi trovi ragazze decisamente fighe rispetto a quelle che puoi incontrare al comiket, ma non è che talvolta il rapporto di causa-effetto è più inverito che altro? Aspetto --> Relazioni col prossimo --> chiusura nel proprio mondo/apertura all'esterno.

 

Anche il considerare esagerato un interesse, che modo di ragionare sarebbe? E' logico che un non-appassionato o una persona con una passione limitata/modesta possano trovarsi spaesati, ma come si fa a stabilire il punto di esagerazione? Come dire, a me che non me ne frega nulla dei vini oltre il mi piace/non mi piace, come dovrei reagire di fronte ad una fiera del settore, coi sommelier e tutta la gente che gira tra i banchi: potrei dire che sono tutti pazzi a dare tanta importanza al vino? O magari alle auto durante il salone dedicato? O all'alta tecnologia? Alla a fine tutto dipende dalla percezione dei più, non da un ragionamento logico.

 

Tornando all'aspetto fisico, se è pur vero che molti maschi otaku hanno scarsa cura di se stessi e la loro vicinanza di per se può essere intollerabile (quando puzzi o si vede che non ti lavi, c'è poco da fare; poi magari se lo dici degli stranieri ti danno del razzista però...), e questo ovviamente porta al giudizio negativo sugli stessi, per una questione sempre di convenienza sociale, nessuno andrà mai a criticare con la stessa enfasi quella massa di maschi che si depilano, si abbronzano con i letti uva, si depilano le sopracciglia, non scelgono di radersi o farsi crescere la barba, ma stanno li a ritagliarsela in modi improbabili (con evidente gran spesa di tempo) valutando la lunghezza del singolo pelo. Ecco gente così, al netto della questione sporcizia, è tanto kimochi warui quanto gli otaku, però a livello sociale difficilmente si verrà addidati.

 

Alla fine molta critica agli otaku mi sembra il classico atto di bullismo perpetrato da chi, più o meno inconsciamente, sa che è meglio stare da una certa parte della barricata per evitare di diventare a sua volta vittima di bullismo.

Certo è facile criticare gli otaku (la parte più penosa è la questione relazionale con le altre persone) ma tra tanti che si mettono a criticare, io credo ben pochi passerebbero indenni da una analisi accurata e mirata della propria vita, potrebbero essere fatti a pezzi tranquillamente, ma magari non se ne rendono conto perchè quando si pensa di essere standardizzato secondo gli schemi socialmente accettabili dalla maggioranza ci si crede blindati da certa critica sociale. Ma quanto ci si sbaglia in realtà.

 

Magari alla fine è solo questione di istinto, il branco che attacca un suo stesso elemento debole  in natura non è raro, ha anche la sua ragion d'essere, certi comportamenti umani non sono altro che un riflesso di certe pulsioni naturali.

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Da quel che ho capito nel tempo, le doujinshi sono semplicemente autoproduzioni, che spesso sono basate su personaggi esistenti, ma c'è anche una enorme produzione originale. Ci sono autori che ci campano in quel modo, e spesso preferiscono restare nell'ambito delle doujin piuttosto che fare il passo nel mondo editoriale, ho l'impressione che possano anche guadagnare di più restando nell'ambito dell'autoproduzione piuttosto che emergere al di fuori.

Molti autori invece si fanno le ossa in questo settore, si fanno notare, e poi magari finiscono a fare i charades negli anime o sempre più spesso nei videogiochi.

 

La tua comprensione è corretta al 100%, a mia gnosi. Ci sono anche molti autori che 'nascono' nell'autoproduzione per poi passare al mondo delle pubblicazioni ufficiali. Alcuni restano con un piede di qua e uno di là.

 

Non mi trovo d'accordo sulla critica all'apetto fisico: capisco la critica alla sciatteria (intesa come sporcizia, assenza di cura e così via), ma non è che sia l'essere otaku a mandare la gente in sovrappeso o sottopeso, o a far spuntare l'acne. Davvero, che razza di critica? Che forse i non-otaku sono graziati dal non metter su peso o altre cose? Che i non-otaku non sono magari cessi ambulanti? Non metto in dubbio che la concentrazione nella categoria possa essere più alta, e se vai a Shibuya o a Roppongi trovi ragazze decisamente fighe rispetto a quelle che puoi incontrare al comiket, ma non è che talvolta il rapporto di causa-effetto è più inverito che altro? Aspetto --> Relazioni col prossimo --> chiusura nel proprio mondo/apertura all'esterno.

 

Non hai ben presente Otaku no Video, vero? Ovviamente non credo proprio che la imouto avesse in mente quello, dato che non mi pare l'abbia mai visto, ma proprio questo è il punto interessante: la sincronia.

 

Se riprendi il primo articolo di Nakamori dice le stesse cose (in maniera molto più sprezzante, certo). Se riprendi Otaku no Video dice le stesse cose. La mentalità educativa giapponese è fare ginnastica in azienda, tradizionalmente. Gli otaku, per definizione, sono persone che proprio negano il 'mens sana in corpore sano'. Sono proprio da, al contrario "corpo malato intorno a una mente malata". Ovvero: la tua mente, i tuoi interessi, ti portano a uno stile di vita sedentario, sciatto e trasandato, e il fisico risente e rispecchia ciò.

 

 

 

Anche il considerare esagerato un interesse, che modo di ragionare sarebbe? E' logico che un non-appassionato o una persona con una passione limitata/modesta possano trovarsi spaesati, ma come si fa a stabilire il punto di esagerazione? Come dire, a me che non me ne frega nulla dei vini oltre il mi piace/non mi piace, come dovrei reagire di fronte ad una fiera del settore, coi sommelier e tutta la gente che gira tra i banchi: potrei dire che sono tutti pazzi a dare tanta importanza al vino? O magari alle auto durante il salone dedicato? O all'alta tecnologia? Alla a fine tutto dipende dalla percezione dei più, non da un ragionamento logico.

 

 

E' molto semplice: la morale sociale giapponese è molto "luterana" (per dirla all'europea). Ovvero: se tu in pubblico sei un 'degno adulto', in casa tua puoi anche sodomizzare i pinguini zoppi e a nessuno interessa. Ma se una tua 'passione' si riflette nel tuo essere in società, allora è eccessiva. La verità che tutti vogliono proprio negare o quanto meno far finta di non capire è che -proprio per definizione- il fondamento della logica otaku è "gli adulti sono cattivi, io non voglio crescere, io mi chiamo fuori dalla società degli adulti". C'è questo modo infantilmente riottoso che è tipicamente un misto di senso di inadeguatezza, inacettazzione, negazione e quindi rifiuto, che poi si cementa nell'apologia di sé stesso. Quindi direi che c'è qualcosa di sociopatologico - proprio in senso stretto. Si potrebbe dire anche psicopatologico, ma sarebbe un secondo passo: la sociopatologia invece è proprio dichiarata. Difficilmente altre passioni come quelle che tu citi si associano a simili condotte, ma comunque ti ricordo che 'otaku' in giapponese -nato nell'ambiente dei manga e degli anime- comunque si estende a tutta una pletora di "maniaci ossessivi e ritardati", come per esempio i gunji-otaku. Ci sono anche i densha-otaku. Il punto non è tanto l'oggetto della passione (benché, con l'aggiunta dei videogiochi, il core sia sempre quello) quanto il *modo di vivere quella passione*.

 

Infatti le fujoshi non sono considerate un problema in quanto vivono in genere vite del tutto bifide, e richiudono il loro lato 'da otaku' nella sfera più provata. Inoltre, sono femmine, e quindi la società giapponese non si aspetta realmente nulla di fattivo da loro se non essere oggetti gradevoli. Le fujoshi sono stata un'evoluzione sociologica della quale davvero sarebbe bello parlare con Ootsuka Eiji. Secondo Ootsuka Eiji, la controparte femminile della psicologia otaku è la psicologia della gal che va a vendersi per comprare insignifanti (per lei stessa) oggetti consumistici. La teoria di Ootsuka, che mi trova concorde, è che di fronte alla "interminabile sequenza di giorni tutti uguali e tutti senza alcun significato ulteriore" della società consumistica postmoderna, mentre i maschi possono sviluppare un senso di rifiuto che li porta  rifugiarsi in un mondo fasullo di finti valori formali autoimposti (otaku), le femmine semplicemente non trovano più il senso di fare  o non fare nulla, vegetano e sopravvivono, e quindi se un vecchio le paga per fare questo o quello, "oh beh". Il tutto direi che quadra perfettamente con le teorie del diverso livello di formazione del superego maschile e femminile di Freud.

 

 

Tornando all'aspetto fisico, se è pur vero che molti maschi otaku hanno scarsa cura di se stessi e la loro vicinanza di per se può essere intollerabile (quando puzzi o si vede che non ti lavi, c'è poco da fare; poi magari se lo dici degli stranieri ti danno del razzista però...), e questo ovviamente porta al giudizio negativo sugli stessi, per una questione sempre di convenienza sociale, nessuno andrà mai a criticare con la stessa enfasi quella massa di maschi che si depilano, si abbronzano con i letti uva, si depilano le sopracciglia, non scelgono di radersi o farsi crescere la barba, ma stanno li a ritagliarsela in modi improbabili (con evidente gran spesa di tempo) valutando la lunghezza del singolo pelo. Ecco gente così, al netto della questione sporcizia, è tanto kimochi warui quanto gli otaku, però a livello sociale difficilmente si verrà addidati.

 

TI sbagli. Ci sono numerosi articoli giapponesi che si interrogano sulle nuove generazioni maschili anche in merito al loro essere deboli, effeminate, metrosessuali. Sembra ridicolo ma è così: mi ricordo un articolo che parlava del problema del fatto che ormai tutti i maschi in casa fanno pipì da seduti (io sono un misofobo e faccio pipì da seduto sin da bambino... ^^; ). Quindi in realtà ti dico: no. Ovviamente ci sono cose che, come dicevo, destano maggiore impatto e indi scalpore sociale di altre.

 

 

Alla fine molta critica agli otaku mi sembra il classico atto di bullismo perpetrato da chi, più o meno inconsciamente, sa che è meglio stare da una certa parte della barricata per evitare di diventare a sua volta vittima di bullismo.

Certo è facile criticare gli otaku (la parte più penosa è la questione relazionale con le altre persone) ma tra tanti che si mettono a criticare, io credo ben pochi passerebbero indenni da una analisi accurata e mirata della propria vita, potrebbero essere fatti a pezzi tranquillamente, ma magari non se ne rendono conto perchè quando si pensa di essere standardizzato secondo gli schemi socialmente accettabili dalla maggioranza ci si crede blindati da certa critica sociale. Ma quanto ci si sbaglia in realtà.

 

Capisco quello che dici, ma in tutta onestà questo ragionamento mi pare (e lo dico senza alcuna critica) figlio di una mentalità delicatamente pietista come può essere quella di un (buon) cristiano. La società giapponese è molto, molto più spietata. Credo che il punto sia proprio questo: l'otakuzoku è una cosa realmente giapponese, e solo giapponese, perché senza quel livello di intolleranza sociale non ha senso neppure parlare di un rifiuto sociale di quela portata, di quel livello di segregazione. Voglio dire: noi qui o siamo buoni, o vogliamo fare finta di esserlo, am comunque ci sono 'i buoni sentimenti'. In Giappone i cani randagi vengono gassati, c'è la pena di morte, e se una ragazza finisce a prostituirsi non c'è nessun prete che dice "povera anima". Quindi la società è molto più simile a un branco spietato, e il branco spietato vessa il più debole perché il più debole è -sulla grande figura- una zavorra per il branco.

 

 

 

Magari alla fine è solo questione di istinto, il branco che attacca un suo stesso elemento debole  in natura non è raro, ha anche la sua ragion d'essere, certi comportamenti umani non sono altro che un riflesso di certe pulsioni naturali.

 

Idem come sopra. ^^

Modificato da Shito
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E' molto semplice: la morale sociale giapponese è molto "luterana" (per dirla all'europea). Ovvero: se tu in pubblico sei un 'degno adulto', in casa tua puoi anche sodomizzare i pinguini zoppi e a nessuno interessa. Ma se una tua 'passione' si riflette nel tuo essere in società, allora è eccessiva. 

 

 

Io la chiamerei ipocrita. E forse gli otaku sono una diretta conseguenza di questa ipocrisia, in parole povere la società stessa ha creato la devianza che disprezza. 

Per il resto sottoscrivo ogni parola del post di Taro.

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Capisco quello che dici, ma in tutta onestà questo ragionamento mi pare (e lo dico senza alcuna critica) figlio di una mentalità delicatamente pietista come può essere quella di un (buon) cristiano. La società giapponese è molto, molto più spietata. Credo che il punto sia proprio questo: l'otakuzoku è una cosa realmente giapponese, e solo giapponese, perché senza quel livello di intolleranza sociale non ha senso neppure parlare di un rifiuto sociale di quela portata, di quel livello di segregazione. Voglio dire: noi qui o siamo buoni, o vogliamo fare finta di esserlo, am comunque ci sono 'i buoni sentimenti'. In Giappone i cani randagi vengono gassati, c'è la pena di morte, e se una ragazza finisce a prostituirsi non c'è nessun prete che dice "povera anima". Quindi la società è molto più simile a un branco spietato, e il branco spietato vessa il più debole perché il più debole è -sulla grande figura- una zavorra per il branco.

 

Mah, non so, pure negli Stati Uniti i cani randagi vengono gassati, c'è la pena di morte, se una ragazza finisce a prostituirsi non importa niente a nessuno ed in definitiva "la società è molto più simile a un branco spietato, e il branco spietato vessa il più debole perché il più debole è -sulla grande figura- una zavorra per il branco".

Eppure la loro è una "società cristiana", e in Europa certi apetti di tale società vengono attribuiti piuttosto al fatto che si tratta di una "società giovane" (per non dire immatura..).

Non saprei però se si possa tracciare un parallelismo tra gli otaku del Giappone e i nerd/geek degli Stati Uniti..

Modificato da EYMERICH
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E' molto semplice: la morale sociale giapponese è molto "luterana" (per dirla all'europea). Ovvero: se tu in pubblico sei un 'degno adulto', in casa tua puoi anche sodomizzare i pinguini zoppi e a nessuno interessa. Ma se una tua 'passione' si riflette nel tuo essere in società, allora è eccessiva. 

 

 

Io la chiamerei ipocrita. E forse gli otaku sono una diretta conseguenza di questa ipocrisia, in parole povere la società stessa ha creato la devianza che disprezza. 

 

 

Questo è il tipo giudizio che le persone che hanno una morale pietista esprimono sulle morali di tipo Luterano. ^^;

 

Direi che i conti tornano.

 

Di sicuro uno frutto nasce su ramo di una pianta, certo. E il frutto è il frutto di quella pianta, certo.

 

Capisco quello che dici, ma in tutta onestà questo ragionamento mi pare (e lo dico senza alcuna critica) figlio di una mentalità delicatamente pietista come può essere quella di un (buon) cristiano. La società giapponese è molto, molto più spietata. Credo che il punto sia proprio questo: l'otakuzoku è una cosa realmente giapponese, e solo giapponese, perché senza quel livello di intolleranza sociale non ha senso neppure parlare di un rifiuto sociale di quela portata, di quel livello di segregazione. Voglio dire: noi qui o siamo buoni, o vogliamo fare finta di esserlo, am comunque ci sono 'i buoni sentimenti'. In Giappone i cani randagi vengono gassati, c'è la pena di morte, e se una ragazza finisce a prostituirsi non c'è nessun prete che dice "povera anima". Quindi la società è molto più simile a un branco spietato, e il branco spietato vessa il più debole perché il più debole è -sulla grande figura- una zavorra per il branco.

 

Mah, non so, pure negli Stati Uniti i cani randagi vengono gassati, c'è la pena di morte, se una ragazza finisce a prostituirsi non importa niente a nessuno ed in definitiva "la società è molto più simile a un branco spietato, e il branco spietato vessa il più debole perché il più debole è -sulla grande figura- una zavorra per il branco".

Eppure la loro è una "società cristiana", e in Europa certi apetti di tale società vengono attribuiti piuttosto al fatto che si tratta di una "società giovane" (per non dire immatura..).

Non saprei però se si possa tracciare un parallelismo tra gli otaku del Giappone e i nerd/geek degli Stati Uniti..

 

 

Il modo in cui viene vissuta la cristianità negli Stati Uniti credo sia davvero molto diverso da quello in cui viene vissuto qui in patria.

 

Nella mia impressione, la cristinaità dominante -dico come mentalità- in USA è quella di stampo anglicano, e annessi. Potrei certo sbagliare. Ma il senso della cristianità statutinense mi pare molto più affine, in nuce, all'idea del mutuo soccorso di una comunità. Nel senso che, nonostante tutto, da noialtri esiste una sottesa etica per cui "il povero schiavo è bravo, il ricco padrone è cattivo". E' un qualcosa che è serpeggiato molto anche ai tempi della nascita del socialismo, certo, dico il primo socialismo - dico tra Francia e Inghilterra. Ma di base, soprattutto in Italia, di riffa o di raffa la ricchezza è ambita di pancia è 'disprezzata' di facciata, come se la ricchezza fosse intrinsecamente il frutto e la causa della corruzione. Negli Stati Uniti, tutto il contrario, in genere la richezza è vista come il giusto premio per l'ingegno umano, per lo sforzo umano (ed è parte del 'sogno americano', che è essenzialmente un sogno di meritocrazia sa socialismo minimalista tipico di una società moderna che partiva quasi 'da zero', senza nobiltà pregresse, senza benefici pregressi, tutto sommato), e quindi anzi: la ricchezza viene presa come sintomo di merito, non come sintonomo di vizio. Penso che la mentalità cristiana sia permeata nella nostra cultura, sociologica e storica, in tutt'altro modo: nel modo della cosca. Nel modo di una società di asserviti loro malgrado, di ruffiani e adulatori, sempre pronti a piangere miseria per poi operare a loro volta catartici soprusi non appena se ne presenti l'occasione. Il che non ha nulla a che vedere con la mentalità statunitense.

 

E' buffo, perché per quello che dici tu la mentalità statunitense e giapponese si assomigliano. Per altri versi, il Giappone è molto più simile a noi. Suppongo sia sempre una misticanza degli stessi elementi, del resto. Dicono che con quattro basi azotate si condifichino le caratteristiche somatiche di tutti gli esseri viventi del pianeta... ^^

Modificato da Shito
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Piccola parentesi; negli USA la religione viene vissuta in modo 'evan... (non riesco a credere che lo sto scrivendo davvero) evangelico' in senso molto lato e 'militante'. Ossia di 'diffusione' - 'testimoniale' della parola.

 

Senza questo tassello non si capiscono molte di quelle che apparentemente sembrano idiosincrasie.

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Direi piuttosto che in America predomina ancora la "mentalità calvinista" (pure l'Anglicanesimo è una variante del Calvinismo..), con la sua intransigenza e la sua visione della ricchezza come "giusto premio" per l'umano impegno.

Tale mentalità, nata e diffusasi nell'Europa nord-occidentale (ma non in quella sud-occidentale dove la Chiesa Cattolica era troppo forte, in Italia in primis..), era tipica dei primi colonizzatori del Nord America, che anzi di solito erano rappresentanti delle frange più estreme del Calvinismo, come i Puritani "Padri Pellegrini".

Ma mentre nell'Europa nord-occidentale tale mentalità è andata via via "ammorbidendosi" (pure nei paesi dove essa era più forte..), negli Stati Uniti si è mantenuta sostanzialmente invariata, identificandosi nella tipica "mentalità della frontiera" degli americani.

Modificato da EYMERICH
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Sì, è quella la stessa radice che anch'io cercavo di esprimere. Ovviamente è una radice. Nel senso che credo che sia una prima pietra, un'ottica profonda che poi si manifesta in molte sfaccettature di certo sfumate ma proprio per questo quasi del tutto surrettizie della mentalità del luogo. E certo c'è poi da dire che gli States sono vasti e molti, e quindi pensarli mononoliticamente è quasi certamente sempre improprio, d'altro canto ho sempre la sensazione che un certo tipo di 'cultura dominante' nella loro fondazione sia stata anche quella. E i conti tornanto, perché gli intellettuali rivoluzionari francesi -che erano socialisti minimalisti- già guardavano oltre atlantico per ispirarsi negli ideali dei loro moti. Ed è per questo che in quest'ottica meritocratica e forse per noi ingenua, ma veritiera in un certo semplicismo che non ci appartiene, sentivamo Hulk Hogan dire "Train yourself, say your prayers and eat your vitamins". ^^

Modificato da Shito
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  • 3 weeks later...

http://en.rocketnews24.com/2014/01/30/ghiblis-hayao-miyazaki-says-the-anime-industrys-problem-is-that-its-full-of-anime-fans/

 

“You see, whether you can draw like this or not, being able to think up this kind of design, it depends on whether or not you can say to yourself, ‘Oh, yeah, girls like this exist in real life.’”
 
“If you don’t spend time watching real people, you can’t do this, because you’ve never seen it.”
 
“Some people spend their lives interested only in themselves.”
 
“Almost all Japanese animation is produced with hardly any basis taken from observing real people, you know.”
 
“It’s produced by humans who can’t stand looking at other humans.”
 
“And that’s why the industry is full of otaku!”
 
Hayao Miyazaki
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Perché gli otaku sono gli unici tanto fessi da intraprendere un lavoro mal pagato solo per passione.

Chi ha delle idee buone se le riserva magari per i videogiochi, dove i soldi invece si vedono.

Solo che nei videogiochi ti fottono il copyright  idee e personaggi.

Meglio fare il mangaka, a stò punto .

E cmq non solo gli otaku fanno lavori malpagati per passione, diciamo che rientrano in questa categoria i semplici appassionati o nerd che dir si voglia ( visto che qui  c'è chi fa differenza tra i vari termini ...)

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Miyasan ha spesso denunciato -per così dire- la mancanza di 'referente reale' alla base dei disegni degli animatori più giovani.

 

C'è il celelbre caso di Calcifer: quando apprese che gli animatori che l'animavano non avevano mai visto un fuoco vero, gli disse di non tornare finché non avessero visto un fuoco crepitare in un camino.

 

In genere, Miyasan sostiente che tutta l'animazione, la credibilità del movimento e del disgno, viene dalla realtà. Quando fa disegnare del cibo (cosa a cui tiene tantissimo) usa dei panphlet di ristoranti come reference, Idem per gli animali (libri di zoologia). Nel caso degli umani, spesso fa interpretare e filmare le scene ai suoi animatori (il The Making of di Mononoke HIme è pieno di cose così).

 

Questa cosa è molto interessante. Se torniamo ancora più indietro, a Ootsuka Yasuo, lui da piccolo ridisegnava ogni cosa che gli piacesse. Le locomotive, soprattutto. Gli ingranaggi, i pistoni. Da anziano, sostiene che "finché non ho disegnato una cosa, non sento di averla capita. Quando l'ho disegnata, allora è come se me la fossi messa nel braccio desto". E' una cosa molto bella. C'è un altro grande artista (tra i molti), che da piccolo schizzava e schizzava, ridisegnava chi aveva intorno, sempre.

 

Michelangelo.

 

Anche la più radicale delle astrazioni, delle stilizzazioni, parte dalla realtà.

 

Giustamente Miyasan, da anziano del mestiere, nota come l'autoreferenzialità del modno del'animazione uccida tutto: i contenuti espressi dalla storie, e così pure la vividicità deidisegni e delle animazioni. Tomino, Takahata, gli intellettuali dell'ambiente non erano persone che volessero 'fare gli anime'. Sono finiti a farli, e li hanno capiti, e hanno dato il meglio di loro. MIyasan era già un bel po' più bambinone, ma sicuramente un otaku della sua generaizone (la generazione zero), non ha nulla a che fare con chi è già cresciuto a 'pane e anime'. La contaminazione comincia quando Mikimoto e Kawamori, che amavano Gundam, iniziano a fare Macross. C'è una prima sovrapposizone del media dai fruitori ai creatori. Di lì a breve è GAiNAX. E dopo di quella generazione, ce n'è una che ha visto praticamente SOLO anime. Ovvero, sterile.

Modificato da Shito
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